Civitella, Cornia, San Pancrazio, Grizzana, Marzabotto, Fosse Ardeatine. Sono state 15mila le vittime delle oltre 400 stragi naziste compiute in Italia tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. I loro carnefici qualche giorno di carcere lo hanno fatto. Ma la Germania di oggi non deve pagare risarcimenti alle famiglie decimate dalle fucilazioni e dalle rappresaglie delle squadracce hitleriane.
A stabilirlo è stata venerdì, con sentenza inappellabile, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, massimo organo giudiziario dell’Onu.
Il presidente del tribunale, il giapponese Hisashi Owada, ha impiegato 80 minuti per leggere il dispositivo di una decisione che condanna l’Italia per “non avere riconosciuto l’immunità” garantita a Berlino dal diritto internazionale. Il punto di diritto è uno, inequivocabile: non c’é continuità fra il Terzo Reich e la Repubblica Federale Tedesca, messa al riparo da richieste di risarcimento dalla ‘Convenzione per la soluzione pacifica delle controversie’ adottata dai membri del Consiglio d’Europa il 29 aprile 1957, ratificata dall’Italia il 29 gennaio 1960 ed adottata dalla Germania il 18 aprile 1961. “Rispettiamo la sentenza”, ha commentato il capo della diplomazia italiana, Giulio Terzi, sottolineando però “il riferimento che la Corte fa all’importanza di negoziati tra le due parti per individuare una soluzione”.
A Berlino hanno tirato un sospiro di sollievo per la sentenza. “Un giudizio importante per la Germania e l’intera comunità internazionale”, l’ha definito il ministro degli Esteri Guido Westerwelle. “Non è contro le vittime del nazismo”,
la cui “sofferenza” è “già pienamente riconosciuta dal governo tedesco”, ha aggiunto prima di sottolineare che la causa intentata dalla Germania contro l’Italia “non intendeva relativizzare o mettere in dubbio le responsabilità” per i crimini della Seconda guerra mondiale e che comunque “tutte le questioni inerenti a questo giudizio” saranno valutate “nello spirito di relazioni bilaterali strette e di piena fiducia”.
Apertura al dialogo, quest’ultima, tutta da valutare. In Italia la sentenza ha provocato “amarezza e dolore”, nelle parole del vicepresidente del Senato Vannino Chiti. L’ex ministro degli Esteri Frattini l’ha definita “una frustata”. Per il Pd è stato “un insulto all’Italia L’Anpi ha chiesto che “non cessi la ricerca della verità”. E l’associazione dei familiari delle vittime degli eccidi di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e zone limitrofe ha chiesto che “si apra velocemente un confronto”, denunciando che “l’occultamento dei fascicoli nell’armadio della vergogna’” e “la negazione della giustizia per una ‘ragione di Stato’”.
Il contenzioso tra Italia e Germania è cominciato nel 2004, in seguito al “caso Ferrini”, dal nome di uno degli ‘schiavi di Hitler’, deportato nel 1944 ed obbligato ai lavori forzati. In quel caso la Germania aprì un negoziato per il risarcimento.
Ma è passata al contrattacco portando l’Italia davanti alla Corte Onu nel 2008, dopo che la Cassazione – il 21 ottobre – la riconobbe ‘mandante’ dei militari nazisti che il 29 giugno 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando un colpo alla nuca di donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese. Dopo quella sentenza altri 80 casi si sono aperti. E la Grecia si è associata al dibattimento dell’Aja perché un suo tribunale nel 1997 aveva condannato la Germania a indennizzare i familiari di 218 vittime del massacro di Distomo del 10 giugno 1944.
Per la Corte dell’Aja, tuttavia, nessun argomento diluisce il diritto all’immunità conquistato mezzo secolo fa dalla Germania di oggi. Tanto che la sentenza “invita” l’Italia a scrivere una legge “o a ricorrere a qualsiasi altro metodo a sua scelta” per far sì che “siano prive d’effetto” le sentenze risarcitorie già emesse dai tribunali italiani.