Secondo i due politologi americani Frank Baumgartner e Bryan Jones, la crisi della politica che sta attraversando gli Stati Uniti e molte nazioni europee come l'Italia, é il sintomo di una profonda trasformazione epocale che mette in discussione le stesse fondamenta filosofiche e istituzionali delle democrazie occidentali.
Nel corso di un intevento dei due studiosi alla Long Now Foundation di San Francisco, Jones e Baumgartner hanno definito “fuorviante” il lungo periodo di relativa stabilitá e di crescita che ha caratterizzato la storia dell'Occidente dal Dopoguerra ad oggi. “Ció che é accaduto nel corso dell'ultimo mezzo secolo ci ha spinto a pensare che, visto il livello di sviluppo che abbiamo raggiunto, i cambiamenti socio-politici siano divenuti intrinsecamente graduali e, perció, per lo piú indolori – hanno dichiarato i due studiosi – Ma in questo modo rischiamo di commettere un grosso errore di valutazione perché un periodo di cambiamenti piú profondi, radicali e anche violenti potrebbe essere dietro l'angolo. Soprattutto considerando molti fenomeni che sono giá in atto, come quello dei mutamenti climatici del pianeta o delle migrazioni di massa dai paesi in via di sviluppo a quelli industrializzati”.
La teoria, che i due politologi chiamano “Punctuated Equilibrium”, vede questi momenti di relativa calma e stabilitá, come quello iniziato nel Dopoguerra, come l'eccezione piuttosto che la regola e sono convinti che esistano, all'interno delle societá, dei focolai di pressione che si accumulano nel tempo fino ad esplodere in seguito ad episodi anche apparentemente insignificanti. “Chi avrebbe mai pensato ad esempio – ha dichiarato Baumgartner – che il gesto diperato di un venditore ambulante in Tunisia che si dá fuoco per protestare contro la corruzione dilagante innescasse una rivoluzione come la cosiddetta 'primavera araba' ?”
Anche nel caso specifico degli Stati Uniti, secondo i due, la situazione é giunta ad un punto in cui, c'é bisogno di profondi mutamenti strutturali nel modo di concepire e fare politica, un processo che ha perso del tutto il suo ruolo propositivo ed é divenuto ormai puramente “reattivo”: intrappolato tra l'apatia di un elettorato distratto, disinformato e perció facilamente malleabile; gli interessi estremamene specifici di quei poteri forti che influenzano il processo decisionale e una classe politica il cui obiettivo principale é quello di conservare la poltrona e che perció agisce guardando esclusivamente al breve periodo, senza alcuna visione di lungo termine e senza alcun coraggio di proporre soluzioni radicali e trasformative.
“C'é bisogno di agire secondo linee politiche nuove ed innovative – ha dichiarato Bryan Jones – invece i politici in America, ma anche in molti paesi europei, rispondono solo a ció che le loro rispettive basi pretendono non a ció di cui c'é veramente bisogno e queste societá restano cosí imbrigliate da forze inerziali che escludono ogni possibilitá di un vero cambiamento”.
Sempre secondo i due studiosi, l'America é una nazione nata con lo scopo di proteggere sé stessa da possibili eccessi autoritari di stampo europeo, siano essi l'assolutismo monarchico dei secoli scorsi o le dittature di destra e sinistra di tempi piú recenti. Questa importanza attribuita ad un'autentica rappresentativitá democratica, ha svolto finora svolto una funzione positiva ma é divenuta ormai obsoleta ed inadatta a rispondere alle sfide del ventunesimo secolo. “La nostra costituzione ci protegge dalle possibili tentazioni autoritarie dei nostri presidenti ma, al momento, il problema é l'opposto: ció che abbiamo é un presidente la cui azione é inibita dagli sforzi di un'opposizione il cui obbiettivo é solo ed esclusivamente quello di tornare al potere non di amministrare la nazione. Persino al Senato, dove i Democratici detengono la maggioranza, i Repubblicani esercitano un effettivo potere di veto (attraverso il processo noto come “Filibuster” n.d.r.) che neutralizza ogni possibile iniziativa assicurando cosí la paralisi legislativa”.
In questo modo, secondo Jones, si verifica ció che la filosofa Hannah Arendt chiamava “Il Governo di Nessuno” vale a dire l'assenza di un effettivo controllo e di un effettivo potere decisionale da parte di chicchessia, una situazione il cui corollario naturale é anche una generalizzata mancanza di responsabilitá.
Sempre secondo Baumgartner e Jones “l'America e le societá occidentali in genere ormai, vanno avanti per inerzia. A chi spetta pareggiare i bilanci disastrati dello stato? Ai politici i quali peró non vogliono fare nulla che possa compromettere la loro popolaritá e le loro prospettive elettorali e, in alcuni casi, come gli Stati Uniti, anche volendo non possono far nulla perché i budget statali sono giá pre-assegnati in base a decisioni politiche prese anni fa, cristallizzatesi nel tempo e divenute ormai intoccabili”.
Sia in America che in Europa, il patto socio-politico, si é basato per anni sull'elargizione da parte dello stato di servizi e privilegi ai cittadini. Ora che questa situazione é divenuta ormai insostenibile, non esistono i meccanismi per consentire al potere pubblico di riprendersi alcune di queste concessioni e di formulare un nuovo patto sociale. “Malgrado l'enorme disavanzo pubblico di questi anni, la classe politica americana non riesce neanche ad eliminare quei sussidi concepiti decenni orsono e che sono ora completamente inutili o dannosi come quelli all'agricoltura o all'industria petrolifera che negli ultimi tempi ha realizzato profitti astronomici. Ma il problema – hanno continuato i due politologi – non é solo americano”.