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January 13, 2014
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Finalmente la scorta per il procuratore aggiunto Teresa Principato

Giacomo Di GirolamobyGiacomo Di Girolamo
Al centro il Procuratore aggiunto Teresa Principato durante una recente conferenza stampa dedicata alle indagini per catturare Matteo Messina Denaro

Al centro il Procuratore aggiunto Teresa Principato durante una recente conferenza stampa dedicata alle indagini per catturare Matteo Messina Denaro

Time: 4 mins read

 

Dal giorno dell’operazione Eden – era il 13 Dicembre  – all’improvviso Matteo Messina Denaro, nella sua invisibile latitanza ormai ventennale, è tornato a riempire le pagine dei giornali. Si parla di lui, di chi indaga su di lui. Parlano le persone vicino a lui, per la prima volta, e netta è la sensazione che qualcosa sia cambiato e che forse i giorni di libertà per il boss che di se dice “con le persone che ho ucciso potrei farci un cimitero” sono davvero contati.

L’ultima notizia in ordine di tempo viene non da Lorenzo Cimarosa, cugino del boss che ha cominciato a “dissociarsi” dalla famiglia, mandando nel panico il clan a Castelvetrano, ma da alcune fonti investigative. Fonti presenti nel territorio, e che raccontano di grandi fibrillazioni a casa Messina Denaro – Guttadauro – Filardo, di un nervosismo sempre più palpabile.

E così, annodando i fili di qualche informatore, pare  che il boss latitante Matteo Messina Denaro starebbe cercando del tritolo per un attentato nei confronti del procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, che è la responsabile delle ultime indagini sulla sua latitanza.

Ora, Cimarosa ha detto che i Riina avrebbero chiesto di incontrare Messina Denaro a Dicembre. Negli ultimi tempi pare che Riina dal carcere abbia lanciato segnali di morte nei confronti del pubblico ministero che segue le indagini e il processo sulla “trattativa”, Nino Di Matteo. Unendo i puntini viene da pensare che anche i vertici di Cosa nostra abbiano ripreso la vecchia strategia “stragista”, quella che insaguinò la Sicilia e l’Italia negli anni ’80 e fino al ’92 – ’93, ma che comportò anche la fine dell’ala militare di Cosa nostra per la dura reazione repressiva dello Stato.

Ora, il fatto che Messina Denaro cerchi tritolo per Teresa Principato, così come il suo idolo Totò Riina  – che non a caso considerava da giovane Matteo il suo pupillo – lo cerca per Nino Di Matteo, fa pensare alcune cose.

Primo: a che cosa serve il 41 bis, cioè il carcere duro, ai limiti della disumanità, se a un boss del calibro di Riina è consentito di fare trapelare messaggi all’esterno in questo modo plateale? Questo dubbio magari andrà approfondito, prima  o poi….

Secondo: ma davvero quel che resta di Cosa nostra oggi  sarebbe in grado, con il suo capo ridotto al carcere duro, con Provenzano sepolto vivo, Messina Denaro latitante senza esercito, a mettere in piedi un “attentatuni”?

Non vogliamo qui minimizzare gli allarmi intorno alla sicurezza dei validi magistrati oggetto di minacce. E’ più facile pensare però che vengano messi in pericolo da un “colpo di coda” di qualche cane senza padrone della manovalanza mafiosa che da una precisa strategia militare della mafia. Messe così le cose, tra l’altre, il pericolo è più concreto perchè più imprevedibile.

Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro nell’immagine segnaletica ricostruita al computer dalla polizia

Comunque sia, la notizia è anche un’altra. Perchè Messina Denaro può minacciare Teresa Principato agilmente, dato che il magistrato che coordina le indagini sulla sua latitanza non ha scorta.  O meglio la riceve solo dopo le turnazioni.  Un pm nel mirino della mafia non è tutelato dallo Stato.

Per Franco Billitteri, segretario provinciale del sindacato di polizia Siap, “sono ormai tanti, troppi i tagli ai servizi di scorta e di indagine effettuati alla polizia di Stato”. “I poliziotti – racconta  Billitteri a La Repubblica – impegnati nelle scorte ai magistrati di Palermo lavorano in condizioni difficili, su auto blindate che nel migliore dei casi hanno già fatto 150 mila chilometri. Chi le ha queste auto, deve ritenersi fortunato, molti equipaggi non hanno neanche una vettura stabile a disposizione. E se l’auto non c’è, il servizio di scorta al magistrato non si può fare o viene ritardato. Bisogna allora attendere che si liberi un’auto, magari perché un altro magistrato quel giorno resta a casa o è fuori Palermo”.

Ma non è l’unica denuncia che lancia Billitteri. I soldi dello straordinario dei poliziotti che fanno le scorte non ci sono. “Si aspetta ancora il pagamento di molti arretrati del 2013. Tutto ciò finisce per demotivare i poliziotti, che da quattro anni aspettano il rinnovo del contratto nazionale”.

Solo dopo le minacce di Messina Denaro per Teresa Principato arriverà  una scorta. Oggi, lunedì 13 Gennaio, si è riunito a Palermo il Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica e ha disposto un potenziamento delle misure di sicurezza per il procuratore aggiunto di Palermo. Nessuna misura, invece, è stata presa per la tutela dei due pm che conducono le indagini per la cattura del capomafia, Paolo Guido e Marzia Sabella che, negli ultimi mesi hanno decapitato i vertici delle famiglie vicine al boss e arrestato alcuni suoi familiari.

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Giacomo Di Girolamo

Giacomo Di Girolamo

Sono nato nel '77, vivo in Sicilia occidentale, mi occupo di mafia, corruzione, tutela del territorio. Sono direttore della radio della mia città, Rmc 101, la più ascoltata in provincia di Trapani, e del portale Tp24.it. Conduco una rubrica, Dove sei, Matteo?, nella quale mi occupo di Matteo Messina Denaro, boss tra i più ricercati al mondo, su cui ho anche scritto il libro L'invisibile (2016). Nel 2012 ho pubblicato Cosa Grigia, libro-reportage sulla mafia che cambia. Nel 2014 ho scritto Dormono Sulla Collina. E poi "Contro l'antimafia" (2015), "La partita truccata" (2017). Il mio ultimo libro è stato pubblicato da Laterza e si chiama "Gomito di Sicilia".

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