Daphne Caruana Galizia, giornalista e creatrice del blog Running Commentary, punto di riferimento indipendente del giornalismo maltese, è stata uccisa con una bomba che ha fatto saltare in aria la sua auto, a Bidnija, nell’isola di Malta. Solo quindici giorni fa, la giornalista aveva presentato una denuncia alla polizia in cui affermava di aver ricevuto minacce di morte.
L’omicidio della giornalista maltese riapre il discorso sui PanamaPapers: un’inchiesta che ha portato alla luce trasferimenti illegali di enormi somme di miliardi e miliardi di dollari nei quali sarebbero coinvolti personaggi politici, uomini di spettacolo, sportivi, malavitosi. Somme di denaro riconducibili ad affari illeciti come il terrorismo, il cyber crimine, il commercio illegale di beni di ogni genere e perfino opere d’arte. Un affare sporco di dimensioni globali che in Europa vedrebbe coinvolte oltre 3500 persone a vario titolo. “Possiamo collegare le aziende dei documenti di Panama non solo con i crimini economici, come il riciclaggio di denaro o l’evasione fiscale, ma anche con il terrorismo e i gruppi di criminalità organizzata russa”, ha dichiarato Simon Riondet, capo dell’intelligence finanziaria presso l’Europol, alla commissione dei deputati europei. Circa 1.722 dei nomi emersi dai Panama Papers sono stati indicati dagli Stati membri dell’UE come potenzialmente coinvolti in operazioni di riciclaggio di denaro e molte di queste sarebbero provenienti dal Regno Unito (nel report, però, si sottolinea che questo potrebbe essere dovuto allo status del paese come centro finanziario preminente in Europa). Una coincidenza che ha fatto di Malta, roccaforte del Regno Unito nel Mediterraneo un centro di primissimo piano.

Moglie di Matthew Galizia, membro del Consorzio Internazionale di Giornalismo Investigativo e premio Pulitzer per l’inchiesta sui Panama Papers, Daphne era lei stessa impegnata in prima persona nell’inchiesta: si occupava del filone maltese delle indagini sui traffici di fondi, i MaltaFiles. Dalle ricerche era emerso che Malta è “lo Stato nel Mediterraneo che fa da base pirata per l’evasione fiscale nell’Unione europea”. Per questo il giornale Politico.eu l’aveva inserita nella lista delle “28 personalità che stanno agitando l’Europa”. Forti i sospetti (in realtà quasi delle certezze) che la morte della giornalista sia legata proprio alle indagini che stava conducendo.
La polizia ha aperto un’indagine per omicidio. Una portavoce dell’ufficio del primo ministro ha dichiarato che è stato chiesto l’aiuto internazionale anche dell’FBI negli Stati Uniti, per trovare l’attentatore. Ma nella piccola isola del Mediterraneo (appena 400mila abitanti) hanno destato sorpresa e dure critiche anche le parole di un messaggio pubblicato su face book da un sergente della polizia maltese, Ramon Mifsud: “Alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento :)”. Una dichiarazione resa ancora più grave dal fatto che il sergente sarebbe coinvolto nelle indagini sull’attentato. La famiglia della giornalista ha chiesto la sostituzione di Consuelo Scerri Herrera, il magistrato incaricato delle indagini sull’omicidio di Caruana Galizia, in quanto “titolare di procedimenti giudiziari intentati contro la giornalista a causa dei suoi articoli”.
I MaltaFiles avevano portato le ricerche a individuare connessioni con molte personalità dell’isola e anche oltre i confini. In diverse occasioni, la giornalista aveva avanzato sospetti di rapporti e tangenti che dall’isola del Mediterraneo arrivavano fino in Azerbaigian e che avrebbero visto addirittura il coinvolgimento di Michelle, moglie del premier maltese, il laburista Joseph Muscat. Il suo partito ha vinto le elezioni anticipate, secondo molti, proprio a causa delle accuse mosse dalla giornalista nei confronti della moglie.

