Sotto un cielo velato, Palermo celebra un altro 23 maggio. Ventidue anni dopo la strage che mise fuori dai giochi Giovanni Falcone, facendo scattare l’indignazione collettiva dei siciliani, la memoria del magistrato rischia però di essere appannata da fiumi di retorica, reticenze, tentativi di dissimulazione di pezzi di verità sempre più labili su quanto avvenne in quel periodo, segnato verosimilmente da un arretramento dello Stato di fronte alla mafia.

La nave della legalità nel porto di Palermo
La vera nota di colore, nella giornata di ieri, è stata la presenza di 20 mila giovani, accorsi ad affollare il capoluogo siciliano per rendere omaggio alla memoria di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, degli agenti della scorta Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime delle mafie. Già nelle prime ore del mattino la Nave della Legalità, salpata da Civitavecchia, con a bordo 1.500 studenti provenienti da tutta Italia, è approdata al porto, accolta dagli studenti siciliani e da Maria Falcone, sorella del giudice ucciso e presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, che in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione ha organizzato la manifestazione. Per la prima volta, direttamente da New York, sul suolo siciliano è atterrato anche l’Aereo della Legalità, con a bordo un gruppo di studenti della Columbia Heights Educational Campus di Washington D.C., che rimarranno una settimana sull’isola e parteciperanno ad attività, incontri e visite nei luoghi simbolo della mafia e dell’antimafia.

L’arrivo da New York all’areoporto Falcone e Borsellino di Palermo dell’aereo della legalità
Diversi i rappresentanti istituzionali che si sono avvicendati sul palco e fuori dal palco. Maria Falcone ha rivolto il suo ringraziamento al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, grande assente a Palermo assieme al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha preferito non esserci “per evitare strumentalizzazioni” legate alla sua presenza. “Voglio ringraziare tutti i partecipanti, ma in particolare il presidente della Repubblica che ieri è andato a salutarvi al porto di Civitavecchia – ha detto Maria Falcone rivolgendosi ai ragazzi – Al presidente della Repubblica vorrei dire poi, quello che alcuni anni fa mi disse il direttore dell'Fbi Louis Freeh: Giovanni Falcone rappresenta la personificazione del senso dello Stato. Ecco, Napolitano rappresenta oggi per noi la personificazione dello Stato”. Nel suo messaggio, Napolitano aveva invitato le giovani generazioni a “seguire l’esempio di dirittura morale e di impegno coraggioso fino all’estremo sacrificio” di Giovanni e Paolo, aggiungendo: “Noi contiamo su di voi per un’Italia migliore. Come la mafia impara dai propri errori, anche lo Stato deve essere capace di rinnovare le sue strutture e la sua azione di lotta”.
Tema della manifestazione di quest’anno, l’uso responsabile del denaro pubblico, sul quale studenti e rappresentanti delle istituzioni hanno dibattuto all’interno dell’Aula Bunker dell’Ucciardone, luogo simbolo del maxiprocesso. “Occorre agire per chiudere la stagione dell’approssimazione, la memoria non basta, non bastano le parole se non diventano impegno comune” ha detto il presidente del Senato, Piero Grasso. Ha poi annunciato: “Durante il semestre italiano in Europa ribadirò con forza due temi fondamentali: l'istituzione della procura europea e l'aggressione ai patrimoni della criminalità organizzata. Dobbiamo combattere il lavoro nero, l’evasione fiscale, la corruzione, ma anche costruire il futuro del Paese, riavvicinare i cittadini alla politica, soprattutto i più giovani”.

