No, Matteo Renzi non è un menagramo: benché due anni fa in una conferenza stampa con Putin avesse previsto la vittoria della nazionale azzurra ai mondiali, né si tratta dell’unico caso di una sua incauta anticipazione rivelatasi controproducente (anche prima della fase finale degli europei, un anno e mezzo fa, non aveva resistito: “in Francia, varrebbe doppio, anche se non si dovrebbe dire…”). Ovviamente non credo negli iettatori e nella scaramanzia: non ho una concezione così meccanica e superstiziosa della sorte. Credo però che chi invece di analizzare la realtà con rigore e onestà, invece di studiarla, riflettere e programmare, si limiti a dire la prima cosa che gli viene in mente e che in quel momento gli pare efficace o divertente, chi viva di battutine e di cazzate, abbia un’altissima probabilità di sbagliare. La fortuna, diceva Machiavelli (un italiano che gli italiani non leggono più, troppo presi ad ascoltare Fabio Fazio) domina chi non si è preparato a contrastarla, “dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resistere”.
Purtroppo non si tratta solo di Renzi; c’è un’intera classe dirigente che da tempo ha smesso di dare alcun valore alla serietà, alla competenza, all’intelligenza; del resto questi personaggi lo dicono apertamente, in prima persona o per bocca dei loro giornalisti e intellettuali, che l’unica cosa che conta è la visibilità – e i loro media non fanno altro che celebrare le celebrity e promuovere i post “virali”, senza minimamente preoccuparsi della loro qualità, verità o validità, parole d’altri tempi, da rottamare. Mi dispiace deludervi: la virtualità è un’illusione solipsistica, adatta agli psicolabili che si interessano solo di sé stessi e delle proprie sensazioni (un tempo la si sarebbe chiamata masturbazione intellettuale, immagine molto appropriata visto che la pornografia è una delle virtualità più virali); la realtà è infinitamente più potente e far finta di non vederla non la elimina né immaginarla diversa la modifica.
Sono almeno un paio di decenni che gli italiani hanno scelto di ignorare la realtà e di adagiarsi nella convinzione che basti sognare il meglio, o magari proclamarlo, perché accada, persuasi che per inerzia o per miracolo alcune cose continueranno a funzionare. Al faticoso ottimismo della volontà e dei fatti hanno preferito il facile ottimismo delle speranze e delle promesse. Per un po’ se la sono cavata: lo “stellone”, lo chiamavano allora. Invece stavano vivendo di rendita, dilapidando il patrimonio di eccellenza e i risparmi accumulati delle generazioni precedenti. Aprite gli occhi: andrà tutto in malora, tutto, se non ci rimbocchiamo le maniche e non cacciamo a pedate questa classe dirigente.
Ci sarà bisogno di sacrifici, di lucidità, di organizzazione, peraltro non superiori a quelle dimostrate dai nostri nonni e dai nostri antenati; ma non serviranno a nulla, anzi, neppure saranno possibili se non riscopriremo anche l’intransigenza e la solidarietà, se dunque non saremo in grado di ripristinare la fiducia nello Stato e in noi stessi come collettività. L’ostacolo è la casta che ha occupato le istituzioni e le coscienze e che non se ne andrà mai via da sola, come il c.t. della peggiore nazionale della Storia, Gian Piero Ventura. Altro che accordi fra Renzi e Bersani, altro che appelli del redivivo Veltroni, l’uomo più banale d’Italia, altro che ritorni alla mummia Berlusconi: la situazione va azzerata, chiunque abbia fatto parte del governo o lo abbia sostenuto durante la seconda repubblica deve essere spodestato. Berlusconiani e piddini devono essere spazzati via e insieme a loro la deregulation economica, morale e civile che hanno diffuso davvero in modo virale, cioè come un virus. Se no non ci salveremo e non avrà alcun senso invocare la fortuna o biasimare la malasorte.