L'estate scorsa ho scritto un articolo per La VOCE nel quale facevo notare che negli sport americani non esiste il pareggio.
In quello stesso pezzo, paragonavo la cultura sportiva di questo paese ai giochi gladiatorii romani per il fatto che "gli americani nello sport accettano un unico responso: quello che sancisce il trionfo di un solo vincitore. In ogni partita o competizione, che sia essa individuale o di squadra, deve sempre esserci un vincente e un perdente".
Ma nei giochi gladiatorii persino vincere non era sufficiente: quello che i Romani volevano piú di ogni altra cosa era l'eliminazione totale degli sconfitti e, stando a quanto ci é stato trasmesso da scrittori dell'epoca come il poeta Marziale e lo storico Svetonio, una giornata al Colosseo non poteva considerarsi soddisfacente senza il sangue dei vinti versato nell'arena.
Questo strano parallelo culturale é stato confermato qualche giorno fa in un articolo pubblicato da Ann Coulter, la madrina del movimento conservatore americano che, nell'esprimere il suo superfluo parere sul campionato del mondo attualmente in corso in Brasile, ha definito il calcio come il sintomo di una graduale "decadenza morale della nazione".
"Per considerarsi tale – scrive la Coulter con un cipiglio marziale degno di un centurione – un vero sport richiede la possibilità di devastanti umiliazioni personali o di seri infortuni fisici perché le competizioni sportive sono sublimazioni di confronti militari."
"Nel calcio non ci sono eroi; non ci sono veri perdenti e non esiste un autentico concetto di responsabilità personale perché meriti e colpe sono dispersi tra la squadra." E ancora: "Alle donne di sinistra (che qui in America sono chiamate 'soccer moms' NdR) piace il calcio perché é uno sport in cui il talento atletico é talmente ridotto da permettere a ragazzi e ragazze di giocare nelle stesse squadre." In altre parole, é uno sport da femminucce…
Il fatto che nel "soccer" sia proibito usare le mani é una delle cose che lascia di stucco l'autrice la quale, con un'illuminante sortita nel campo dell'antropologia, ci fa notare che "a parte l'anima, ció che ci separa dagli animali é la nostra capacitá di usare le mani grazie i nostri pollici opponibili". Un'asserzione che trascura sia le ben note capacitá di manipolazione dei primati, sia il fatto che ció che ci separa dal resto del regno animale é la nostra capacitá di formulare ed esprimere concetti logici, una virtú che, per Ann Coulter, sembra essere ancora in fase di perfezionamento.
A parte la finzione che permea l'intera concezione dell'articolo, immagino che la Coulter sappia benissimo che, in realtá, il talento atletico del calcio é simile se non superiore a quello di molti sport americani.

La squadra degli Stati Uniti che partecipa ai Mondiali del Brasile
I calciatori corrono per decine di chilometri durante ogni gara e, al contrario di quanto avviene nel "football" americano o nell'hockey, non sono protetti da alcun armamento corazzato affrontando tutti i contrasti a "corpo nudo" e a viso aperto.
D'altronde, chiunque conosca Ann Coulter e l'intero sistema di propaganda politica della Destra, sa benissimo che queste affermazioni non hanno alcuna base razionale ma sono concepite esclusivamente per fini sensazionalistici; per fare notizia con affermazioni che siano quanto piú possibile "scandalose" anche a costo di essere assurde.
Dal momento che durante la scorsa edizione della Coppa del Mondo Glenn Beck, un altro opinionista di destra, fece dichiarazioni molto simili a quelle della Coulter sarebbe forse piú interessante capire le radici di questa tradizionale ostilitá verso il calcio da parte dei ambienti culturali conservatori.
Uno dei motivi principali di questo risentimento, come ammesso dalla stessa autrice del pezzo, consiste nel fatto che il calcio é l'espressione di una cultura straniera e, in particolare, é lo sport nazionale di tutti i paesi del Sud e Controamerica che costituiscono le basi di partenza della maggior parte dei flussi migratori verso America. Il calcio quindi, in quanto sport degli immigrati, va a braccetto con quei sentimenti di xenofobia e di nativismo condivisi da tutte le culture di destra, in America e altrove.
Questi tradizionali timori di "bastardizzazione" culturale tuttavia, assumono caratteristiche peculiari negli Stati Uniti perché, a parte la tipica diffidenza verso lo "straniero", la cultura americana affonda le sue radici in un'idea di "eccezionalismo" che non ha corrispettivi tra le altre nazioni.
Questa convinzione tutta americana, di possedere un ruolo particolare da giocare nella storia del mondo si ricollega agli albori rivoluzionari del paese e alla convinzione che quei fattori specifici che ne hanno ispirato la fondazione (egalitarianismo, individualismo, laissez-faire economico…) le conferiscano anche una differenza qualitativa che molti conservatori concepiscono implicitamente come senso di superioritá.
In quest'ottica quindi, la "contaminazione" culturale, che é la conseguenza naturale dell'immigrazione, viene interpretata anche come una minaccia a quel sistema di valori virtuosi che costituiscono l'identitá profonda dell'America.
D'altro canto, volendo immaginare un'ipotesi piú prosaica, c'é anche da considerare la possibilitá che gli americani detestino il calcio semplicmente perché é l'unica disciplina sportiva nella quale non eccellono.