Il venerdì successivo al Thanksgiving è la meno spirituale delle ricorrenze nel calendario americano e ogni anno mostra la faccia più vergognosa del Paese. La corsa all’affare dell’anno lascia spesso sul campo feriti e in alcuni casi addirittura morti. Dopo il pranzo del ringraziamento, le famiglie americane escono e si mettono in fila davanti alle più popolari catene di negozi, alcune delle quali hanno cominciato ad anticipare l’apertura al pomeriggio del giovedì, mentre l’usanza finora era di aprire a mezzanotte o alle prime luci dell’alba. All’apertura delle porte seguono immagini di pura follia. Una tradizione che, secondo recenti sondaggi, piace al 57 per cento degli americani.
Per questo black friday si aspettano 307 milioni di persone. In alcune città, già dallo scorso fine settimana, davanti ai punti vendita delle più famose catene, si sono creati accampamenti di gente in attesa del fatidico giorno. Per settimane, commercianti e impiegati della grande distribuzione si sono preparati alla ricorrenza. Alcune catene hanno lanciato campagne sui social media e forniscono applicazioni smart phone con le offerte di quest’anno. L’idea è di permettere ai consumatori di arrivare in negozio con le idee chiare, nella speranza di evitare la confusione. Ma a poco è servito: dalle prime ore di venerdì mattina i giornali hanno cominciato con il bollettino degli incidenti in giro per il Paese mentre su twitter l’hashtag del giorno è stato #WalmartFights con cui gli utenti hano postato foto e video di ordinaria violenza nei negozi Walmart. Si vede un consumatore buttarsi nella mischia con un’aggressività che sarebbe stata eccessiva anche a un incontro di wrestling, si vedono nasi sanguinanti, volano schiaffi e pugni, la polizia è costretta a intervenire.
Ma l’America, come sempre, ha due facce e, mentre i fanatici dello shopping hanno fatto il cenone del Ringraziamento in tenda pur di mettere le mani sull’ultimo telefonino, televisore o videogioco, un’altra parte del Paese dice no alla celebrazione del consumismo. Da ormai più di 20 anni, per la controcultura americana, il venerdì dopo Thanksgiving è Buy Nothing Day. Lanciata nel ’92 da Adbusters, la rivista canadese che diede il primo impulso a Occupy Wall Street, la giornata senza acquisti, si è diffusa in 65 Paesi (il Buy Nothing Day internazionale quest’anno ricorre il 30 novembre). Oltre ad astenersi dal comprare, Adbusters invita il popolo dell’anticonsumismo ad azioni dimostrative come tagliare pubblicamente le carte di credito e organizzare incursioni di zombie o cortei di carrelli vuoti nei centri commerciali. Molti i gruppi che stanno organizzando flashmob in diverse città.
Intorno a questa campagna stanno nascendo altre iniziative contro ll celebrazione del consumismo del black friday. Holstee, un sito di acquisti online sostenibili, ha lanciato il Block Friday, con cui invita a dedicare il venerdì successivo al ringraziamento a qualcosa di meglio dello shopping, qualcosa che abbia un valore reale, qualcosa che ci arricchisca o arricchisca il pianeta e le persone che lo abitano. È un modo per riflettere su ciò che si compra e diventare consumatori consapevoli. La campagna è nata due anni fa quando il sito annunciò la decisione di andare offline durante il Black Friday per permettere ai propri dipendenti di dedicare il giorno dopo il Ringraziamento agli affetti e alle cose che contano. Simile nei contenuti alla campagna di Holstee è l’iniziativa Buy nothing do something, ideata dall’organizzazione non-profit Story of Stuff Project (quelli della famosa animazione sul ciclo della produzione e dei rifiuti).
Infine, in risposta alla giornata nazionale del consumismo sfrenato, è nato un movimento per creare una giornata nazionale dell’altruismo, battezzata Giving Tuesday: martedì 3 dicembre si celebra la generosità.
Quest’anno, poi, il black friday è stato accompagnato da un’ondata di proteste. In circa 1.500 città in tutto il paese, si sono svolte manifestazioni contro Walmart, catena che più volte ha guadagnato l’onore delle cronache per un cattivo trattamento dei dipendenti e paghe bassissime. L’anno scorso Walmart, che è il più grande datore di lavoro degli USA, con 17 miliardi di dollari di profitto, aveva anticipato l’apertura dei suoi negozi al pomeriggio del Thanksgiving impedendo a decine di migliaia di dipendenti in tutta la nazione di passare la festività in famiglia. Quest’anno la catena ha addirittura deciso di non chiudere affatto per il Ringraziamento, scatenando l’ira delle associazioni. Il gruppo United for Respect at Walmart (OURWalmart) ha fatto sapere che l’ondata di proteste sarà “una delle più grandi mobilitazioni di famiglie di lavoratori nella storia americana”. I manifestanti chiedono trattamenti più umani, orari di lavoro meno stressanti e l’aumento dei salari. In alcune città ci sono stati disordini, momenti di tensione con la polizia e diversi arresti.
Walmart è un colosso tanto potente da riuscire a stabilire standard a livello mondiale nelle condizioni di lavoro. La sua politica di prezzi bassi e importazioni dalla Cina rappresenta un modello di business che danneggia le economie locali e che tra il 2001 e il 2006 ha provocato la perdita di 200.000 posti di lavoro negli USA. Le proteste contro Walmart stanno ricevendo supporto da moltissime organizzazioni e questa è forse l’America migliore.