Democrazia non significa governo della maggioranza e tanto meno di chi vince con un 30% dei voti gonfiati da un premio di governabilità. Democrazia significa, anche etimologicamente, governo del popolo, di tutto un popolo. Non di una parte di quel popolo ma neppure dell’intera umanità: la democrazia è possibile solo se ancorata a situazioni concrete e locali – originariamente i demoi erano i distretti in cui era divisa l’Attica, la regione di Atene. Non è dunque un sistema astratto e omogeneo, quasi metafisico, bensì un processo attraverso cui la gente prende coscienza della propria identità e delle proprie esigenze e prova a migliorare le proprie condizioni. Come avevano intuito i padri fondatori della prima democrazia moderna, gli Stati Uniti, la democrazia è uno strumento per l’affermazione dei diritti alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Ma va esercitata.
I ricchi e i potenti, che della democrazia farebbero volentieri a meno e che infatti a essa rinunciano non appena minacci i loro interessi (con il fascismo o le sue versioni liberiste, la guerra al terrorismo e alla droga oppure l’emergenza economica), i ricchi e i potenti, dicevo, ne propongono una versione annacquata, inerte, conservatrice. Democrazia, per loro, è una procedura imperfetta ma utile per tenere buona la gente dandole l’illusione che la casta che la domina la rappresenti. La loro strategia è sempre la stessa: invitare alla responsabilità, alla moderazione. Trasformando le elezioni in plebisciti, in cui il popolo non esprima i suoi umori e non dia voce alle sue speranze, bensì si limiti ad approvare passivamente ciò che gli viene proposto come realistico, come necessario o, peggio, come il minore dei mali. Con l’aiuto di sondaggi truccati, di leggi truffa elettorali, della sistematica disinformazione di giornali e telegiornali.
Riprendiamoci la democrazia. Democrazia è votare quello che ci pare e per qualsiasi motivo, senza bisogno di giustificare le nostre scelte. A creare ideologie di riferimento dovrebbe pensarci la politica; a informare dovrebbero pensarci i media: e se lo facessero sarebbero in grado di fornire alla gente punti di riferimento autorevoli e programmi affidabili. Non lo fanno. Nel regime liberista i media e la politica sono asserviti al potere finanziario. Alcuni perché quello è il loro obiettivo (la destra), altri perché non hanno coraggio e idee e non vedono alternative (la sedicente sinistra).
Liberiamo la democrazia: che non è ossessione per la prudenza e per la continuità né un triste, cupo esercizio di autocontrollo. È provare a cambiare, spensieratamente, allegramente: e se il risultato non è soddisfacente, provarci di nuovo, tante volte quante ne servono. Sto invitando all’irresponsabilità? Non diciamo sciocchezze: la responsabilità è di chi comanda, di chi dirige, di chi guadagna molto più degli altri proprio perché incaricato di prendere decisioni o di farle rispettare. In sé la democrazia non è né responsabile né irresponsabile: è piuttosto un momento creativo, come quello dell’artista o dello scienziato che tentano nuove strade, nuove tecniche, con l’entusiasmo della sperimentazione.
Una democrazia paralizzata dalla dietrologia o dalla paura di cambiare non è democrazia. Una democrazia che si limiti a difendere la democrazia invece che a praticarla non è democrazia. Nell'attuale contingenza storica il pericolo di un’involuzione totalitaria è inesistente: chiunque vinca, ci saranno altre elezioni sufficientemente libere. I veri pericoli sono quelli della rassegnazione, dell’indifferenza, del conformismo, dell’autocensura, della rinuncia. Davvero: liberiamo la democrazia. Non votate quello che bisogna votare. Non votate quello che avete sempre votato. Non votate turandovi il naso, come suggeriva Montanelli ai tempi della DC e ripetono oggi altri intellettuali o presunti tali. Non astenetevi dal voto. Soprattutto non caricatevi delle responsabilità che spettano a chi governa: noi non governiamo. Perché altrimenti il voto sarebbe libero e segreto? Votate liberamente.