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April 23, 2014
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La Sicilia come in un film con Totò

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Rosario Crocetta, presidente dela Regione Sicilia

Rosario Crocetta, presidente dela Regione Sicilia

Time: 5 mins read

La politica siciliana di questi giorni sembra il set di un film del celebre Totò. In realtà, sta andando in scena una tragedia economica e sociale. Ma le soluzioni adottate sono così assurde che fanno sorridere. La Sicilia – che, come ripetiamo spesso, è l’equivalente di uno Stato Usa, essendo una delle cinque Regioni autonome d’Italia – è al verde. A febbraio scorso ha approvato il bilancio di quest’anno, ma è un bilancio senza soldi. A svuotare le ‘casse’ della Regione ha pensato in parte il malgoverno della politica siciliana e, in parte, lo Stato italiano. 

Qui il punto non è semplice da chiarire. In Europa – questo i nostri lettori in America lo sanno – c’è l’austerità imposta dalla Germania della signora Angela Merkel. Tale austerità si riassume in un trattato internazionale – il Fiscal Compact – che l’Italia ha firmato nel 2012. In base a questo trattato, l’Italia deve versare ogni anno all’Unione europea circa 50 miliardi di euro all’anno. Così, almeno, si diceva fino a qualche settimana fa. Ora da Bruxelles hanno fatto sapere che, in effetti, il costo di questo Fiscal Compact, per l’Italia, ammonta a circa 7-8 miliardi di euro all’anno.

Detto questo, lo Stato ha scippato alla Sicilia 915 milioni di euro nel 2013 e un miliardo e 50 milioni di euro quest’anno. Questo doppio prelievo forzoso ha fatto saltare i conti della Regione siciliana.

Di fatto, la Regione siciliana è fallita. Letteralmente. Lo ha ammesso lo stesso Governo regionale quando ha spedito al Parlamento dell’Isola un dossier con un impressionante numero di aziende sanitarie che, nel 2013, pur avendo fornito beni e servizi alle strutture sanitarie siciliane, non sono state pagate. 

Il dossier è un po’ imbrogliato. Perché, in realtà, alcune di queste aziende sono già state pagate. Ci sono, però, da sostenere molti Comuni siciliani, in quasi fallimento (una decina sono già stati dichiarati falliti). E c’è da sostenere la stessa Regione che, come già ricordato, è al verde. 

Pensate: in Sicilia, in questo momento, ci sono intere branche della pubblica amministrazione senza soldi. E’ come se – per fare un esempio – in uno Stato degli Usa non ci fossero più i soldi per pagare alcuni servizi pubblici essenziali. Vero è che, da voi, molti servizi sono privatizzati rispetto all’Italia. Ma ci saranno pure sei servizi pubblici da voi, no? Ebbene, ipotizzate che le amministrazioni pubbliche che dovrebbero espletare questi servizi siano rimati al verde. 

Ecco, è quello che succede in questi giorni in Sicilia. Lo Stato, nel nome dell’austerità, si è preso 2 miliardi di euro in due anni. E ha lasciato una Regione senza soldi. Facciamo un solo esempio: se nei prossimi giorni dovessero andare a fuoco i boschi siciliani, i soldi per il servizio antincendio non basterebbero.   

In questi casi si dovrebbe dichiarare la bancarotta, che è già nei fatti. Ovvero la dichiarazione di dissesto finanziario, come previsto dalla legge italiana. Ma la dichiarazione di dissesto non c’è. E il perché è semplice: il Governo italiano teme che, dichiarando fallita una Regione come la Sicilia, le società internazionali di rating declassino ulteriormente il Belpaese. Quindi il dissesto finanziario si tiene nascosto: nascosto per modo di dire, visto che ne stiamo parlando. E visto che lo sanno tutti.  

Ma il bello non è questo. Il bello di questa storia è il tocco alla Totò che il Governo nazionale di Matteo Renzi e il Governo siciliano di Rosario Crocetta vorrebbero dare a questa storia. Ipotizzando una soluzione, per l’appunto, da film di Totò. Siccome all’appello manca circa un miliardo di euro, la Regione – secondo il Governo Renzi e il Governo siciliano – dovrebbe contrarre un mutuo di quasi un miliardo di euro per pagare i debiti! 

Attenzione: tutto questo con la certezza che, il prossimo anno, si riproporrà un indebitamento di un altro miliardo di euro. Perché lo Stato italiano, ormai intrappolato nell’euro, come stabilito dal Fiscal Compact – e come ha ricordato la signora Merkel a Renzi, appena qualche settimana fa – deve pagare, ogni anno, la ‘rata’ di questo assurdo trattato internazionale. 

Provate a immaginare una famiglia americana che, ogni anno, tra malattie dei congiunti, mutui e altri debiti, deve trovare 10 mila dollari, a prescindere dal reddito che riesce a produrre. Secondo voi è normale farsi prestare 10 mila dollari sapendo che l’anno successivo si riproporrà lo stesso problema e il debito salirà a 20 mila dollari? 

Nell’Italia del Governo Renzi e del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, questo discorso di pazzi viene considerato ‘razionale’. E infatti, nel Parlamento siciliano – l’Assemblea regionale siciliana che ha sede nel Palazzo Reale di Palermo – c’è già pronto un progetto di legge che prevede l’accensione di un mutuo di quasi un miliardo di euro! Con l’avallo del Governo nazionale di Matteo Renzi! A votare questa follia ci sono il PD, l’Udc, il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, Forza Italia e i deputati regionali vicini al presidente Crocetta. 

La Regione siciliana è amministrata da un Governo d centrosinistra. Passi che il Nuovo centrodestra di Alfano sostenga questo provvedimento, visto che a Roma fa parte di un Governo di centrosinistra. Stupisce che ad avallare questa follia sia anche Forza Italia, che in Sicilia dovrebbe stare all’opposizione. Il “sì” di Forza Italia sarebbe legato al fatto che molte imprese che sono creditrici verso la Regione sarebbero vicine al Partito di Berlusconi. Insomma: una vera e propria schifezza politica! 

Ricordate il film in cui Peppino e Totò volevano vendere la fontana di Trevi? Ecco, lo scenario è pressappoco lo stesso. Con il Governo regionale che dovrebbe indebitarsi di un miliardo di euro con la Cassa depositi e prestiti – una sorta di banca dello Stato italiano – con la ‘benedizione’ del Governo nazionale. 

La cosa ridicola è che la Cassa depositi e prestiti esiste sì per sostenere le pubbliche amministrazioni prestando denaro: ma deve prestare il denaro per sostenere gli investimenti di Comuni e Regioni (cioè le opere pubbliche), non certo per pagare la spesa corrente, cioè i debiti di ‘cassa’! Invece secondo il Governo Renzi e secondo il Governo regionale di Rosario Crocetta – con il voto del Parlamento dell’Isola – la Regione siciliana si deve indebitare di un altro miliardo di euro per pagare i debiti!

Già, perché la Regione siciliana è già fortemente indebitata. Ci sono già altri mutui per i quali la Regione paga oltre 500 milioni di euro all’anno. Questo nuovo, folle mutuo si andrebbe ad aggiungere ad altri mutui. Come i lettori americani possono notare, siamo alla pazzia! 

Se lo andate a raccontare in un qualunque altro Paese cosiddetto ‘industrializzato’, beh, si metteranno a ridere. Invece in Italia e in Sicilia questo prestito pubblico alla Totò viene dato come cosa fatta. 

Ah, dimenticavamo: chi pagherà la restituzione di questi soldi? Ovviamente i cittadini siciliani. Con una tremenda maggiorazione di Irpef e Irap. Già i siciliani – come buona parte degli italiani – non arriva alla fine del mese. Questa del Governo Renzi sarà la mazzata finale per la Sicilia. 

E’ stato calcolato che questi soldi dovranno essere restituiti in trent’anni. In pratica, i cittadini siciliani dovranno restituire quasi 2 miliardi di euro: un miliardo di sorte capitale e un miliardo di interessi. 

E meno male che il Governo Renzi deve risanare i conti dell’Italia…

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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