Al Referendum ho votato No, rischiando di votare Sì. L’ho fatto una settimana fa e oggi, dopo che molti lettori de La Voce di New York hanno votato e non potrei più influenzarli con questo scritto, spiego le ragioni del mio voto.
Ero indeciso e fino all’ultimo avrei potuto ancora votare Sì perché anche io sono convinto che l’Italia abbia bisogno di alcune riforme. E però, in circa tre mesi di svariate letture per cercare di convincermi al Sì, ho capito che la riforma costituzionale proposta dal governo di Matteo Renzi (una riforma costituzionale portata avanti solo dal governo è già un grave peccato) non convince affatto. Ma non perché non fosse perfetta, quelle riforme le lasciamo ai regimi totalitari, ma perché invece di chiarire, confonde. Invece di aiutare ad affrontare di petto i veri problemi della società italiana, per me li ignora.
Eppure fino all’ultima ora del mio voto, ho cercato ancora di capire le ragioni del Sì, che ovviamente non sono mancate del tutto. Ma nemmeno il profondo articolo scritto col tono candido e sorprendentemente non arrabbiato degli studenti di Pisa, che ho letto dopo aver votato, avrebbe potuto convincermi. Ammetto invece, che l’intervento precedente degli studenti di Bologna, ha confermato molte delle mie ragioni per votare No.
Eppure in questi mesi ho cercato costantemente le ragioni del Si che potessero farmi cambiare idea, perché mi è costato molto alla fine votare No. E questo non è dovuto al fatto che non fossi tanto convinto delle ragioni del mio voto: una riforma costituzionale fatta male, quando si riconosce tale, non va approvata. Ma per alcune forze politiche che si erano schierate a favore del No. Per la mia apprensione nel poter favorire in qualche modo il loro carico di odio che da anni spargono nella società italiana. Il timore che con l’eventuale vittoria del No, gli estremisti xenofobi e razzisti si sentirebbero galvanizzati e vittoriosi. Parlo soprattuto di Matteo Salvini della Lega. Non c’è solo lui, ma soprattuto lui. Ecco per me, ritrovarmi a votare con Salvini, è stato un problema. Superato alla fine. Ho pensato che fosse il male minore, ma il mal di pancia per potenzialmente aver contributo ad un eventuale suo festeggiamento in piazza e quindi nel suo rafforzamento politico, mi continua a dar disturbi.
Credo anche che in questo Referendum a scontrarsi non sia stata una politica progressista e riformista contro una conservatrice che non vuol cambiar nulla. Penso che in Italia, per questo referendum si siano scatenate tante forze a favore degli spiriti più oscurantisti del popolo italiano. Entrambi i contendenti, sia per il Sì che per il No, hanno puntato su un certo istinto italico del tendere sempre per l’ apparenza del cambiamento affinché non cambi nulla, che può arrivare “Franza o Spagna”, importante che la mia pagnotta si salvi. Una politica che spinge sempre gli interessi particolari su quelli del bene comune anche quando si affronta una delicata riforma costituzionale. E’ vero che con il No tanti privilegi in Italia, privilegi non meritati, si sentiranno protetti, ma molti di coloro che votano Sì si attendono la stessa cosa, ma soprattutto si darebbe nuova benzina per quella politica che finora è stata troppo pronta ad agevolare i grandi interessi finanziari internazionali (che infatti, tranne la rivista l’Economist, si sono tutti schierati per il Si) anche quando questi andavano contro gli interessi dei cittadini italiani.
L’ex Premier Romano Prodi, nell’annunciare il suo voto per il Si, e quindi venire all’ultimo memento in soccorso di Matteo Renzi, ha ricordato quello che gli diceva sua madre da bambino: “Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone”. Una frase che mi ha fatto l’effetto contrario da quello voluto da Prodi. Perché quando si parla della Costituzione, della Carta che ha unito tutti gli italiani per 70 anni, paragonare la sua riforma all’accontentarsi di succhiare un osso, mi fa vergognare. Soprattutto quando si modificano 47 articoli su 139! Non si tratta di una riformicchia infatti, che tanto non farebbe male a nessuno, e su accontentiamoci… Ma oltre alla tanta confusione, nel caso del Senato ne sconvolge rappresentanza e funzioni, cambiando gli equilibri costituzionali tra governo e chi dovrebbe bilanciarlo in modo secondo il mio modesto parere, veramente preoccupante.
