Come purtroppo accade da qualche anno a questa parte, anche questo 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, porterà con sé polemiche su chi parteciperà ai cortei commemorativi. Al centro del dibattito la cosiddetta Brigata Ebraica “Chativah Yehudith Lochemeth”.
Come ha ricordato sul Corriere della Sera qualche giorno fa Paolo Mieli la Jewish Brigade “fu istituita il 20 settembre del 1944 per decisione di Winston Churchill e, al comando del canadese Ernest Frank Benjamin, fu inquadrata nell’esercito che combatteva contro i tedeschi”. Fu quindi frutto di una chiamata alle armi che il governo britannico lanciò alle autorità ebraiche in Palestina e che portò a combattere, con particolari successi in Italia centrale, migliaia di persone. Come accadde per altre formazioni alleate, rappresentò una brigata trans-nazionale – i militari di origine ebraica provenivano un po’ da tutta Europa oltre che da quello che poi sarebbe diventato lo stato d’Israele.
La brigata infatti non combatté solo sul fronte europeo, Moshè Dayan, che 26 anni dopo avrebbe guidato l’esercito israeliano nella Guerra dei Sei Giorni, perse un occhio sul fronte siriano, molti membri della Brigata negli anni successivi avrebbero combattuto contro i loro alleati britannici per l’indipendenza di Israele e ne sarebbero diventati dirigenti. L’efficacia, e anche il sacrificio, di quei liberatori d’Italia potrebbe esser presto riconosciuta con un’apposita legge presentata alla Camera dei Deputati dalla Deputata dal Partito Democratico Lia Quartapelle.
La Liberazione dell’Italia, che tra l’altro non sarebbe mai avvenuta per come avvenne senza l’apporto delle forze militari alleate, viene “interpretata” e “attualizzata” con l’aggregazione di altre associazioni e gruppi che si battono per liberazioni di vari genere e specie ma mai, guarda caso, relative regimi nazional-socialisti d’oggi. Tra queste ve ne sono diverse filo-palestinesi, perché da sempre è filo-palestinese la sinistra ufficiale italiana che gestisce le manifestazioni del 25 aprile e le associazioni “combattentistiche” che le convocano e organizzano.
Ma quale è il problema attorno al quale son nate le polemiche? L’effige della Brigata Ebraica è, praticamente, quella che diverrà la bandiera di Israele, l’unica differenza è che il Maghen David era giallo. Purtroppo sappiamo che se al mondo c’è una bandiera che suscita sentimenti contrastanti dopo la Star-Spangled Banner quella è la bandiera israeliana. Probabilmente non esiste paese dove non si sian tenute manifestazioni, ahinoi anche pacifiste, che non si siano concluse con falò di queste due bandiere. Chi lotta per i diritti dei palestinesi, anzi, diciamola meglio per la creazione di uno Stato palestinese, non tollera di vedere la bandiera del nemico al proprio fianco. Questo è il problema per cui agli eredi della Brigata Ebraica non è concesso di sfilare in pace il 25 aprile. Qualche anno fa, in occasione della marcia di Roma, si arrivò all’aggressione fisica contro la comunità ebraica – che per onorare i propri avi combattenti non si tirò indietro.
Ora, tutto sarebbe da iscrivere nei consueti scambi di opinioni, sempre molto forti, tra filo-israeliani e filo-palestinesi se non fosse che, per l’appunto, durante la seconda guerra mondiale la leadership religiosa e politica dei palestinesi stava dalla parte dei nemici! Come segnalava in un pezzo sull’Huffington Post italiano Vittorio Pavoncello giorni fa “è recente il ritrovamento di un telegramma inviato da Heinrich Himmler (numero due della Germania nazista dopo Hitler) al Gran Mufti di Gerusalemme Muhammad Amin al-Husayni, in cui si offrirebbe la collaborazione allo sterminio degli ebrei in Palestina. Un semplice scambio di favori: uno li eliminava in Europa e un altro in Palestina. Il Gran Muftì, amico personale del Fuhrer, nel 1943 fu inviato dai nazisti nei paesi balcanici per reclutare combattenti islamici e formare la 13 Waffen Gebirds Division SS Handschar, unità che si distinse particolarmente, insieme agli Ustashà di Ante Pavelic, in efferati crimini di guerra soprattutto verso le inermi popolazioni civili”.
L’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, ANPI ha un atteggiamento non omogeneo in tutta italia e come risultato, quest’anno i rappresentanti della Brigata non marcerano a Roma mentre saranno presenti a Milano. Certo è che il non chiarire chi, come e quando si schierò da quale parte durante la Seconda Guerra Mondiale e la lotta di resistenza che portò alla liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo non aiuta celebrare chi perse la vita per la libertà oltre 70 anni fa.
Concordo pienamente con l’amico Pavoncello quando lamenta che “vecchi manifestanti ebrei vengono offesi e vilipesi da giovani che ignorano la storia […] cancellando la memoria di oltre 2.000 ebrei partigiani d’Italia, tra i quali Emanuele Artom, giovane studente torinese, Giulio Bolaffi, giovane capo di Giustizia e Libertà, come Franco Cesana il più giovane partigiano d’Italia, Primo Levi, Toaff, Leo Valiani, Umberto Terracini”.
Nel 2017 sarebbe arrivato il momento di liberarci da oscurantismi e negazionismi e guardare avanti alle liberazioni dalle ahinoi molte tirannie ancora esistenti. Purtroppo dovremo aspettare l’anno prossimo.
Marco Perduca è stato Senatore della Repubblica dal 2008 al 2013 eletto con i Radicali. E’ dirigente dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica