Di certo sa comunicare e conosce molto bene (cosa che non guasta) le regole della retorica comunicativa. Quelle classiche e, ovviamente, quelle del mondo internet e televisivo.
Mi riferisco a Enrico Bertolino che ha fatto del suo programma “Glob” una vera chicca per specialisti e comuni spettatori come me. Forse proprio per questo la Rete 3 della Rai lo ha relegato ad ora per nottambuli e ipotizzo che ciò sia dovuto al fatto che non vi sono risparmiati potenti di ogni sorta e soprattutto uomini politici, anche se con molto garbo e con quella sottile intelligenza che è merce sempre più rara.
Tutto questo per dire che nella puntata di domenica 27 aprile c’è stato un autentico crollo, anche se di qualche attimo; ma di quelli che fanno impugnare la matita blu ad un vecchio e bolso professore come me. So bene che mi rimprovererete di averla impugnata con un paio di settimane di ritardo, ma sono in chiusura di semestre, e per me i miei studenti vengono prima di tutto.
Ebbene, il giocoliere delle parole (e bravissimo) Stefano Bartezzaghi si è cimentato in quella domenica sera (o devo dire notte?), cioè due giorni dopo la ricorrenza della Liberazione, con la parola “libertà” e con “liberalismo”.
Ma che fa Bartezzaghi? Non sa che le parole possono essere più pesanti delle pietre? Non sa che i bravi maestri come Lei possono trasformarsi in un baleno in pessimi e perniciosi maestri? Specie se vogliono fare gli spiritosi e lanciare tra gli inermi e disarmati spettatori secche definizioni con errori clamorosi, da matita blu per l’appunto, anzi, da doppio tratto di matita blu.
Bocciato! E solo per deferenza non le faccio indossare le orecchie d’asino e non la spedisco dietro la lavagna come facevano i mai sufficientemente rimpianti (ma impietosi) maestri di quando andavo io alle elementari.
Già mi vedo bartezzagato, ma tant’è non mi fermo.
La definizione da lei decretata di “libertà liberale” (e quindi di liberalismo) è al di sotto di ogni decenza e, quel che è più grave, porta acqua al mulino dei populisti e di tutti coloro che in questi ultimi decenni si sono riempiti la bocca di liberalismo senza sapere di che cosa stessero realmente parlando.
“La libertà liberale è quella dell’individuo nei confronti della società”. Lo ha detto Lei e si può ancora ascoltare sul sito Internet (bello e da raccomandare) della trasmissione “Glob”.
Ma quale bestialità è questa? Ribocciato! E non le metto il raglio d’asino come commento sonoro perché ha poi definito in maniera corretta “liberismo” e “libertarismo”.
Prima però di scadere così in basso, studi un pochino, La prego, o si informi: basta la voce “liberalismo” su Wikipedia, non Le chiedo molto!
Il povero John Locke e con lui Benjamin Constant, per non dire dello sconsolato John Stuart Mill e giù sino a Isaiah Berlin, si saranno rivoltati nella tomba.
Anche uno studente del primo anno di storia del pensiero politico sa bene che proprio con Locke (sul finire del Seicento) si è iniziato a definire il “liberalismo” come rivendicazione di libertà individuale nei confronti dello Stato.
Che c’entra la società civile? E’ un errore da crollo di attenzione? o da crassa ignoranza? oppure Lei ha voluto fare un endorsement a qualche movimento politico o a qualche movimentista in piena campagna elettorale? Queste due ultime ipotesi (alle quali mi rifiuto di credere) sarebbero in ogni caso di una qualche gravità!
Di certo Lei conosce (o dovrebbe) che le dottrine liberali si affermano rivendicando (peraltro in pena società d’Ancien Régime e quindi con una valenza altamente innovativa e quasi rivoluzionaria per quel tempo) la centralità dell’individuo, dei suoi diritti, della sua libertà personale; e, ovviamente, stiamo parlando di libertà da forme di potere e da ogni sorta di autorità, sia politica che religiosa, ma anzitutto dall’oppressione esercitata dallo Stato.
Poi è subito arrivata, a ruota, nell’Ottocento e nel Novecento la rivendicazione della “diversità” dei singoli individui, e la riaffermazione della libertà d’impresa, della libera concorrenza e del libero mercato (teorie che ben sappiamo essere state già ribadite nella seconda metà del Settecento da Adam Smith).
Come vede la “società” o, se preferisce, la società civile, c’entra come i cavoli a merenda. O forse Lei ha confuso con qualche percorso del marxismo? Anche in questo caso l’avrebbe però fatta fuori dal vaso.
Se vuole, può fare atto di contrizione in un’ipotetica seconda puntata sul tema “libertà”; e può farlo (mi permetto di suggerire), partendo dai grandi teorici di fine Ottocento e ancor più di pieno Novecento (penso a Berlin e Rawls). Potrebbe così distinguere tra “libertà da” (quella “negativa” e più propriamente “liberale”) e “libertà di” (quella “positiva” e più puntualmente “democratica”), quella cioè che dovrebbe assicurare a tutti pari condizioni di partenza. Quella che ad esempio ci ammonisce: “È inutile che tu mi dia la possibilità, tutta teorica, di educarmi se poi non mi garantisci le condizioni materiali (soldi e altro) per poterlo fare”!
Sono stato troppo professorale? Temo di sì e me ne scuso.
Ma Le è chiaro ora, caro Bartezzaghi, perché sono stato tentato fortemente di farle indossare le orecchie d’asino?
E Lei Bertolino la smetta di ridere, se lo sta facendo come mi immagino. Sia invece più vigile ed esigente coi suoi “collaboratori”.
*Enzo Baldini, Professore di Scienze Politiche dell'Università di Torino, insegna "Storia del pensiero politico" e anche "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica www.bibliotecaitaliana.it e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net: www.italicon.it, del quale continua ad occuparsi
ti.otinu @inidlab.ozne