Nell'ottobre del 1996 la mia primogenita, mia figlia Isabel, aveva sei mesi. Un giorno, mentre ero a casa intento a destreggiarmi con una delle innumerevoli e inedite sfide della paternità, mia moglie si presentó a casa con una grossa zucca sotto il braccio.
Convinto che l'acquisto avesse finalità alimentari, feci notare che le dimensioni titaniche dell'esemplare avrebbero reso difficile la sua conservazione in frigorifero, per non parlare del fatto che, personalmente, ho sempre detestato la zucca.
Fu con sgomento quindi che appresi che l'acquisto della cucurbitacea non era avvenuto per motivi nutritivi ma decorativi.
Tra le tante responsabilità del mio nuovo ruolo di padre ecco che me se ne presentava un'altra che non avevo previsto: quella di intagliatore amatoriale di zucche, il rito autunnale americano che funesta puntualmente la ricorrenza di Halloween, all'epoca ancora marginale nella mia esperienza americana. A quei tempi inoltre, non solo la pratica ma l'intera festività erano ancora relativamente sconosciute non solo a me personalmente ma anche in Italia che, solo di lì a poco, avrebbe dimostrato tutta la sua subordinazione culturale transatlantica con l'inspiegabile e acefala adozione di celebrazioni del tutto estranee alla nostra tradizione.
Fu così quindi che, armato di coltello e cucchiaio, mi calai nel mio nuovo ruolo di intagliatore e, dopo un paio di tentativi falliti, cominciai a concepire una nuova strategia estetica.
Guardando le altre zucche già esposte sulle scalinate delle case del mio quartiere infatti, iniziai a domandarmi perché mai gli americani ignorassero le evidenti qualità antropomorfiche dello stelo posto sulla parte superiore della zucca intagliando invece occhi, naso e bocca solo nella parte laterale dell'ortaggio. Per me lo stelo poteva fungere perfettamente da naso nel viso della lanterna per non parlare del fatto che le caratteristiche "rughe" che circondavano il punto di congiunzione tra il gambo e la zucca vera e propria, contribuivano a dare un'espressione autenticamente sinistra al volto piuttosto di quella vagamente psicopatica delle zucche tradizionali.
Fu così quindi che, guidato da questa "rivoluzione copernicana", mi accinsi a scrivere una pagina nuova nella storia della zuccologia applicata americana.
Guardato con sospetto e perplessità da mia moglie e dai vicini per la mia scelta eretica, i miei sforzi furono pienamente ripagati solo da mia figlia Isabel che fu l'unica ad apprezzare con entusiasmo incondizionato (come dimostrato dalla foto in pagina) il mio pionieristico slancio creativo.
Qualche tempo dopo, io e mia moglie fummo invitati a cena da una coppia di amici del Village: la pittrice Pat Steir e suo marito Joost Elffers, un simpatico signore di origini olandesi molto attivo nei circoli della Pop Art newyorchese.
Nel corso della serata, discutemmo di vari argomenti tra cui quello dell'imminente, tradizionale parata in maschera di Halloween che ogni anno paralizza le strade del Greenwich Village e che rappresenta un'attrazione per i turisti ma una seccatura per i residenti del quartiere.

Un’immagine tratta dal libro di Joost Elffers Play with your food

Mia figlia Isabel nell’ottobre del 1996 con la sua prima zucca intagliata
Parlando del nostro primo Halloween familiare con una bambina poi, la conversazione si spostò sulla mia reinterpretazione creativa della zucca intagliata e, nello spiegarne i dettagli ai nostri amici, notai che Joost seguiva con attenzione la mia descrizione e in particolare la mia intuizione di utilizzare il gambo della zucca come naso.
A quasi vent'anni di distanza da quella serata, non sono sicuro se, a un certo punto della nostra discussione, Joost disse di aver avuto un'idea simile, tanto che si parlò scherzosamente di una "scuola europea" nell'arte della zucca intagliata. Ma quello che so per certo, é che un anno dopo, nel 1997 Joost Elffers pubblicò un libro di illustrazioni di grande successo intitolato Play with your food di cui, la sezione principale consisteva in una serie di bellissime fotografie di zucche intagliate utilizzando lo stelo come naso che conferivano alle zucche stesse un'impressionante varietà di espressioni.
Il libro ebbe un tale successo che fu seguito da almeno altre due pubblicazioni dello stesso genere basate sullo stesso principio di utilizzare "l'espressività" naturale di frutti e ortaggi per creare, con interventi minimi, una straordinaria galleria di personaggi ispirati per lo più al mondo animale: arance con la faccia da gatto, tartarughe fatte di cocomeri e polpi inventati di sana pianta da una semplice buccia di banana.
"Risonanza morfologica" è il nome di una teoria che esiste in una sorta di "zona grigia" al confine tra scienza e filosofia e che ipotizza l'apparizione improvvisa e contemporanea di comportamenti e di fenomeni uguali in varie parti del mondo, senza che esista alcun apparente collegamento diretto tra queste stesse parti.
Io ho sempre attribuito la clamorosa coincidenza delle zucche reinventate ad un caso ravvicinato di risonanza morfologica ma, malgrado questo, non mi sono mai perdonato il fatto di non aver saputo approfittare dell'opportunità di trasformare, come il mio amico Joost, un'idea divertente in un'occasione di successo; una situazione purtroppo, nella quale, negli anni seguenti, mi sarei ritrovato moltissime altre volte .
Se solo fossi nato con un po' più di sale in zucca…