In un video dell’indagine giornalistica si vede l’iraniano Seyed Ali Sadr Hasheminejad, proprietario e presidente della Pilatus Bank (banca dove Michelle Muscat ha un conto corrente), uscire dalla porta secondaria dell’istituto di credito con delle grosse valigie in mano, confermerebbe le accuse della giornalista uccisa. Accuse dalle quali, naturalmente, Hasheminejad si è difeso cercando di fornire spiegazioni plausibili (le borse sarebbero state bagagli necessari per un viaggio di lavoro). Dopo l’accaduto il premier Muscat ha rilasciato fredde dichiarazioni di circostanza: “Non riposerò fino a che giustizia non sia stata fatta. Tutti sanno che Caruana Galizia mi ha criticato fortemente sia a livello politico che personale. Ma nessuna rivalità giustifica una morte del genere”. Durissimo il commento del figlio della giornalista che, dopo aver definito il primo ministro un “clown”, ha detto: “Ecco il nostro Paese: uno Stato di mafia dove puoi cambiare sesso sulla tua carta di identità (grazie a Dio) ma puoi anche saltare in aria solo perché eserciti i tuoi diritti fondamentali”. “Mia madre è stata assassinata perché si è trovata in mezzo tra la legge e coloro che cercano di violarla, come molti altri giornalisti coraggiosi. Ma è stata colpita anche perché era l’unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello Stato sono incapaci: l’ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire”.
L’omicidio della giornalista offre al mondo un’immagine molto diversa di quella che fino ad ora aveva dato di sé quest’isola (anzi questo arcipelago) al centro del Mar Mediterraneo. Lungi dall’essere una roccaforte dell’aplomb britannico a Malta si vive tra bombe e pistole. Una sorta di moderna Tortuga (come l’ha definita un giornale, nei giorni scorsi) alla quale non interessa nulla dei migranti che provengono dall’Africa (secondo molti sarebbe proprio Malta il primo “porto sicuro” in cui far sbarcare i migranti/sfollati soccorsi in mare in base agli accordi internazionali). Una sorta di porto franco, non per le persone ma per aggirare le tasse dell’Unione Europea e per far riposare capitali “scomodi”, in attesa di trasferirli in altri lidi. Dalle indagini della giornalista era emerso che erano in molti ad essere coinvolti: dalla moglie del primo ministro al direttore di una delle maggiori banche, fino a personaggi politici di spicco. Anche il leader del partito nazionalista, Adrian Delia, avrebbe avuto alcuni scheletri nell’armadio secondo la Caruana Galizia. E poi trafficanti di droga, riciclatori e molti altri.

I delitti di mafia che in passato hanno reso (tristemente) famosa la Sicilia e l’Italia, a Malta non sono mai cessati: nel 1995 è stato ucciso Fathi Shikaki, leader della Jihad islamica palestinese; nel 2008 ad essere assassinato è stato Raymond Agius); nel 2009 in una fornace è stato ritrovato il corpo di un giovane al quale erano stati piantati in testa venti chiodi; nel 2010 è stato assassinato Joe Baldacchino, imprenditore coinvolto in molti processi; nel 2011 è la volta di Keith Kalea, esponente del racket della prostituzione, assassinato anche lui con una bomba piazzata sotto l’auto; nel 2012 vittima designata è Paul Degrabriele che però si salva (si accorge in tempo che c’è qualcosa che non va nell’auto), pochi mesi dopo verrà ucciso a colpi di pistola dai killer; nel 2014 viene ucciso a colpi di pistola «il-Hakka», artificiere della mala; e poi nel 2016 quando ad essere uccisi sono Martin Cachia, accusato di contrabbando con la Libia, e John Camilleri che esplode nella sua auto.
Una lista che alcuni giornali hanno definito una “catena di sangue”. Una serie il cui ultimo anello è Daphne Caruana Galizia, la cui unica colpa è stata denunciare gli affari sporchi che a Malta sembrano fare comodo a molti. Lei è solo l’ultima di una lunga serie di giornalisti assassinati ogni anno: solo nel 2016 ne sono stati uccisi quasi un centinaio. Quasi sempre in paesi dove sono in corso conflitti (in testa alla classifica l’Iraq e l’Afghanistan) o ad “alto rischio” (come il Messico, dove nel 2016 hanno perso la vita undici giornalisti. Dati Federazione Internazionale dei Giornalisti).
Non Malta, paese dove secondo le statistiche dovrebbe esistere la libertà di espressione. Sempre che, naturalmente, non si tocchino argomenti che danno fastidio a qualcuno…