Donald Trump ha annunciato ieri sera l’attacco missilistico contro la Siria per punire il regime di Assad dell’uso di armi chimiche contro i suoi stessi cittadini. Un attacco, come ha detto subito dopo il Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres in una dichiarazione, che non rispetta la carta delle Nazioni Unite che lo prevede solo dopo una precedente autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Un attacco anche incostituzionale, come hanno subito dichiarato molti rappresentanti del Congresso USA.
Trump alla Casa Bianca mentre il mondo rischia la catastrofe di una guerra dalle conseguenze apocalittiche, è un dejà vu già visto sempre in America, la nazione che da sola potrebbe portarci tutti all’altro mondo. Oggi accade ancora una volta che un presidente USA, ormai accerchiato da indagini sulla sua condotta oltre la legge, non riesce a concentrare più la sua attenzione su una gravissima crisi internazionale o, al contrario e quindi in modo ancora più grave e strumentale, la esaspera per distrarre l’attenzione da quello di cui soltanto lui è terrorizzato.
Ancora una volta la crisi avviene in Medio Oriente e mette due potenze nucleari con i missili puntati, e ancora una volta l’uomo che sta alla Casa Bianca non dà segni di grande stabilità perché la sua presidenza si trova sul baratro.
Sono passati quasi 45 anni, quando la notte del 24 ottobre del 1973, durante la guerra dello Yom Kippur con l’Egitto e Siria alleati contro Israele, le potenze nucleari di Stati Uniti e Unione Sovietica sfiorarono il confronto nucleare. I sovietici, in soccorso dell’alleato egiziano che stava capitolando dall’inesorabile avanzata israeliana, dopo aver intimato agli americani di fermare i mezzi corazzati con la stella di Davide altrimenti ci avrebbero pensato loro, provocarono la reazione USA: partirono i motori dei bombardieri con le testate nucleari, si arrivò al codice di allerta DEFCON III, il più alto prima dello scatenamento di una guerra totale e apocalittica. Quella drammatica decisione di mettere in aria i bombardieri con le bombe nucleari per fermare i sovietici ad ogni costo, quella notte non era stata presa dal Commander in Chief, il Presidente Richard Nixon: era troppo ubriaco quella sera e in preda a suoi incubi per l’indagine del Watergate che ormai ossessionava la sua presidenza e che da lì a qualche mese ne avrebbe decretato la fine.
Quella decisione che avrebbe potuto portare tutti noi all’altro mondo, compreso chi scrive e tanti altri di voi lettori che anzi all’altro mondo non ci sareste mai andati semplicemente perché non sareste mai nati, fu presa da Henry Kissinger, già consigliere per la sicurezza Nazionale (come John Bolton) e poi Segretario di Stato, insieme ad un ristretto gruppo di militari e altri consiglieri. E il presidente Nixon? Dormiva, e anche se avessero provato a svegliarlo era troppo ubriaco.
Per fortuna, all’alba, tra sovietici e americani tornò il senno della ragione, con Kissinger che riuscì a convincere gli israeliani a rispettare una tregua e i sovietici che fecero rientrare le navi con i missili nucleari. Così tutti insieme siamo ora arrivati all’anno di grazia 2018.
Quindi il déjà vu. Da qualche mattina un presidente in preda all’incubo dell’FBI che perquisisce gli uffici del suo avvocato-sbriga garbugli Michael Cohen e che sa anche che tra pochi giorni tutti potranno leggere un libro scritto da un ex direttore dell’FBI che lui ha licenziato e in cui si ricorda ciò che sarebbe accaduto durante una visita di Trump in Russia e di cui lui vorrebbe non si parlasse mai più, manda tweet avvertendo i russi e il mondo che i missili USA stanno arrivando in risposta ad un ennesimo presunto attacco chimico in Siria. Secondo il presidente francese Macron, non ci sarebbe dubbio di chi sarebbe stata opera questo attacco chimico avvenuto il 4 aprile: ancora una volta il regime di Assad (anche se non si capisce bene perché, dato che ormai ha vinto). E mentre il presidente Trump twitta che i missili sono in arrivo, il ministro degli Esteri russo Lavrov gli risponde che lo “pseudo” attacco chimico sarebbe una manovra di “servizi segreti stranieri”, e dal governo di Mosca arrivano dichiarazioni che la pace del mondo non può restare in balia dell’ “umore di un uomo e di come si sveglia la mattina dall’altra parte dell’Oceano”.

