Su un importante limite nello stile del governo, e più in generale dei nostri ceti dirigenti, è di forte insegnamento la lettera al primo ministro, a firma Emilio Cabasino, pubblicata martedì dal Corriere della Sera. Due giorni prima, domenica, Renzi, con il ministro della pubblica istruzione Stefania Giannini, era stato protagonista della manifestazione sulla scuola convocata dal PD. Va qui sottolineata positivamente la rilevanza che il governo sembra dare alla riforma dell’istruzione.
All’evento collabora la JuniOrchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, formata dai ragazzetti della benemerita istituzione romana, chiamati ad eseguire difficili brani di Beethoven e Tchaikovsky. Nella lettera, il padre di una delle piccole musiciste racconta che la figlia quattordicenne è tornata a casa “in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza di attenzione da parte del pubblico durante l’esecuzione”. Precisa che i partecipanti facevano relazioni pubbliche “non solo parlando a voce alta, ma camminando e urtando i ragazzi, rendendo di fatto impossibile l’esecuzione stessa”. Il genitore non si perita di accusare il padrone di casa (“Lei stesso non ha prestato alcuna attenzione”), concludendo con l’ovvia domanda su come dirigenti che parlano in un modo (riformiamo il sistema educativo, accresciamo le dosi di educazione musicale, formiamo buoni cittadini), razzolino così male, mancando dell’elementare rispetto per ragazzi ai quali dovrebbero buon esempio. Un video, messo online dal maestro di musica Adriano Ancarani, confermerà quanto esposto nella lettera, tuttora in attesa di risposta.
https://youtube.com/watch?v=uvNrdWPZhGs
La narrazione suggerisce riflessioni che solo in parte vanno riferite all’attuale governo, abbracciando piuttosto l’atteggiamento storico dei nostri ceti dirigenti verso chi è fuori dal cerchio magico nel quale tendono a rinserrarsi per stare “tra di loro” e non contaminarsi con il “popolo”. Pensiamo a come l’episodio della JuniOrchestra sarebbe stigmatizzato e censurato in altri paesi, e abbiamo la misura dell’accaduto. I metodi ora in voga della democrazia diretta (vedasi la consultazione online del governo sulla “buona scuola”) non possono essere sostituti soddisfacenti dell’attenzione e del contatto, e finiscono per mascherare la riedizione dell’eterna vena autoritaria ed elitaria. Quale uso mai si potrà fare della monumentale messaggeria sulla “buona scuola” stimolata dal sito di palazzo Chigi? E quale, della mole di input veicolati ai 102 tavoli di lavoro della Leopolda lo scorso ottobre?
Il caso che il signor Cabasino chiama “drammatico autogol per il PD e per il mondo della politica!” genera anche un’autocritica. Il video mostra come il direttore si veda negare un posto dal quale dirigere. Mostra anche che quando riesce a far iniziare l’esecuzione, accetta che la musica sia sommersa dal rimbombo ciarliero dei presenti, mentre i ragazzi sono spinti in un angolo nell’indifferenza generale. Il detto “Chi si fa pecora il lupo se lo mangia” è tuttora valido. Se un direttore accetta che si umilino così dei ragazzi che hanno lavorato duro in vista dell’esecuzione per gli illustri ospiti, contribuisce a creare adulti inconsapevoli dei loro diritti o risentiti per la loro violazione. Oppure sta collaborando a stimolare il più sveglio ad uscire allo scoperto e fare come quel bambino al quale Andersen fa dire, mentre gli adulti complici osannano l’eleganza dell’imperatore che sfila con dignitari e ministri tra la folla, che in realtà l’imperatore è senza vestiti, completamente nudo.