Non sono tanti i casi di crimine che hanno appassionato a livello internazionale quanto quello dell’assassinio di Meredith Kercher, la studentessa britannica di 21 anni che fu uccisa nel suo appartamento a Perugia sette anni fa. Giovedì, dopo sette anni di alti e bassi nei tribunali, i protagonisti di quella vicenda, la studentessa americana Amanda Knox, al tempo dei fatti coinquilina della vittima, e il suo ex fidanzato Raffaele Sollecito (che avevamo intervistato la scorsa estate in occasione di una conferenza sulla pena di morte all’ONU), sono stati giudicati colpevoli oggi dalla Corte d’Assise d’appello di Firenze. Il verdetto, raggiunto da due giudici e sei giurati è stato emesso dopo ore di consultazione, intorno alle 22 italiane.
La sentenza prevede 28 anni e sei mesi di reclusione per Amanda Knox e 25 più il divieto di espatrio per Raffaele Sollecito.
Al momento della lettura della sentenza Amanda si trovava a Seattle, la sua città natale, dove è tornata a vivere dal 2011. Raggiunta dalla telefonata del suo avvocato, pare sia sembrata scossa ma che non abbia pianto. Sollecito invece è andato in aula questa mattina, ma non era presente durante il verdetto.
Non è la prima volta che la Knox si trova di fronte all’accusa di omicidio, da quel 2007 quando questa brutta storia ha investito la città universitaria di Perugia. Amanda e Raffaele, infatti, dopo una sentenza del 2009 in cui furono condannati a 4 anni di reclusione, furono assolti e liberati nel 2011. In seguito la Corte di Cassazione ribaltò quella sentenza annullando il secondo grado di giudizio e aprendo le porte a un nuovo procedimento.
La sorella e il fratello di Meredith, Stephanie e Lyle, erano in aula durante la lettura della condanna, impassibili o forse semplicemente rassegnati. L’unico commento rilasciato dal fratello della Kercher ai giornalisti è stato: “Non è tempo di festeggiare. Capisco perché Raffaele e Amanda non fossero qua”. L’avvocato di Raffaele Sollecito, Giulia Bongiorno è apparsa invece ancora combattiva, e decisa a portare la decisione in Cassazione. “Questo processo è andato non bene ma benissimo. Perché è assolutamente vuoto di prove e di indizi. Crediamo di averlo dimostrato. Il fatto che questo sia stato l’esito allunga solo la fatica e la sofferenza di Raffaele” ha dichiarato poi l’avvocato.
Stessa linea per la difesa di Amanda: Carlo Dalla Vedova, uno degli avvocati dell’americana, aveva detto, già prima della sentenza, che qualunque fosse stato il verdetto, avrebbero molto probabilmente fatto ricorso. E dal momento che ci saranno altri gradi di giudizio, per ora sembra che Amanda non rischi una richiesta di estradizione da parte dell’Italia. Una cosa è certa: in questa vicenda non si può ancora scrivere la parola fine.