Di tanto in tanto, nella nostra società, giunge uno scandalo che incapsula e mette a nudo i nostri tratti umani più vergognosi. La recente ondata di accuse di molestie sessuali contro figure di spicco del mondo dello spettacolo, dello sport e della politica ha prodotto questo e altro. Da una parte, quelli che condannano automaticamente e, dall’altra, quelli che automaticamente difendono gli accusati. Queste posizioni, poi, non nascono dall’analisi dei fatti a disposizione, ma piuttosto dalla giustificazione di qualunque ideologia adottata in precedenza. Tutti hanno “un’agenda” per spingere ciò che va oltre i semplici fatti, ma l’ipocrisia, l’avidità, l’interesse e la tirannia del politicamente corretto giocano il loro ruolo.
La tempesta di fuoco, che è iniziata con le accuse rivolte al produttore e fondatore di Miramax, Harvey Weinstein, non dovrebbero essere una novità. I “casting sul divano” sono stati un simbolo della decadenza morale di Hollywood da quando l’industria del cinema si è trasferita dalla sua casa originaria, in New Jersey, nei primi del ‘900. Apparentemente, il cliché trae le sue origini nel teatro di New York.
La ballerina Agnes de Mille, infatti, aveva riportato questa dichiarazione: “Se non vai a letto con loro non hai la parte”. Riferendosi ai fratelli Shubert, noti produttori di Broadway attivi tra gli anni Venti e gli anni Trenta, de Mille arrivò addirittura ad accusarli di operare un bordello sfidando il tentativo di metterla a tacere, aggiunse, senza timore, “Lasciate che mi facciano causa”.
Hollywood e i “casting sul divano” sono virtualmente sinonimi, eppure, quelli di Hollywood che sono rimasti volontariamente ciechi e sordi, vorrebbero farci pensare che Weinstein rappresenti un’aberrazione disgraziata piuttosto che la norma. Quelli che dichiarano che non avevano idea che questi abusi e crimini fossero stati commessi non hanno però poi perso tempo a salire sul carro della denuncia e di puntare il dito. Allo stesso tempo è diventato sempre più chiaro che questi fatti erano una sorta di “segreto pubblico”.
Lo sceneggiatore Scott Rosenberg, a lungo socio della Miramax, la casa di produzione di Weinstein, ha dichiarato che “Non c’era niente di segreto sulla vorace rapacità di Weinstein, come un orco bramoso uscito da una storia dei fratelli Grimm”. Rosenberg è soltanto uno dei tanti che è venuto allo scoperto e ha denunciato ciò che può essere descritto come il lungo insabbiamento di Hollywood a protezione degli aggressori, proprio come Weinsten. Che è solo uno dei tanti “scoperti” come criminali.
A Hollywood c’è stato il tentativo di dissociarsi da questi criminali. In una mossa senza precedenti, hanno persino cancellato da un film, che era già stato girato ed era pronto per la distribuzione, Kevin Spacey. Per non parlare del fatto che Netflix ha eliminato il suo “House of Cards” e che dozzine di persone hanno visto i loro contratti annullarsi a causa di accuse contro di loro. Sarebbe futile consultare la lista completa, il punto è chiaro e l’elenco degli accusati cresce anche mentre scrivo. Il personaggio televisivo Charlie Rose è stato licenziato dalla PBS e dalla CBS, dopo una carriera rispettabile di 23 anni. La cosa importante, nell’industria dell’intrattenimento, è di non alienare alcuna prospettiva del pubblico che potrebbe boicottare un film o un attore.
La perdita di entrate è un potente motivatore per fare ciò che pubblicamente è ritenuto e percepito come la cosa giusta. Come la proverbiale chiazza di petrolio che, alla fine, inghiotte ogni cosa sul suo cammino, le accuse di molestie si sono ora diffuse, praticamente, a tutti i segmenti della società. Il giudice Roy Moore, candidato del partito Repubblicano per il Senato nelle imminenti elezioni speciali che si terranno in Alabama il 12 dicembre, è un buon caso da considerare. Accusato da quasi 12 donne di molestie sessuali da anni, si è dimostrato provocatorio e ha continuato a dichiarare la sua innocenza, indipendentemente dalle prove schiaccianti addotte contro di lui. Prove così convincenti da indurre i legislatori repubblicani di più alto livello, come Mitch McConnell, a chiedere che si ritirasse dalla competizione. La complessità degli sviluppi, poi, fa girare la testa. Quando il senatore Democratico Al Franken era stato accusato di aver palpeggiato Leann Tweeden, una ex modella e ospite radiofonica con cui Franken aveva condiviso un viaggio in Afghanistan quando era ancora un comico, prima della sua elezione al Senato, Donald Trump l’aveva condannato molto rapidamente.