Mentre all’ONU il Consiglio di Sicurezza si riuniva in tesissime consultazioni, in cui l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia diceva più volte ai giornalisti che una guerra USA-Russia non poteva essere esclusa, ecco che è tornato in mente quello che avevo studiato tempo fa, e cioè quella volta che con Nixon alla Casa Bianca, in preda alle ossessioni del Watergate, il mondo rischiò di finire polverizzato. Così dopo averlo chiesto prima al portavoce del segretario Generale dell’ONU, cosa ne pensasse Antonio Guterres del “déjà vu” di una Casa Bianca con un presidente nelle stesse condizioni di Nixon (vedi video min 12:48) e con il mondo che di colpo rischia una guerra nucleare (la risposta: “Stefano, tu fai il giornalista e l’analista, ma a questa domanda noi non potremmo rispondere), ecco che con più fortuna, la stessa domanda la chiediamo direttamente all’ambasciatore russo all’uscita della riunione del Consiglio di Sicurezza.
L’anno 2018 in Siria appare un déjà vu di quel 1973 ai confini tra Egitto e Israele? Come il rischio di un confronto militare tra gli USA e i suoi alleati (solo Francia e GB, gli altri come l’Italia non partecipano) contro la Russia, l’Iran (entrambi presenti in Siria)? Un confronto potenzialmente nucleare e quindi apocalittico? All’ambasciatore russo Nebenzia, attorniato da decine di giornalisti al Palazzo di Vetro, la mia domanda lo intricava (vedi video dal minuto 2:36) . E mentre scherzava dicendo che lui era troppo giovane nel 1973 per ricordare (“sono nato durante la crisi dei missili a Cuba…”), abbiamo capito che ricordava benissimo. L’ambasciatore Nebenzia ha ricordato le parole del Segretario Generale dell’ONU Guterres, che al Consiglio di Sicurezza aveva appena ripetuto che stiamo assistendo al ritorno della Guerra Fredda con la differenza che non abbiamo più gli stessi strumenti per evitare un conflitto”. Poi la battuta su l’allora Nixon da comparare all’attuale inqulino della Casa Bianca: “Ma perché cosa succede adesso a Trump?”
Già cosa succede lo vediamo ogni mattina con i suoi tweet. Il Nixon in preda al panico del Watergate che lo sfogava nell’alcol, Trump sembra sognarlo nella mitragliata di twitter? “Non so come si fanno i tweet” scherza l’ambasciatore russo, che pero’ non scherzava quando il giorno prima diceva a noi giornalisti che una guerra tra Russia e USA per la Siria era possibile.
Qualche mese fa, poco prima del discorso sullo stato dell’Unione, Trump aveva detto che gli sarebbe stato impossibile “unire il paese senza un grande evento”. Ecco le parole di Trump, che dovrebbero ora farci venire a tutti i brividi:
“I would love to be able to bring back our country into a great form of unity. Without a major event where people pull together, that’s hard to do. But I would like to do it without that major event because usually that major event is not a good thing.”
Ecco che mentre più fonti lo danno isterico per le indagini di Robert Meuller e per il libro di James Comey “A Higler Loyalty”, arriva l’evento “unificatore”.
Appena saputo del lancio dei missili, sul mio account di Facebook di getto ho scritto un pensiero con cui chiudo anche questo articolo:
A questo punto non ci resta che sperare che dietro a quest’ultimo attacco chimico in Siria ci sia stato ancora una volta il regime di Assad. Perché se invece, come hanno continuato a dire i russi (al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e anche con il ministro degli Esteri Lavrov) non fosse così, il mondo domani sarà più vicino sull’orlo dell’abisso e sapere perché Trump ci ha portati tutti lì, a questo punto, non servirà più a nulla.
Discussion about this post