A volte hanno nomi impegnativi (Clordiazepossido cloridrato), a volte trasportano la mente nelle reminiscenze naturali (Achillea, Timo Tarassaco) o scientifiche (zinco, solfo alcalino), a volte hanno nomi esotici (Cascara). Il più delle volte rappresentano complicati rompicapi da decrittare per i pazienti alle prese con una cura farmacologica. Sono le “molecole” che compongono le medicine della nostra vita quotidiana, e sono i prodotti in lista d’attesa dell’autorizzazione all’immissione in Commercio (AIC) da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco. Sono anche i cardini di una battaglia che da anni viene condotta per permettere ai cittadini di accedere al farmaco senza passare attraverso le forche caudine della “firma”: la battaglia per il farmaco equivalente.
Il 2011 ha visto molte piazze italiane protagoniste della campagna di sensibilizzazione nei confronti del farmaco generico. Si tratta di un cambio radicale della cultura farmacologica italiana, una strada alternativa che a partire dal 1965 (direttiva CEE n.65/65 sui medicinali) si è snodata tortuosamente attraverso i mille cavilli burocratici per arrivare al concetto finale legiferato con il DL 323 del 20/06/1996.
“Medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da certificato protettivo complementare, identificato dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare AIC, che sia bioequivalente rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata con la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche”. Questa la definizione completa che accompagna il cammino dei farmaci generici sui banchi delle farmacie. E che in tempi bui come gli attuali rappresentano una delle poche forme di risparmio ancora possibili per il consumatore, cui viene data facoltà di optare per prodotti aventi un prezzo inferiore di almeno il 15% rispetto a quello del farmaco “altisonante”, con punte che possono però toccare anche punte del 40%.
Un risparmio non indifferente in cambio di un prodotto che di quello originale mantiene tutti i requisiti spogliandosi soltanto del brevetto. E che sulla confezione riporta il nome della chimica generica e non quello del marchio (ad esempio DIAZEPAM al posto del nome VALIUM). Il brevetto rappresenta in effetti la vera anima di un mercato mondiale caratterizzato da cifre stratosferiche, e il punto di partenza del cammino che porta una molecola negli armadietti dei medicinali delle case di tutto il mondo.
I principi attivi (ovvero le molecole che incidono specificatamente sulla fisiologia umana) scoperti nei laboratori di ricerca vengono coperti da un numero (brevetto) che può essere commercializzato solo dall’azienda che ne detiene la patente. Tale farmaco pertanto viene commercializzato in un mercato che ha carattere di monopolio e tutelato per un tempo che va dai 10 ai 20 anni. Tale lasso di tempo serve a risarcire l’azienda dalle spese di ricerca sostenute in almeno 10 anni (tale il tempo necessario per mettere a punto un nuovo farmaco). Contestualmente, all’atto della richiesta di registrazione (AIC) al Ministero della Sanità, l’azienda deve consegnare tutta la documentazione degli studi effettuati (in vitro, su animali, su volontari) garantendo che il nuovo farmaco non sia tossico e sia più efficace rispetto ad altri già in commercio.
Tutto questo decade per il farmaco generico, considerato tale quando in sé contiene un o più principi attivi il cui brevetto sia scaduto (legge 425/96). E per l’autorizzazione basta richiedere la prova di bioequivalenza, prima di immettere il prodotto sul mercato. L’azienda che pertanto vorrà produrre i farmaci generici avrà molte spese in meno ma l’obbligo di vendere il prodotto a un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del marchio di riferimento. In termini economici, la commercializzazione dei farmaci generici, in uno studio comparativo con l’esperienza europea ha prodotto i seguenti numeri: considerando che il 30-40% dei farmaci prescritti dai medici è un prodotto generico, considerando altresì il minore costo degli stessi per una media del 20-30%, calcolando la perdita dei brevetti in un arco di tempo pluriennale, nel 2014 si dovrebbe arrivare a un risparmio, per il Sistema Sanitario Nazionale, che fra i 140 e i 280 miliardi.
Numeri importanti in un Paese che sempre più dovrà fare i conti con la razionalizzazione sanitaria, laddove per anni hanno scialato torme di esperti capaci soltanto di depredare e collassare la rete dell'assistenza ai pazienti.
«In Italia – ha spiegato Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici – attualmente solo il 12% dei farmaci dispensati sono equivalenti, percentuale molto bassa se confrontata al 505 della Germania e al 70% della Gran Bretagna. C'è ancora diffidenza verso questi farmaci. Non tutti sanno che l'alta qualità di questi medicinali a costi contenuti, permette un risparmio medio del 55% rispetto ai farmaci originali. Nei prossimi anni la quasi totalità delle molecole sarà fuori brevetto e ci sarà quindi la possibilità di avere il farmaco generico corrispondente, la cui produzione innescherà una sana competizione tra aziende che permetterà di avere prodotti di alta qualità a prezzi sempre più contenuti».
Una strada obbligatoria, quella che conduce all'abbraccio nei confronti di prodotti dallo stesso valore farmacologico ma dal costo decisamente interessante. In campo ospedaliero è già in atto una prima rivoluzione dovuta all'introduzione dei farmaci biosimilari, ovvero farmaci biotecnologici a brevetto scaduto prodotti con tecnologie avanzate.
«Il biosimilare – precisa ancora Foresti – rappresenta una nuova e moderna opzione terapeutica a disposizione del medico cui spetterà la scelta del migliore trattamento possibile per il paziente».
Il mercato dei farmaci generici pone ora le Statine (HMG-COA REDUTTA), i Biguanidi Semplici, i Diuretici dell’Ansa semplici, le Penicilline ad Ampio Spettro Orali, gli Ace-Inibitori + A-Iper/Diuter., i Calcio-Antagonisti Semplici, i Beta-Bloccanti Semplici, gli A/Reumatici Noster. Semplici, gli Ace-Inibitori Semplici e gli Inibitori Pompa Acida al vertice della classifica del fatturato.
Una classifica che nei prossimi anni sarà sempre movimentata sempre di più da medici e cittadini attenti al risparmio, senza sacrificarne la qualità.