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Addio Barbara Bush, madre e moglie di Presidenti dall’influenza silenziosa

Si è spenta a 92 anni per una malattia polmonare. La sua fu una vita sempre votata all'interesse pubblico, ma rispettosa dei ruoli dei suoi "uomini"

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
Addio Barbara Bush, madre e moglie di Presidenti dall’influenza silenziosa

Barbara Bush.

Time: 4 mins read

In una delle sue ultime apparizioni pubbliche, affermava di non capire come “le donne possano sostenere uno come Donald Trump”. Barbara Bush, moglie ammirata di un presidente degli Stati Uniti, madre leale di un altro Presidente e poi di un candidato alle primarie del Partito Repubblicano, non si è mai risparmiata nella vita pubblica. Anche quando il figlio Jeb, fratello di George W. e candidato alle presidenziali del 2016, divenne il principale bersaglio in campo GOP dell’allora sfidante e oggi Commander-in-Chief Donald Trump. Anche in quell’occasione, Barbara – “Bar” per gli amici – mai timida nell’esporre le sue idee, non fece un passo indietro, e accusò Trump in diverse interviste di essere misogino e fomentatore d’odio.

Seconda donna americana ad essere stata moglie di un Presidente e madre di un altro – la prima fu Abigail Adams, moglie di John Adams e madre di John Quincy Adams -, Barbara Bush si è spenta martedì a 92 anni nella sua casa di Houston, a causa di una malattia polmonare, circondata dall’affetto e dalla dedizione dei suoi cari. Negli ultimi giorni, dopo essersi consultata con medici e familiari, ha deciso di non ricorrere più alle cure a cui si era a lungo sottoposta. Pilastro per la sua famiglia, ha sempre minimizzato, forse eccessivamente, agli occhi dell’opinione pubblica il proprio ruolo di sostegno al marito, per il quale fu un’insostituibile alleata. Ad esempio, come ammirata e apprezzata speaker in almeno 4 campagne nazionali: nel 1980, quando Bush senior fu scelto come spalla di Ronald Reagan; nel 1984, nella corsa alla rielezione; nel 1988, quando Bush si candidò a Presidente; e nel 1992, quando decise di tentare la doppietta.

Nata nel 1925 a New York, Barbara crebbe in una famiglia di fede episcopale nella comunità di Rye. A 16 anni – nel 1941 – conobbe il suo futuro marito George H.W. Bush, 17enne che frequentava la Phillips Academy di Andover, Massachussetts. Dopo una lunga relazione a distanza, la coppia si sposò nel gennaio 1945. George Bush, il futuro presidente, nacque nel 1946. Oltre a lui, Barbarà partorì altri tre figli, di cui uno – il secondo, Robin – morto di leucemia. A quel trauma fu attribuita la sua chioma prematuramente bianca. La carriera politica di Bush senior – anticipata da una scalata nell’industria petrolifera – è sempre stata incoraggiata e sostenuta da Barbara, che nel 1966, dopo la prima elezione del marito al Congresso, si trasferì con figli al seguito a Washington, D.C.. Da qui all’incarico di Bush ad ambasciatore Usa alle Nazioni Unite e poi alla sua direzione della CIA, dalla vicepresidenza fino alla sua candidatura per la Casa Bianca, Barbara è sempre rimasta al suo fianco. Anche – si dice – affrontando e superando una severa depressione.

La sua popolarità crebbe costantemente durante il suo percorso di moglie del Vicepresidente e, successivamente, di First Lady. Secondo un sondaggio del 1999, il 63% degli americani nutriva sentimenti favorevoli per lei, e solo il 3% ne aveva una cattiva opinione. In effetti, durante la sua vita politica (sempre un passo indietro al marito), Barbara Bush ebbe modo di viaggiare molto e stringere relazioni amichevoli in tutto il mondo per difendere gli interessi americani. La sua popolarità crebbe ancora prima di entrare alla Casa Bianca, a causa della dislessia del figlio Neil, circostanza che la spinse a supportare attivamente la causa dell’alfabetizzazione. Una volta divenuta First Lady e nonostante alcuni problemi di salute, Barbara fondò la propria organizzazione, la “Barbara Bush Foundation for Family Literacy”, impegnata in prima linea per l’alfabetizzazioni di bambini e genitori in tutti gli Stati Uniti.

Barbara fu First Lady in anni estremamente difficili – l’invasione di Panama, del Kuwait e poi la Guerra del Golfo – e vigilò costantemente sulla popolarità del marito. Quando Bill Clinton sconfisse alle elezioni Bush senior, la famiglia Bush tornò in Texas, ma lei raddoppiò il proprio impegno pubblico, raccogliendo milioni di dollari per la causa che più le stava a cuore. E, come fece con suo marito, sostenne ardentemente la carriera politica dei suoi figli, George e Jeb, il primo governatore del Texas e poi Presidente, il secondo governatore della Florida e poi candidato.

Nel suo lungo percorso pubblico, la stampa la colse in fallo poche volte. Durante la presidenza del marito, nonostante la determinazione di Barbara a non contraddire l’azione politica del consorte, si disse che fosse favorevole all’aborto, ma lei rispose che sosteneva incondizionatamente le scelte del Presidente e che non avrebbe mai esplicitato la sua posizione sul tema. Nel 2005, quando visitò le vittime dell’Uragano Katrina presso l’arena coperta di Houston, cadde in quella che la stampa considerò una improvvida gaffe. Rimarcò infatti – proprio mentre il figlio presidente veniva ampiamente criticato per la gestione dell’emergenza – come molti degli sfollati fossero “in ogni caso svantaggiati” e come la loro sistemazione attuale, nonostante le loro condizioni di vita fossero decisamente problematiche, “funzionasse bene per loro”. Due anni dopo, poco dopo l’invasione dell’Iraq, Barbara affermò in un’intervista televisiva di non aver seguito le notizie relative al preludio della guerra. “Perché dovremmo stare ad ascoltare di sacchi per cadaveri e morti, e di quanti, e del giorno in cui è accaduto?”, chiese. “Perché dovrei sprecare la mia meravigliosa mente in qualcosa del genere?”. Altra gaffe, nel 2013, quando le fu chiesto, al Today show, se pensasse che suo figlio Jeb dovesse correre per le presidenziali del 2016. “Non penso”, rispose, aggiungendo: “Là fuori ci sono altre persone molto qualificate, ne abbiamo abbastanza dei Bush”.  In seguito, specificò però di aver cambiato idea, supportò in lungo e in largo la campagna di Jeb (difendendolo anche dalle aggressioni verbali di Trump) e definì il figlio “la nostra migliore opportunità di riprenderci la Casa Bianca nel 2016”.

“Quello che non tutti hanno sempre capito è che Barbara ha rivelato tutto quello che voleva, ma raramente di più”, scrisse opportunamente Donnie Radcliffe nella biografia del 1989 “Semplicemente Barbara Bush: Un ritratto della candidata First Lady americana”. E la sua riservatezza nel rapporto pubblico con il marito non le impedì di esercitare un’influenza silenziosa: “Bisogna avere un’influenza”, disse nel 1992. “Quando sei sposata da 47 anni e non hai alcuna influenza su tuo marito, penso tu sia in un grosso guaio”. Eppure, quella sua innegabile influenza fu sempre attentamente nascosta agli occhi della gente. “Voglio essere ricordata come moglie, mamma e nonna. È quello che sono”, scrisse nel 1988. Ma poi aggiunse anche: “E vorrei essere ricordata come qualcuno che si è interessata sinceramente alle persone, e che ha lavorato duro per rendere l’America più alfabetizzata”.

 

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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