Ma perché non riformare invece in maniera chiara, efficiente e comprensibile a tutti? Ci sono venti regioni in Italia? Bene, a ciascuna l’elezione di due senatori, a prescindere dalla loro popolazione, come avviene negli Stati Uniti, così gli interessi della più grande non si mangeranno sempre quelli della più piccola. Poi un senatore a ciascuna circoscrizione estero e poi pochi senatori nominati dal Presidente della Repubblica (ma a fine mandato, in modo da non diventarne un “suo partito”). Un Senato di 50 tra senatori e senatrici. Sarebbe così difficile e complicata una riforma del genere? Certo che no, ma se poi l’intenzione è di annullare i poteri di una delle Camere e rafforzare quelli del governo…
La Costituzione degli italiani nata dalla fine del regime Fascista e dalla resurrezione della patria che era morta l’8 settembre del 1943, non è stata mai come succhiare un bastone. Semmai è un capolavoro a testimonianza del genio italiano che in un momento in cui l’Italia rischiava di disintegrarsi sotto il peso di colpe storiche gravissime, trovò lo spirito per scrivere una magnifica Carta di altissima ispirazione ideale. Che certo, forse ha il “difetto” di aspirare ad una società migliore di quella esistente, che non si accontenta mai. Ma la Costituzione di un popolo deve fare proprio questo. Altro che accontentarsi e succhiarsi un osso.
Si dice che votando No non si vuol altro che le dimissioni di Matteo Renzi e quindi il caos finanziario attivato dalle speculazioni dall’estero sempre in agguato. Un ricatto che un paese democratico non può accettare e che il governo Renzi non avrebbe dovuto agevolare. Renzi faccia quello che dovrebbe sentirsi di fare se dovesse vincere il No. Come ha fatto il premier britannico Cameron dopo il Brexit. Perché se il giovane premier italiano si prepara ad essere molto più forte col Sì, allora dovrebbe trarre le giuste conseguenze se vincesse il No. E dato che Renzi si sente così “riformista”, accettasse il fatto che la ragione politica pretende da un leader di mantenersi al governo di una grande democrazia solo dopo aver vinto elezioni politiche. Non crediamo poi che certe crisi di governo, in democrazia, risultino sempre nocive. In Spagna ne sanno qualcosa. Possono chiarire agli elettori molto di cosa vogliono dai loro rappresentanti e quindi agevolarli nella scelta elettorale.
Noi italiani all’estero, ci dicono con ansia dall’Italia, potremmo diventare l’ago della bilancia di questo referendum. Alla fine potremmo con il nostro voto far capovolgere il risultato che vede in Italia, secondo i sondaggi, il No vincente. Anche dovesse risultare vero, questo non dovrebbe permettere a qualunque forza politica di mettere in discussione il diritto dei cittadini italiani nel mondo di esprimere il loro voto per il futuro dell’Italia. Che soprattuto poi in materia costituzionale è un atto fondamentale di affermazione della propria cittadinanza e di amore per la propria patria. Perché cittadini italiani non lo si può essere part-time, o solo quando ti chiedono di pagare le tasse magari per l’immondizia di una casa che si mantiene ma non si abita. La partecipazione al voto dei cittadini italiani all’estero dovrebbe essere salutata come una dimostrazione di fiducia e amore per l’Italia da parte di milioni di italiani che per varie ragioni hanno scelto o sono stati costretti dalle circostante a partire. Certamente si deve vigilare, come il nostro Consolato generale di New York ci risulta ha fatto con rigore, affinché il voto si svolga regolarmente. E se qualcosa nelle modalità del voto dovrà essere cambiata per rendere più ardua la possibilità di brogli, lo si faccia e presto. Ma quel sacrosanto diritto di noi cittadini italiani all’estero resta inviolabile e guai a chi lo tocca.
Vorrei concludere dicendo che quest’anno è stato veramente un anno drammatico per la democrazia. Soprattutto per noi che viviamo negli Stati Uniti. L’apprensione che sentiamo dall’elezioni di Donald Trump, adesso non vorrei che si moltiplicasse con orribili notizie dall’Italia. Chi scrive spera vinca il No, ma se vincesse il Sì, non ha propria voglia di iniziare un lungo pianto di disperazione. Perché voglio sperare che in quel caso, gli italiani che amano l’Italia, avranno la forza di correggere gli errori di una riforma pasticciata.
Ho letto sul New York Times una toccante column di Roger Cohen. Parla della vita e gli ultimi istanti prima della morte. Parla della vera potenza che gli uomini e le donne, i padri e le madri, i figli e le figlie, hanno nel dare il vero senso alla vita. Love: si parla della potenza dell’amore. In questo anno terribile che appunto è stato il 2016, come Cohen anche chi scrive queste righe pensa che l’amore, certo quello fortissimo per le persone che ci stanno più vicine ma anche quello sincero per il proprio Paese e per tutto quello che creiamo insieme agli altri concittadini, sia l’unica vera forza rimasta in grado di poter salvare ciò che amiamo. Anche alla fine di questo terribile 2016 quindi, dove chi sprizza odio sembra sempre vincere, come è successo negli Stati Uniti, ecco noi speriamo ardentemente che non accada in Italia, sia se prevalesse il Sì o il No. La column di Cohen, ci ricorda i Beatles e quel loro ritornello “All you need is love”. Anche per la Costituzione e il futuro dell’Italia, ne siamo proprio convinti, all you need is love! Ci vuole più amore. Ricordiamocelo tutti, che dopo questo voto, chiunque vinca, prima che sia troppo tardi, questo vale anche per gli italiani.