Sulla prima pagina del New York Times di ieri, la foto a colori di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Due papi molto diversi fra loro, fatti santi insieme nell’intento, spiega il giornale, di superare le divisioni della Chiesa e riconciliare la sua componente progressista con quella reazionaria. Come sempre, i media al servizio del capitalismo liberista vogliono far credere che il compromesso e la pacificazione siano neutri, super partes: lo scopo della democrazia non sarebbe insomma promuovere cambiamenti bensì lasciare le cose come sono. È la tipica visione conservatrice: tutto si equivale ed è rispettabile, destra e sinistra, individualismo e solidarietà, pregiudizio e ragione, miliardari e lavoratori, per cui nulla può essere fatto per modificare la situazione data e gli unici obiettivi accettabili sono l’ecumenismo e la tolleranza. Lo status quo viene così sacralizzato: qualsiasi critica a esso diventa un’eresia e qualsiasi ribellione un atto terroristico.
Ma Gesù aveva detto: “Sono venuto a dividere il figlio dal padre” (Matteo 10,35). A separare le generazioni, ossia a cambiare il mondo. Non nel senso di promuovere l’odio bensì di riconoscere che la conquista della giustizia e dell’eguaglianza possono solo avvenire attraverso la lotta, l’impegno. Provare a rinnovare la società implica inevitabilmente la creazione di una frattura fra chi aspiri a liberarsi dalle catene dello sfruttamento, della discriminazione e della miseria, e chi invece intenda mantenere a ogni costo i propri privilegi e le proprie abitudini.
“Non sono venuto a portare la pace ma la spada”: una frase poco citata dai buonisti, che preferiscono far credere che il conflitto sia un male in sé, come la rivoluzione; e che l’unica cosa buona o sensata da fare sia porgere l’altra guancia. No. La vera violenza non nasce dalla differenza o dalla divisione: al contrario, dalla forzata omogeneità di idee e comportamenti.
Mi pare che i discorsi e gli atteggiamenti di papa Francesco mostrino che anche lui sia consapevole che l’umanità non possa più permettersi rassegnazione e ignavia: che anche lui si renda conto che la passività nei confronti dei potenti e dei ricchi ci stia conducendo alla catastrofe ambientale e sociale, alla fine della civiltà. E tuttavia questa doppia santificazione mostra quanto sia difficile affrancarsi dall’ideologia del neocapitalismo, diffusa e resa egemonica dai suoi media. Purtroppo la Chiesa che ha proclamato santi Angelo Roncalli e Karol Wojtyla non è la Chiesa di Roncalli e neppure quella di Bergoglio: è la Chiesa liberista nata, come spiegava su Time nel 1992 un articolo di Carl Bernstein (uno dei due reporter del Watergate), dalla santa alleanza contro il socialismo stretta da Reagan e Giovanni Paolo II.
I quali, entrambi, avevano eccezionali capacità mediatiche e comunicative: ma indirizzate a un’enorme massa di singoli individui, solo momentaneamente riscattati dalla solitudine a cui li aveva costretti la sistematica distruzione delle loro comunità e soprattutto dei loro sogni di emancipazione collettiva.