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July 1, 2013
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La NSA e la scoperta dell’acqua calda che diventa bollente

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

In Europa e nel mondo è scoppiato lo scandalo che non c’è.  E’ la scoperta che anche l’acqua calda può ottenere le prime pagine dei giornali. Parliamo della “notizia” sulle attività di spionaggio della NSA statunitense che da tre settimane riempiono le pagine dei giornali, dopo lo “scoop” che il britannico The Guardian avrebbe fatto grazie ai racconti del “traditore” (o “eroe” a secondo i punti di vista) Edward Snowden.

The Guardian è un giornale inglese, che si era stancato di essere solo britannico. Vuole cambiare, vuol essere una testata “global”. Infatti nell’ultimo anno da Londra il Guardian ha trasferito a New York e Washington, decine di giornalisti, praticamente formando una seconda redazione centrale in Nord America. E’ convinto che il mercato americano offra nuove opportunità  ad un giornalismo meno compassato dell’old lady New York Times. Così da un po’ The Guardian cerca particolari attenzioni negli USA e, infatti, copre meglio e più di tutti il processo al soldatino Bradley Manning,  colui che ha fornito a Wikileaks  i file con i segreti USA in Iraq e Afghanistan e i documenti delle ambasciate e che ha fatto ammattire la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato.

The Guardian, che aveva bisogno di farsi largo negli USA, andava anche di fretta. E così fiuta e si butta su uno scoop che, almeno in America, molti giornalisti sapevano già ma di cui nessuno scriveva. Forse perché i panni sporchi si lavano in famiglia? No, semplicemente perché queste notizie erano uscite già negli ultimi dieci anni e non avevano provocato un granchè di proteste (leggete l’ottimo riassunto messo su da ProPublica). Anche perché, come avevano spiegato articoli usciti, pensate un po’, anche sul New York Times, tutto avveniva in segreto, ma a quanto pare legalmente. Insomma la NSA spiava anche gli americani ma lo faceva grazie alle leggi antiterrorismo che avevano spinto il Congresso a dare il via libera a quel Patriot Act che, per la maggioranza dei cittadini USA, rappresenta finora il male minore. Quindi quello che racconta Edward Snowden al Guardian che passa come uno scoop, che la NSA  non spiava solo gli stranieri ma controllava anche gli americani, leggeva i loro chat nei social network, grazie anche alla collaborazione un po’ troppo spontanea di Facebook e Google, lo sapeva già anche The New York Times. Come lo sapeva qualunque giornalista che deve leggere per mestiere più del cittadino medio. Solo che non ci facevamo “lo scoop”. Sbagliavamo? Sicuro, visto che The Guardian, grazie anche alla spalla di Snowden, è riuscito a far passare da grande scoop ciò di cui tutti sanno. C’è una agenzia del governo USA, la NSA, che potenzialmente ci spia. Tutti. Lo fa mentre cerca i terroristi. Big deal! Lo sapevamo tutti ma non ce lo dicevamo. Tanto di cappello al Guardian che ha saputo trasformare l’acqua calda in scoop!

NSA, “No Such Agency”, questa agenzia non esiste… Così veniva soprannominata per anni la National Security Agency, l’agenzia di  spionaggio USA più grande del mondo. Ma quel “profilo basso” avuto durante la Guerra Fredda, quando si lasciava la vetrina della notorietà alla CIA nei film e romanzi per distogliere l’attenzione dalla NSA, ormai è sparito. Tutti coloro che lavorano in certi ambienti, dai corpi diplomatici, alle istituzioni internazionali, agli accademici nei think tank, ai giornalisti  di esteri, tutti conoscono benissimo cosa è e soprattutto a cosa serve la NSA. La NSA è, fin dagli inizi degli anni Cinquanta, il grande orecchio americano nel mondo. Con sempre più sofisticate teconologie, attraverso i satelliti e poi sempre più potenti computer, la NSA può vedere e sentire ovunque nel mondo. La NSA intercetta e decritta messaggi. Che poi riesca sempre a capire e interpretare cosa vede e sente, questo è un altro discorso. Ma allora ci chiediamo, ormai da circa tre settimane mentre osserviamo “lo scandalo” da New York, cosa ha veramente “scoperto” lo scoop del Guardian?

