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November 15, 2011
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L’INDRO/ Tempi tecnici di ripresa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

 

Dopo l’euforia diffusasi anche qui a New York per le dimissioni di Silvio Berlusconi, eccoci tornati alla realtà: lo spread risale e negli Stati Uniti si riguarda all’Italia con pessimismo. Perché cosí presto? Non è piú possibile ottenere ‘la botte piena e la moglie ubriaca’, cioè un governo che dia fiducia ai mercati e allo stesso tempo ridare credibilitá all’Italia tale da metterla in grado di far funzionare la sua democrazia.Dopo il week end di festa per le dimissioni di Silvio il terribile, tra chi osserva d’oltreoceano si nota che congelare la democrazia é sempre un segnale di debolezza da parte di un paese : il carattere di urgenza, cioé il governo ’straordinario’ deve durare il meno possibile.

Cercando di ragionare senza cadere nella trappola per cui la guarigione dalla ‘berlusconite’ valga qualunque soluzione, del varo del goveno Monti si potrà essere grati casomai, ma di certo non fieri. Da come si é ridotta la politica in Italia, si capisce che in questo momento il direttore della Bocconi rappresenta la speranza di evitare la catrastrofe: ma non esageriamo con la programmazione di feste prolungate. Il governo di ‘emergenza nazionale’ è una necessità, ma la democrazia italiana dovrà farsi subito un esame di coscienza, espiare i suoi peccati e ridare al piú presto la possibilità ai cittadini di scegliersi un governo attraverso le elezioni. Solo cosí l’Italia potrá riottenere quella fiducia internazionale per salvare non solo se stessa, ma l’intera Europa.

Dagli USA fa una certa impressione vedere la nascita di un governo ‘tecnico’, cioè non scelto attraverso le elezioni. I sistemi sono totalmente diversi, é vero, in Italia si governa solo dopo aver ottenuto la fiducia del Parlamento: ma negli ultimi anni, sia Berlusconi che Prodi, erano diventati premier vincendo le elezioni. Con il governo Monti, l’Italia sembra tornare indietro di venti anni. Era necessario? Sí, in questo caso, ma questo governo nominato “dal Quirinale”, lo ripetiamo, nel lungo periodo non potrá riservare all’Italia la fiducia che le serve.
Gli Stati Uniti vissero un momento forse simile, quando Gerald Ford subentrò a Richard Nixon, travolto dallo scandalo Watergate. Ford resta l’unico presidente della storia americana a non essere mai stato eletto alla carica. Infatti il 38esimo presidente, prima vice, non faceva parte del ticket elettorale che elesse per la seconda volta alla Casa Bianca Nixon nel ‘72 . Ford infatti era stato nominato alla vicepresidenza nel ’73 dopo le dimissioni di Spiro Agnew, coinvolto a sua volta in uno scandalo. Ford si ritrovò a sedere alla Casa Bianca nel ’74 senza essere stato mai eletto vicepresidente. Senza mandato popolare governó sulla democrazia piú potente della terra per due anni. Non gli riuscí di evitare di passare alla storia come l’unico presidente non eletto degli Stati Uniti, perché perse la sfida elettorale del ‘76 contro Jimmy Carter.

Ma, se vogliamo insistere col paragone, almeno al Congresso, di cui era il leader repubblicano, Ford era stato eletto una dozzina di volte prima di andare al seggio Presidenziale. Mario Monti al Senato italiano ci é entrato 24 ore prima di ricevere l’incarico di Napolitano, grazie al Presidente che con un colpo di ‘genio’ (o meglio, di ‘furbizia istituzionale’) lo ha nominato senatore a vita.

Al di lá dei meriti di Ford (che non furono pochi) gli anni della sua presidenza sono ancora percepiti come uno dei periodi più bui per la democrazia Americana: la legittimità ricevuta dal voto resta il fondamento dell’autorità di un governo per esercitare la sua funzione in democrazia. Lo stesso George W. Bush, nei primi mesi del suo primo mandato, soffrí moltissimo il fatto che la sua vittoria elettorale contro Al Gore fosse arrivata solo dopo la sentenza della Corte Suprema. Solo con lo shock dell’11 settembre, Bush riconquistó il “potere di governo” da parte di tutti gli americani.

Quello che ci preme affermare é che vista dagli USA, l’impresa di Monti ci appare sì necessaria, ma assai triste. Da qui si capisce quanto la democrazia italiana sia in evoluzione e come il cosidetto regime della partitocrazia (o ’stato dei partiti’), abbia ormai portato alla metastasi del sistema politico. Monti diventa capo del governo (speriamo) perché Giorgio Napolitano non vuole far cadere l’Italia e l’Europa nel precipizio.

Ma inutile girarci intorno, la democrazia viene come ‘sospesa’ e si spera di rimetterla in moto al piú presto. Per questo le dichiarazioni di Monti sul non darsi limiti di tempo per il suo governo ("Il mio orizzonte temporale è il termine della legislatura", ha detto) non appaiono in sintonia col sentimento di ‘straordinarietà’ che il suo esecutivo dovrebbe trasmettere per meglio legittimare la sua azione. Il Professor Monti viene accettato dalla maggioranza degli italiani perché nessuno di loro vuol far crollare il paese, l’euro o l’Europa, ma il suo governo non é stato ’scelto’ dagli italiani. Si affretti quindi a far approvare le misure necessarie a frenare lo ‘spread impazzito’, spinga il Parlamento nell’approvare una nuova legge elettorale e poi si dimetta. Se dopodichè vorrá farsi riconfermare al governo del paese, sarà un suo diritto: da senatore a vita si fará nominare leader di una coalizione ‘Monti for premier’ – come Italo Bocchino, il numero due di Fli, ha giá indicato, forse appositamente per ’bruciarlo sul tempo’…

Solo cosí Monti potrá continuare a governare nel 2013 e oltre. Ma quando il professore dice che vuole fare un governo che governi fino a fine legislatura, perché ’c’é tanto da fare’, significa confermare al mondo che la democrazia italiana resta in coma ed ha bisogno di essere tenuta in vita artificialmente. E questo, a prescindere dalle riforme che Monti saprá portare avanti, non ridará fiducia ai mercati. Giá, proprio quei mercati ