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July 15, 2016
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C’è la guerra a Nizza, la stessa di Baghdad e Damasco

Il terrorismo islamista che uccide in una giornata di festa in Francia è parte di una guerra pìù ampia

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
nizza terrorismo

Il lungomare di Nizza con a terra i corpi di alcune vittime dell'attentato terroristico (Foto Reuters)

Time: 4 mins read

Le agghiaccianti immagini che da ieri sera da Nizza inondano il web, risultano ancora più terrificanti proprio per il luogo dove è appena avvenuto il più sanguinario attacco terroristico della storia di Francia compiuto da un sol uomo. La Costa Azzurra di colpo appare rossa di rabbia e di sangue per una violenza scatenata poco prima delle 11 di sera del 14 luglio, nel pieno dei festeggiamenti per la festa nazionale che celebra l’inizio della rivoluzione francese. Un uomo solo, alla guida di un camion, è riuscito a schiacciare decine e decine di francesi e turisti che guardavano i fuochi d’artificio  nella Promenade des Anglais (La passeggiata degli inglesi), luogo turistico celebre in tutto il mondo.   Adesso si sa anche chi era quell’uomo, che la polizia è riuscita a fermare ed uccidere solo due chilometri dopo l’inizio della folle corsa assassina: il suo nome è Mohamed Lahouaiej Bouhlel, originario della Tunisia, dove sarebbe nato 31 anni fa.

I morti accertati, secondo quanto riferito dalle autorità francesi, sarebbero finora 84. Tra le vittime, diversi stranieri, tra cui ci sarebbero almeno due americani. Mentre scriviamo, anche degli italiani risulterebbero tra alcuni dispersi ma non tra i morti identificati. Tra le vittime, molti bambini. I feriti sarebbero oltre cento, di cui una ventina in gravissime condizioni.

Dopo che l’aggressore è stato ucciso, le forze della polizia avrebbero ritrovato sul camion armi da fuoco e una granata che però non sarebbe stata in grado di esplodere. C’erano forse anche dei complici pronti a usarle queste armi? Informazioni ancora da accertare.

Il presidente francese Francois Hollande, si è recato a Nizza questa mattina e nel corso di una  precedente conferenza stampa tenuta a Parigi, ha annunciato che lo stato d’emergenza, indetto dagli attentati di Parigi dello scorso novembre 2015 e che stava per scadere, sarà prorogato per altri tre mesi. “Tutta la Francia è sotto la minaccia del terrorismo islamista, dobbiamo rafforzare ulteriormente la nostra protezione”, ha detto Hollande. Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ha annunciato che il piano di allerta terrorismo è stato elevato al massimo livello.

Al momento non risulta alcuna rivendicazione della strage. Ma sembra ovvio che si tratti di un attacco da parte di un terrorista convertito all’islamismo radicale e alla causa del terrorismo internazionale di ISIS (o Al Qaeda), cioè di qualcuno che per cominciare a colpire ha solo bisogno di condividere gli ideali delle organizzazioni islamiste divulgati su internet e che incitano ad un obiettivo: eseguire attentati in Occidente facendo più vittime possibili.

Secondo il New York Times, una donna musulmana è tra le prime vittime ad essere investite nella Promenades des Angles dal camionista terrorista. Questo lo ricordiamo per ribadire che si deve far molta attenzione e saper distinguere tra gli appartenenti alla fede islamica (in Francia sono circa il 10% della popolazione) e gli islamisti radicali. E’ sicuramente vero anche che certe condizioni sociali in cui si trovano larghe frange della popolazione musulmana in Francia (e Belgio) rendono l’indottrinamento all’islamismo radicale, soprattutto tra i giovani, più facile e attraente.

Abbiamo letto e sentito, soprattutto sui social media, come era già avvenuto per gli attentati passati di Parigi, San Bernardino, Bruxelles, Orlando, ripetere la frase:  “Ormai siamo in guerra, bisogna rendersene conto e agire di conseguenza…”.

Agire come? Continuando la guerra? Lo ripetiamo: la guerra che insanguina ora anche le località turistiche più famose e lussuose d’europa, come la Costa Azzurra, si combatte da molti anni e non certo solo da quando a morire sono anche i cittadini di Parigi, Bruxelles, San Bernardino, Orlando, Nizza, o occidentali che lavorano a Dacca o sono in vacanza in una spiaggia della Tunisia.  La guerra é scoppiata da molto più tempo  e provoca morti ogni giorno, centinaia di migliaia, anzi milioni le vittime negli ultimi venti anni, in paesi come l’Iraq, l’Afganistan, la Siria, la Libia, la Somalia, il Malì, la Nigeria… Questa guerra non ci ha visto, noi occidentali, europei o americani, come degli spettatori neutrali che ora, chissà perché, veniamo colpiti dalle parti in lotta. La guerra all’interno di paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, apparentemente “di religione” (radicalismi sunniti e sciiti che si combattono), non è scoppiata da sola e soprattutto non viene alimentata dalle sole parti che si confrontano. La miccia l’abbiamo accesa noi. Partecipando attivamente alla guerra e favorendo una parte contro l’altra a secondo delle convenienze economiche-strategiche. Questa guerra che ora arriva persino sulla Costa Azzurra, dovrebbe sì farci piangere, disperare e farci tremare di paura, ma non ci dovrebbe sorprendere.

Quando anche i media occidentali assicureranno la stessa enfasi e spazio alla notizia di un camion bomba che fa strage di donne e bambini a Baghdad, come ai morti di Nice, quella che per noi è Nizza,  col nome come chiamava la sua città Giuseppe Garibaldi, forse anche l’opinione pubblica occidentale avrà la consapevolezza e quindi la forza per spingere chi mandiamo al governo, a trovare soluzioni nuove per fermare questa guerra.

Ad una amica di facebook che mi chiedeva perché ci odiano così tanto in certi paesi, ho risposto, come ci capita sui social, d’istinto: “Se vivessi in Medio Oriente con la mia famiglia e ogni giorno esplodessero delle bombe vicino la mia casa, penso che odierei chi va in vacanza anche grazie alla vendita di quelle bombe”.

Le responsabilità della nascita dell’estremismo islamista che ora insanguina anche le strade d’Europa e degli USA, non è solo nostra. Ma sicuramente è anche nostra. Senza la consapevolezza di ciò, le nostre soluzioni non saranno mai adeguate e aumenteranno la violenza di questa guerra infinita.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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