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November 7, 2014
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November 7, 2014
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Una High Line a Roma per restituire il futuro alla Città eterna

Sharon CohenbySharon Cohen
Time: 6 mins read

Ho letto con molto interesse l'articolo pubblicato su questa testata che mette a confronto la High Line di New York con il simile progetto proposto a Roma per la rivalutazione della Tangenziale per  Roma e New York. L'articolo fa un analisi profonda e interessante sulla circostanze di due capitali per arrivare a mio parere ad una conclusione quasi pericolosa. Gli autori celebrano giustamente la High Line newyorchese, ma le loro argomentazioni rischiano di condannare la capitale italiana all'immobilità e darla per sconfitta nella sfida dell'innovazione e della qualità della vita. 

Nel 2009, a New York, è stata inaugurata la High Line che quasi da subito è diventata un simbolo di innovazione architettonica e una dimostrazione che la Grande Mela era ed è una città leader per la sua visione dell'abitare lo spazio pubblico. Ma pochi, almeno tra i non romani, sanno che la prima volta in cui si è parlato di fare un parco sopraelevato è stato proprio a Roma, verso la fine degli anni '80 quando l’allora assessore e architetto Renato Nicolini, ideatore anche dell’Estate Romana, propose di trasformare la tangenziale in un parco.

sopraA quell'idea non seguirono iniziative concrete e, mentre nella capitale italiana si continua ancora a discutere sul da farsi, a New York è stato completato l’ultimo tratto di un’architettura che è ormai tra le più famose della città. 

Entrambe le infrastrutture, la ferrovia sopraelevata che oggi ospita la High Line e la tangenziale che attraversa la parte est di Roma, oltre ad essere viste nel passato come simbolo di progresso, erano considerate una risorsa urbana. Innegabile è l'utilità della Tangenziale est, la cui funzione era inizialmente  quella di collegare il quartiere Tiburtino con il centro della città e più tardi di collegarsi con l’autostrada.

Ma il prezzo dei benefici apportati dalla Tangenziale all’intera viabilità romana l’hanno dovuto pagare, per quasi 60 anni, i residenti del quartiere tagliato in due da quell'arteria, in forma di inquinamento, rumore, delinquenza e perdita di valore degli immobili. Per loro la tangenziale è una cicatrice nella vita del quartiere, e la loro richiesta di una giustizia ambientale non è solo legittima ma necessaria. 

La città di Roma ha fatto ora un enorme passo in avanti nell'aprire un vero dibattito sul futuro della Tangenziale grazie alla Nuova Circonvallazione Interna (NCI) che passa sotto terra, dallo svincolo dell’autostrada A24 fino alla via Batteria Nomentana, rendendo tutto il primo tratto della Tangenziale superfluo.

Infatti, il comune di Roma ha presentato un progetto di demolizione del mostro, accolto con piacere da molti dei residenti del quartiere: il sogno di liberarsi di quello sfregio urbanistico inizia a sembrare vero. Ma prima che sia troppo tardi, è il caso di fare una riflessione, iniziando proprio della demolizione. 

L’abbattimento del ponte ha dei costi enormi da considerare, il primo dei quali è costituito dalle macerie: basta considerare che il volume del ponte è di circa 20.000 metri cubi, il che significa trovare un sito (in Italia!) in cui si possa smaltire un volume con la superficie di un campo di calcio alto 5 metri. Secondo nostri calcoli, inoltre, servirebbero circa 3.000 viaggi in camion per trasportare tutte queste macerie producendo una quantità enorme di inquinamento atmosferico e acustico, che va aggiunto al rumore e all'inquinamento prodotti dai mezzi pesanti che lavoreranno all’interno del quartiere per un periodo di almeno 12 mesi. Ci sarebbero molti altri fattori da considerare, non ultimi i 9 milioni di euro (sperando che siano in effetti 9) che dovrebbero uscire dalle casse del Comune.

Viene naturale chiedersi se ci sia un’alternativa e se la Tangenziale possa essere vista ancora una volta come una risorsa. Se, dopo le Seconda guerra mondiale, il boom economico e la forte urbanizzazione hanno richiesto strade di collegamento per i nuovi quartieri, ora il concetto di benessere è cambiato e per i quartieri di Roma servono verde, lavoro e sicurezza.

masterplanCome detto prima, la nuova NCI ha liberato dalle auto un percorso lungo 2 chilometri — più o meno la stessa lunghezza della High Line — di cui circa 500 metri in elevazione, corrispondenti a 5.000 mq di superficie coperta.

