Il mar Mediterrano continua a sembrare sempre più un cimitero. Secondo il ben informato blog Fortress Europe, “dal 1988 ad oggi sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 19.372 persone”. Una strage continua. Solo negli ultimi dieci giorni, tre sono state le tragedie in mare: la prima a mezzo miglio marittimo dalle coste di Lampedusa, la seconda nelle acque maltesi, la terza in quelle egiziane. In tutte, il mare si è portato via la vita di migranti che cercavano protezione umanitaria in Europa.
Un “mare di teste” è il racconto dei soccorritori, con centinaia di persone che rimangono intrappolate nelle barche, che non riescono a nuotare, che dopo aver combattutto contro l'acqua affogano senza avere più forza. Uomini, donne e bambini che avevano accettato l'idea di rischiare la vita per cercare un posto sicuro dove stare.
“Morto sono già morto”, ha detto un siriano a Lampedusa a un collega della Rai: in pratica accettare l'idea della morte dopo averla già vissuta nella propria terra a causa della guerra.
Gli occhi dei sopravvissuti raccontano tanta paura e quasi un senso di colpa per avercela fatta, mentre i compagni di viaggio sono morti. Le storie che si accavallano, le famiglie che cercano informazioni dei proprio cari da mezza Europa e che in troppi casi ricevono la notizia della morte del proprio figlio, fratello, madre. Con un'isola, Lampedusa, che vive drammi e felicità, tensione e tristezza, esasperazione e rabbia.
Bisogna fare chiarezza: dal primo gennaio a oggi sono circa 30mila i migranti arrivati in Italia, ovvero non un numero emergenziale. Ma nel confine sud dell'Europa chi arriva rischia in mare e la tragedia è sempre dietro l'angolo. Ogni minuto, ogni ora, ogni giorno c'è un barcone malandato che potrebbe salpare dall'altro lato del Mediterraneo affrontando un mare pieno di insidie e di rischi. Questa è la prima specificità a cui fare fronte. E poi il fatto che questa migrazione è fatta di persone che si muovono dalla propria terra a causa di guerre e regimi durissimi e quindi hanno diritto alla protezione umanitaria. Il conflitto siriano, l'instabilità in Egitto e in Libia, le violenze nel Corno d'Africa: è chiaro che i flussi migratori sono frutto di tutte queste situazioni di crisi, di violenza e di morte.
E' per questo che bisogna dare una svolta a come l'Italia e l'Europa si comportano nei confronti dei migranti. Ci sarebbe forse bisogno prima di tutto di rivedere la legislazione. Dire addio alla politica dei respingimenti e al reato di immigrazione clandestina in Italia, come al reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina che rischiano tutti quelli che aiutano i migranti in difficoltà. Ma soprattutto forse ci sarebbe bisogno di un serio dibattito europeo su “Dublino 2”, quel regolamento secondo il quale i migranti che chiedono asilo non possono più muoversi dal paese nel quale hanno fatto richiesta. In pratica un modo per cancellare la libertà di movimento nell'Ue e demandare la questione immigrazione esclusivamente agli stati europei che si affacciano sul mar Mediterraneo.
Ma non basta. All'ordine del giorno non ci può essere solamente come rifinanziare Frontex nel controllo delle frontiere. Deve essere messo all'ordine del giorno un piano di accoglienza comunitario serio e concreto: dal 1988 viviamo i flussi migratori e ancora oggi non c'è un metodo di accoglienza comune. E poi, come più volte chiesto dalla Croce Rossa Italiana, c'è bisogno di corridoi umanitari e di pressione internazionale per avere accesso umanitario in tutte le zone di conflitto. E ovviamente una lotta senza quartiere ai trafficanti di uomini.
Invece di ragionare in termini di emergenza, si deve iniziare da un piano di azione condiviso e solidale. Con un occhio a una grande rivoluzione culturale che sappia combattere demagogia, populismo, xenofobia e soprattutto sappia zittire chiunque soffia sul fuoco delle tensioni sociali in tempo di crisi economica.
Twitter: @TDellaLonga