Il gruppo Facebook “Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino” ha contattato il dr Leonardo Agueci, Procuratore Aggiunto presso la DDA di Palermo, con alle spalle decine e decine di indagini su Cosa Nostra e reati ad essa collegati. Gli abbiamo chiesto di commentare la decisione della Corte di Cassazione che riguarda Totò Riina e la richiesta dell’avvocato di questi sul differimento pena, o in alternativa, i domiciliari a causa dei problemi di salute del boss attualmente detenuto.
In sostanza la prima sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso del difensore di Totò Riina, che chiede il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare. La richiesta, si legge nella sentenza, era stata respinta lo scorso anno dal tribunale di sorveglianza di Bologna, che però, secondo la Cassazione, nel motivare il diniego aveva omesso “di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico”.
Dr Agueci, lei che si è occupato di tanti processi di mafia e reati ad essa connessi, cosa ne pensa di questa decisione della Cassazione?
C’è stata una pronuncia del Tribunale di sorveglianza di Bologna che ha respinto l’istanza dell’avvocato di Riina per il differimento pena, o la detenzione domiciliare, per motivi di salute. Su ricorso della difesa, la Cassazione ha annullato la decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna dicendo che era carente di motivazione in particolare sul punto della presenza attuale della pericolosità di Riina. Inoltre la stessa Cassazione ha affermato che esiste un principio costituzionale in base al quale sarebbe giusto consentire a chiunque di morire dignitosamente. Ed ha annullato, rimandando al tribunale di sorveglianza per una nuova decisione. Però ha fissato dei principi sicuramente preoccupanti. Innanzitutto perché non ha tenuto conto dell’attuale pericolosità di Riina che esiste in quanto Rina è ancora oggi il capo di Cosa Nostra, non uno dei capi ma il capo di cosa nostra. Quindi far uscire dal carcere il capo di Cosa Nostra è una cosa gravissima.
Da cosa si evince che è ancora il capo di Cosa Nostra?
Noi lo desumiamo da vari elementi investigativi. Ci sono dichiarazioni recenti di pentiti ed intercettazioni telefoniche, tra cui una recente tra due boss mafiosi della famiglia palermitana di Santa Maria del Gesù che ne parlano ancora come l’indiscusso capo di cosa nostra. Poi lo desumiamo dalle famose intercettazioni in carcere

tra Riina con Lo Russo, quelle in cui lui parla dell’attentato a Nino Di Matteo, dove in qualche modo si compiace dell’attentato di Capaci e in ciò si capisce che parla e ragiona come un capo. Quindi tutti elementi che fanno pensare che se ritornasse in libertà, o comunque venisse messo in condizione di comunicare con l’esterno, sicuramente gli effetti sarebbero molto gravi e pericolosi. Ma poi vi sarebbe anche un segnale molto grave. Perché noi facciamo tanto per accrescere la credibilità dello Stato, per convincere le vittime di reati che dello Stato si possono fidare. Nel momento in cui lo Stato scarcera Riina è chiaro che questa fiducia andrebbe a farsi friggere.
Ma ciò non creerebbe anche un precedente pericolosissimo? Visto che con Bernardo Provenzano è stato usato un trattamento diverso.
Certo, le faccio un altro esempio. Tempo fa ci fu una polemica perché la processione del Santo non si fermasse a fare l’inchino davanti a casa di Riina, a maggior ragione pensiamo a cosa accadrebbe se Riina tornasse a casa sua. Quindi come messaggio di credibilità dello Stato le istituzioni farebbero una figuraccia monumentale. Ma poi pensiamo a ciò, la Cassazione afferma che ha Riina ha il diritto di morire dignitosamente e tutte le persone che ha ammazzato non avevano questo diritto? Non aveva il diritto di morire dignitosamente? Chi è stato ha sciolto nell’acido non aveva il diritto di morire dignitosamente. Anche sul piano di giustizia retributiva queste cose fanno male perché non si ha il rispetto delle vittime.
Il nostro pensiero è andato al piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso per volere di Riina.
Ma non solo il piccolo. Io, di processi ne ho fatti tanti e diversi. Ogni tanto uno ci pensa a certe cose. Le racconto un episodio. Un povero cristo, che quasi per sbaglio, è stato preso e portato in un casolare, interrogato con una corda al collo; questo alla fine li convince che non c’entrava niente con i loro affari e uno degli aguzzini si volta verso Riina quasi a chiedere “Che facciamo?”. E Riina gli fa il segnale “Affuchiamulo”(soffochiamolo), quindi lo strangolano lo stesso. Lei pensi che di queste situazioni Riina è stato artefice ma a centinaia. Sono tutti fatti accertati da sentenze passate in giudicato. Esiste anche un rispetto della Giustizia e bisogna tener conto del rispetto delle vite e del valore della vita.
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