Sembra che nel processo trattativa Stato-mafia si possa parlare non di un “venticello” di rossiniana memoria, ma piuttosto, cosa insolita per il capoluogo siciliano, di una bora triestina. Non è detto la “bora” sia vangelo, però visto lo spessore di chi l'ha generata, occorre analizzarla e mi auguro che, quanto meno si dia inizio dell'azione penale.
In buona sostanza, l'apertura di un'inchiesta penale appare dovuta e necessaria per sgombrare o avvalorare l'accusa rivolta a Silvio Berlusconi. Nella giornata di giovedì 11 Giugno, nel corso dell'udienza del processo sulla trattativa, il collaboratore di giustizia Gaetano “Tanino” Grado, escusso quale teste, ha dichiarato d'aver appreso durante la militanza in Cosa nostra, che il defunto eroe-stalliere Vittorio Mangano, palermitano e uomo d'onore di Cosa nostra, avrebbe trasportato in diverse occasioni, miliardi e miliardi di lire da Palermo a Milano.Il denaro trasportato, sarebbe stato il provento dell'allora fiorente attività del traffico internazionale di eroina, che appunto veniva prodotta a Palermo.
Tanino afferma che il Mangano, avrebbe consegnato il denaro nelle mani di Marcello Dell'Utri, per poi essere investito nelle società di Silvio Berlusconi. Le dichiarazione di Grado, mi catapultano agli anni in cui lavoravo a Palermo, durante il quale la mafia siciliana aveva impiantato diverse raffinerie di eroina. Del resto, a seguito di un arresto di due mafiosi, furono sequestrati apparecchiature idonee ad installare una raffineria, mentre con operazioni mirate furono sequestrati chili e chili di eroina già pronta per essere spedita negli USA.
Il business della droga, riferita alla raffinazione e al traffico di eroina, fu ampiamente descritto da Francesco Marino Mannoia, nel corso del suo interrogatorio avvenuto nel 1989 condotto dal giudice Giovanni Falcone, e successivamente da Gaspare Mutolo nel 1992/93, condotto da PM palermitani. Quindi, dalle notizie investigative, si evinse che in effetti Cosa nostra aveva impellente necessità d'investire i capitali accumulati dal traffico di eroina.
Il pentito Grado, che non ho mai incontrato ( ricordo l'assassinio del fratello), riferisce delle circostanze che se fossero provate mi riesce davvero difficile comprendere come Marcello Dell'Utri, peraltro già condannato definitivamente per mafia e Silvio Berlusconi, abbiano potuto allegramente investire i soldi sporchi di sangue dei miei colleghi, magistrati, carabinieri e bambini uccisi da Cosa nostra.
E devo aggiungere, che mi spaventa l'assordante silenzio dei media nazionali, dei politici e soprattutto dallo stesso Berlusconi. Ma come, viene accusato di un così grave delitto e sta zitto?
E allora, mi rendo conto che siamo un Paese di non “vedenti” affetto da grave ipoacusia: siamo un Paese dove è più facile distruggere 4 telefonate che chiedersi: ma Tanino Grado, sta mentendo o dice il vero? Ma non interessa a nessuno stabilire la Storia criminale di questo Paese, dove era più facile morire per una scarica di piombo o l'esplosione di una autobomba, piuttosto che di febbre malarica?
E la Commissione parlamentare antimafia e il Popolo italiano, tutti zitti? A me sorge una puerile domanda. E se invece di fare il nome di Berlusconi e Dell'Utri, Gaetano Grado avesse fatto il nome di un poliziotto, di un carabiniere o di un magistrato, ci sarebbe stato lo stesso silenzio, sia mediatico che istituzionale? La morte violenta di poliziotti, magistrati, carabinieri, bambini, donne e imprenditori non è forse da iscrivere alla responsabilità oggettiva di chi a permesso di far diventare Cosa nostra così forte come tutti conosciamo?
Ma si, in fondo chi erano gli “ammazzati”, uomini destinati a morire e non certamente eroi. L'eroe fu solo chi, come dichiara Grado, avrebbe trasportato i miliardi, dalla Trinacria, alla Milano “da bere”. Vedo il mio Paese come un gran rotolo di carta assorbente, capace di prosciugare verità palesi. Alla prossima e inutile bora.