Questo nonostante il fatto che lui fosse rimasto in silenzio sulle accuse contro Moore, dicendo, con una certa ipocrisia, che quello non era il luogo adatto per una sua opinione sull’accaduto e che gli elettori l’avrebbero fatto con il loro voto. Abbiamo assunto che Trump avesse scelto il silenzio sulle accuse di Moore per interesse personale, forse per paura che venissero riprese le accuse rivolte contro di lui, a più livelli, quando disse il famigerato “prendile per la figa”, uscito su alcuni nastri durante la campagna presidenziale. Ma ora si può osservare che il silenzio fosse mirato a mantenere i propri interessi politici partigiani.
Nell’ultimo sbalorditivo sviluppo, Trump ha appoggiato Moore. Nel suo caratteristico stile inarticolato e buffone, Trump ha dichiarato: “Lui (Moore, ndr) lo nega. Lo nega. Tutte le cose che sono successe nelle ultime 48 ore. Lui ha totalmente negato tutto. Ha detto che quelle cose non sono accadute. Insomma, dobbiamo considerarlo”. Trump, non solo mette in chiaro che finché l’uomo lo nega la sua parola deve prevalere su qualsiasi numero di accuse formulate dalle donne, ma sembra suggerire che la negazione sia la prova della sua innocenza. Perciò, persone come Franken, che hanno ammesso un comportamento sbagliato e si sono scusati, devono essere puniti, ma quelli che negano sfacciatamente la loro colpevolezza (come Trump stesso ha fatto nel caso della sua infame registrazione) e continuano a farlo, possono andare avanti tranquillamente.
Questa cinica abdicazione della responsabilità morale è anche un espediente politico, perché la vera ragione convincente per l’appoggio di Moore da parte di Trump è facilmente deducibile dalla sua dichiarazione: “Non abbiamo bisogno di persone liberali qui, di un Democratico, di Jones. Ho dato un’occhiata alle sue posizioni politiche: Jones è debole sul crimine e sull’immigrazione illegale ed è debole sui diritti dei veterani…Posso dire che non abbiamo bisogno di qualcuno che non sia duro con il crimine, che non sia positivo al confine, che non sia positivo per i militari e per il Secondo Emendamento”. Avrebbe potuto aggiungere che il dominio del Partito Repubblicano è seriamente in pericolo e che non possono permettersi di perdere nemmeno un posto nella Camera dei Rappresentanti o in Senato. Così, mentre sua figlia Ivanka, in una registrazione, diceva “C’è un posto speciale, all’inferno, per le persone che depredano i bambini”, Trump doveva fomentare la base repubblicana e assicurarsi che Moore vincesse a tutti i costi. Ivanka dovrebbe capire che non sarà Moore ad andare all’inferno, ma i principi morali e l’integrità.
Mentre Hollywood getta l’imputato in pasto ai lupi in un frenetico tentativo di salvare se stessa e la sua linea di fondo e Washington di salvare le proprie poltrone al Congresso e in Senato, la nuova fondazione “Rose Army”, il cui motto è “lottiamo per la verità”, chiede un sostegno univoco in nome della giustizia, della parità e della moralità.
Così, come sempre più persone si sono unite nel movimento #Metoo, la “Rose Army” fa pressione per mettere in riga e condannare gli accusati. Oggi, non c’è nessuno di abbastanza anziano o venerabile da ricevere un lasciapassare gratuito (pensiamo all’ex Presidente George H. Bush).
A questo punto, nessuno degli imputati ha avuto alcun tipo di “ascolto” o un processo che possa determinare la loro colpevolezza o la loro innocenza, ma nel clima attuale, essere accusati sembra sufficiente per “renderlo vero”.
Tutte le parti adottano la posizione di convenienza che farà avanzare i loro interessi, qualsiasi essi siano. Finanziari, politici o idealistici. Leann Tweeden, così come la “Rose Army”, dice che vorrebbe “lasciare ai propri figli un mondo migliore”. Donald Trump vuole che il partito Repubblicano domini. Hollywood vuole il suo profitto.
Ma chi difende la verità e il diritto a esprimere la propria opinione quando non è politicamente corretta?
(Traduzione di Giovanna Pavesi)