È stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Dopo tante false speranza, mille ripensamenti e scherzetti dell'ultimo minuto sembra che finalmente l'estate sia arrivata anche a New York. E te ne accorgi dai piedi. Appena spunta un raggio di sole ecco che i newyorchesi si inciabattano. Sì, letteralmente. Perché a questo popolo dalle mille qualità sembra che nessuno abbia mai spiegato la differenza tra una scarpa e una ciabatta. Per loro sono la stessa cosa. E così capita che in stimabili negozi di calzature si vedano in bella mostra eleganti sandaletti di pailettes affiancati a vere e proprie ciabattazze di plastica. Niente da fare: il newyorchese non vede la differenza. E quelle che per noi reazionari dello stile sono pantofole da casa, ciabatte da piscina o al massimo infradito da mare, per loro diventano senza alcun problema accessori della vita metropolitana, da indossare per passeggiare in città, andare sulla metro o addirittura a lavoro. Così capita di vedere spuntare, sotto a un business attire, un vestitino alla moda o un tailleur, piedi calzati da coloratissima gomma che non può che essere definita per quello che è: ciabatte, appunto. Abbinamenti bizzarri da far accapponare la pelle a chiunque sia nato e cresciuto su italiche sponde e che con quelle cose ai piedi non andrebbe nemmeno dal panettiere, figuriamoci a teatro. Ma tant'è, questa è New York e dall'altra parte dell'oceano bisogna sospendere il giudizio.
I piedi non sono l'unica parte anatomica a farsi spazio nella folla urbana ai primi caldi. New York con l'estate diventa un'esplosione di corpi in mostra. Ce n'è da far felice l'uomo mediterraneo, penserete voi. Ma vi sfido a restare felici quando a esporre le carni sono individui che di carni ne hanno in tale surplus da occupare tre sedili della metro e poi a voi tocca ricavarvi un angusto spazietto tra un sedere a l'altro e stare coscia a coscia con queste immense nudità. Lo so, non è per niente politically correct farsi scherno delle big people (guai a deifinirli “fat”) ma questa è una città sovraffollata ed è questione di sopravvivenza: o voi o me. E quando la big woman di turno decide di indossare dei pantaloncini che starebbero aderenti anche a Kate Moss, allora forse se l'è un poco andata a cercare. O no?
Ma questa è la città delle libertà. E il corpo vuole la sua parte, senza regole e senza pudori. Pare che ci sia addirittura una legge che consente di girare per la città di New York in topless. Sembra che sia nata da un'esigenza di parità di genere: se gli uomini possono tranquillamente girare a torso nudo perché le donne devono costringersi dentro una maglietta? L'estate scorsa mi è capitato di vedere una ragazza che — immancabili ciabatte ai piedi, gonnna scozzese e borsetta — se ne andava a passeggio per 14th street dondolando i suoi nudi seni. A chi, stupito, la guardava o le ammiccava, la ragazza rispondeva con sguardo stizzito. Il giorno dopo i giornali riportavano la notizia raccontando che la giovane donna era stata avvicinata dalla polizia che però avevo dovuto lasciarla andare, proprio in forza della suddetta legge.
Con o senza seni nudi, l'estate newyorchese è tutta un fermento. La gente, già normalmente poco portata a restarsene nei minuscoli e soffocanti appartamenti tipici della Grande Mela, si riversa tutta per strada, nei parchi, sul lungo fiume, nei locali all'aperto, nei rooftop bar. Di restarsene a casa non ne vuole sapere. Chi non si può permettere di meglio, si siede sui gradini davanti al portone o piazza qualche sedia sul marciapiede. Basta essere fuori, all'aperto, dove c'è aria, c'è vita, c'è estate. La città si sveste, si butta in strada e dà il meglio di sé.
E ora scusatemi, ma non posso stare un altro minuto seduta a questa scrivania, devo correre fuori, devo andare a vivere l'estate di New York. Ma prima mi metto ai piedi un paio di sandali degni di questo nome.