Indubbiamente la forza della High Line sta nella qualità architettonica e nella sua gestione. La proposta che avanziamo prevede la creazione di verde attrezzato lungo l’intero percorso, con lo scopo di creare spazi e servizi per i cittadini. Luoghi da vivere e da usare, come piste per il jogging, aree picnic, aree giochi, palestre all’aperto, aree attrezzate per i cani, spazi per la socializzazione e altro ancora. Ma soprattutto prevede di creare un parco che sia coerente con gli elementi fondamentali di Roma: fontane d’acqua non solo da vedere, ma soprattutto da vivere e in cui i bambini possano giocare nei periodi estivi, un percorso artistico che prevede un opera d’arte ad ogni incrocio lungo il percorso, opere che richiamano la varietà di fontane romane e i famosi obelischi della città, e ovviamente un verde pubblico degno della città più verde d'Europa. 

Anche per ridurre al minimo i costi di manutenzione, immaginiamo una vegetazione fatta soltanto di essenze mediterranee locali che, essendo nel loro ambiente naturale, potranno crescere quasi da sé e creeranno un vero giardino mediteranno, tipico della nostra zona geografica e climatica.

sottoMa l’innovazione del progetto non sta tanto nel parco, quanto negli spazi al di sotto del mostro. La Stazione Tiburtina è la seconda stazione più importante di Roma, una seconda porta alla città, dove ogni anno passano oltre 50 milioni di passeggeri. Nel terminal bus passano ulteriori 5 milioni di passeggeri all’anno e nella fermata della metropolitana passano ogni giorno circa 30.000 persone, cioè oltre 60 milioni di persone all’anno. Attualmente, tutta questa gente, invece di creare economia e far diventare questo quartiere uno tra i più importanti di Roma, fugge prima che può e soprattutto evita, per quanto possibile, lo spiacevole passaggio sotto il viadotto, insicuro, sporco, e complessivamente sgradevole.

Immaginate di trasformare la tangenziale in una vera architettura, dove, sotto il viadotto, invece di squallore e delinquenza, ci siano attività commerciali, ristoranti, bar, librerie, gallerie d’arte e così via. Anche se soltanto una parte di queste persone che ogni giorno transitano nell'area dovesse fermarsi e passare del tempo tra quei negozi, il ritorno economico sarebbe assicurato. La tangenziale potrà di nuovo simboleggiare un periodo di progresso, di dinamicità economica e sociale, precisamente come negli anni del boom che hanno generato questa infrastruttura. 

Un progetto del genere, oltre l’economia che svilupperà in se stesso, avrà un effetto globale sull’intero quartiere dove i proprietari degli appartamenti potrebbero iniziare ad aprire bed & breakfast per accogliere le persone di passaggio in città o a creare garage dove chi viene da fuori potrà lasciare l'auto per poi prendere i mezzi pubblici. Altri spazi potranno ottenere un cambio di destinazione d’uso e diventare attività commerciali, attirando turismo e shopping. Il quartiere cambierà in maniera organica e, dal momento che l'area sarà vivace e vissuta, la delinquenza sparirà senza bisogno di interventi violenti dall'alto. 

Il problema principale oggi, in Italia in generale e a Roma in particolare, è di trovare fondi per grandi opere pubbliche. Il valore aggiunto di questo progetto è che potrà facilmente essere realizzato attraverso il project financing, un metodo di finanziamento che si basa sulla collaborazione tra pubblico e privato dove l'investimento è di privati cui vengono dati in uso gli spazi ma è il pubblico a mantenere la proprietà e ad essere responsabile della progettazione. Dei potenziali 5.000 mq coperti, circa 500 potranno essere dati alla città come spazi per la comunità, mentre gli altri saranno dati in concessione per un periodo concordato in cambio della realizzazione del progetto.

Ma forse il motivo più importante per realizzare questa proposta urbanistica è di ridare a Roma un vero motivo di orgoglio. Il romano, come il newyorchese, dice spesso di vivere nella città più bella del mondo, e forse è vero. Ma mentre i romani possono essere fieri soprattutto del passato, i newyorchesi sono orgogliosi in quanto la loro città è una fucina di innovazione, dove nascono modelli imitati in tutto il mondo, dove si costruisce il futuro. Per tanti secoli Roma è stata una città di ispirazione e non di memoria, forse serve ora un forte esempio che possa dimostrare ai romani e al resto del mondo che Roma ancora una volta può essere città leader per la sua visione, capace di agire e cambiare la sorte di un quartiere con la trasformazione di un mostro in una risorsa urbana.

 

Maggiori informazioni sul progetto sono disponibili sul sito web La Tangenziale si trasforma.

 


sharon*Sharon Cohen, architetto (www.laboratoryfordesign.com), è uno degli ideatori del progetto di trasformazione della Tangenziale, insieme a Maria Giuseppina Caroccio, Maria Dolores del Sol Ontalba, Antonio Nardozzi e Idan Zveibil. 

 

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