Attenzione, bisogna non far confusione, tra le prime rivelazioni fatte da Snowden al Guardian sulle telefonate, le email e i social network messi sotto osservazione dalla NSA, la cosidetta operazione Prism che coinvolge potenzialmente milioni di cittadini americani, e quelle ultimissime che avrebbero, ma guarda un po’, “rivelato” che Washington attraverso la NSA spia i diplomatici e i negoziatori di paesi amici europei, come anche l’Italia. Ma davvero? Gli americani che spiano gli amici? Ma come si permettono…

Ma c’è qualcuno che crede che le nazioni spiano solo i nemici? Anche gli alleati, giammai sarebbe uno scandalo, come ci dice ora un ministro tedesco? Ma quando mai nella storia! Per Israele gli Stati Uniti sono sicuramente l’alleato più fidato, ma in passato Israele ha spiato gli USA e, siamo certi, continuerà in futuro. Come siamo certi che gli USA, grazie alla NSA, avranno spiato più volte il governo israeliano. Basta con le ipocrisie quindi. Se nella vita molti credono che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, nelle relazioni internazionali fidarsi è male e non fidarsi è ovvio, è la regola degli stati. Churchill spiava Roosevelt che spiava Churchill. Ma spiare non significa per forza voler il male del soggetto spiato. Più spesso è una semplice questione di autodifesa, assicurarsi che chi “tratta” voglia o possa fare quello che si spera faccia.

Avete presente un marito geloso che fa pedinare la moglie… Le nazioni non sono diverse dagli uomini gelosi. Per fidarsi, stringere rapporti più stretti, vogliono verifiche. E spiare, collezionare intelligence fa parte di questo processo di verifiche. A “scatola chiusa” compro solo Arrigoni, diceva una fortunata pubblicità di  qualche secolo fa. Bene, senza intelligence nelle relazioni internazionali non si compra nulla e non si firma niente, altro che trattati transatlantici.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra, diceva circa duemila anni fa un profeta con risorse di intelligence in alte sfere. Assolutamente una informativa da applicare allo pseudo scandalo delle spiate NSA all’Europa. Ma secondo voi, la Francia spiava solo Gheddafi? O spia adesso solo  Assad?  Mai spiata, che so, Angela Merkel? O un ambasciatore di Obama a Parigi?  E cosi ricambieranno anche i tedeschi. E l’Italia? Certo che spia, o almeno ci prova. Con governi che cadono ogni sei mesi, magari a Roma non si sa perché e per chi si spia, ma questi sono dettagli.

Basta con l’ipocrisia e andiamo invece al nocciolo. Che non è certo la scoperta dell’acqua ormai tiepida che sì, ci sono le spie nel mondo perchè tutte le nazioni, nemiche e amiche, cercano di ottenere un competitive advantage sulle altre servendosi di informazioni di intelligence. Il nocciolo è che mentre i governi di queste nazioni, tramite le loro agenzie, si spiavano a vicenda ma non raccontavano mai in giro quello di cui venivano a conoscenza – serviva solo al loro vantaggio per certe trattative, sia commerciali che strategiche – ecco che dall’avvento dell’internet in poi, con l’emergere di organizzazioni tipo Wikileaks, anche noi cittadini veniamo a sapere di certi “segreti”. E questo fa proprio imbestialire gli spioni e gli spiati. Non è il fatto che ci siano queste spie, che tutti hanno, ma che di colpo le informazioni che raccolgono vengano poi date in pasto alle opinioni pubbliche mondiali tramite questa “infernale” rete che nessuno riesce più a controllare.

La questione sta tutta qui. Ma figurarsi se il governo francese, o tedesco o italiano non sappia che la NSA ci ha provato ad ascoltarli e ancora ci tenterà. Il problema è che sono tutti terrorizzati che ora certe informazioni riservate, vadano a finire sulle colonne dei giornali, ovviamente on line. E’ questo che li terrorizza. E’ questo che ora li fa infuriare contro gli americani della NSA. Come per dirgli: Stupidi! Ci spiate e pazienza, ma poi come vi permettete a farvi rubare dalla rete i nostri segreti!

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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