Gianni Morandi canta davanti all’albero di Falcone con accanto il presidente del Senato Pietro Grasso
Presente anche il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha sottolineato il ruolo di primissimo piano e mai discontinuo della scuola nel processo di educazione delle coscienze, invitando gli studenti a essere “intransigenti”. Tra gli intervenuti, anche il direttore dell’ufficio dell’Fbi di New York, George Venezeros, che collaborò lungamente con Giovanni Falcone, il quale ha ricordato l’apporto fondamentale dato alle indagini sulla criminalità organizzata dal magistrato: “Falcone ha significato tantissimo, una delle tecniche che ha condiviso con noi è quella di seguire la scia del denaro. Da lui abbiamo appreso anche l’importanza della collaborazione. Bisogna cooperare con l’Europa per essere efficaci, le organizzazioni criminali collaborano tra loro”. Sul tavolo, i temi della lotta alla corruzione e della necessità di costruire un solido impianto europeo di contrasto alla criminalità organizzata, esportando l’eccellente impianto antimafia messo a punto dal giudice, come sottolineato dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando. La battaglia più grande si gioca dunque sul fronte dell’internazionalizzazione. Si è discusso anche di agromafie, riciclaggio, contraffazioni e della necessità di creare una nuova Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati. Il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, ha individuato le nuove frontiere delle mafie nel cyber-crime e nel sistema dei servizi. Intanto, mentre il dibattito prendeva campo, piazza Politeama e piazza Magione, situata nel quartiere nobile e disgregato della Kalsa che diede i natali a Falcone e Borsellino, si trasformavano in Villaggi della Legalità, animate da altri gruppi di studenti. Nel pomeriggio, un lungo corteo ha attraversato Palermo, fino a confluire davanti all’Albero Falcone, altro luogo simbolo della lotta alla mafia, dove il cantante Gianni Morandi ha reso un omaggio musicale a Giovanni Falcone e alle 17.58 si è osservato il tradizionale minuto di silenzio in memoria dell’attentato di Capaci, ricordando anche le vittime della strage di via d’Amelio.
La giornata di festa non ha però mancato di suscitare polemiche. Caustico il procuratore di Termini Imerese, Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, moglie di Falcone: "Volete che parli? Prendete le dichiarazioni dell'anno scorso. Credo che questa sia la solita passerella per tante persone. Sia al bunker che in chiesa". Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha invece preso le distanze dalla “violenza verbale nell’antimafia” dichiarando: “Non ci si può dividere, è il noi che vince. Non voglio più sentire parlare di antimafia. Essere contro le mafie dovrebbe essere un fatto di coscienza, non una carta di identità". Della stessa opinione Lucia Borsellino, figlia del giudice e Assessore regionale alla Salute, presente all’intitolazione dell’atrio della Facoltà di Scienze Giuridiche di Palermo a Falcone e Borsellino: "Mio padre e Giovanni non hanno mai usato la parola 'antimafia'”.
C’è poi chi ha scelto di fare memoria alternativa, come il pubblico ministero Nino Di Matteo, presente all’incontro “Menti Raffinatissime” organizzato dalla rivista Antimafia Duemila e dall’Associazione Contrariamente, presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Il Pm, attualmente tra i magistrati più esposti tra quanti proseguono il lavoro iniziato da Falcone e Borsellino, ha espresso apprezzamento per l’iniziativa, ritenendo “giusto che Falcone venga ricordato con una riflessione sui temi che gli stavano più a cuore: l’interazione tra la mafia e altri soggetti esterni, tra la mafia e le menti raffinatissime” aggiungendo che “non merita di essere ulteriormente umiliato dalle parate strumentali di quel potere, alcune volte spregiudicato nel suo cinismo che per perpetuare se stesso sfrutta e distorce anche il ricordo di chi è morto perché quel potere voleva combattere». Un ricordo che è da contrapporre a quello proposto «dai facili unanimismi ipocritamente antimafiosi di chi vuol far credere che la mafia sia solo bassa macelleria criminale e di chi prima e dopo il 23 maggio di ogni anno si dedica, ricavandone vantaggi evidenti in termini di carriera, prestigio e acquisizione di sempre più ampi spazi di potere, a sopire, a ridimensionare, a ridicolizzare, a tentare di neutralizzare ogni sforzo di chi invece si ostina a cercare di capire, se e come, altri insieme alla mafia militare agiscano”.

GLi studenti a Piazza Magione
E proprio l’inchiesta sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra, portata avanti, tra gli altri, da Nino Di Matteo, potrebbe presto subire una battuta d’arresto: in base alla nuova circolare diramata dal Csm a tutte le procure, infatti, nessun nuovo fascicolo potrà più essere affidato a magistrati che non facciano parte della Direzione Distrettuale Antimafia. Di Matteo e presto anche i Pm Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene non sarebbero così più assegnatari di nuove indagini, senza la possibilità di fornire nuovi spunti a un processo che mira a chiarire le eventuali responsabilità di uomini delle istituzioni nelle stragi avvenute tra il 1992 e il 1993. Di fatto, uno smantellamento del pool antimafia.
“Ricordare è assumersi la responsabilità di cambiare”, gridavano ieri i giovani davanti all’Albero Falcone, invocando un vento che spazzasse via “l’inerzia morale e l’affarismo più equivoco, in grado di spalancare i palazzi di Roma e di scompaginare quintali di documenti, di portar via dubbi e perplessità, di sospingere coraggio e indignazione”, intonando l’Inno di Mameli. Quel vento, ventidue anni dopo lo squarcio, pare ancora troppo debole perché possa fare emergere le verità scomode, le tessere del puzzle in grado di fare luce sugli assassinii di quegli uomini che oggi, indistintamente e gran voce, vengono chiamati “eroi”.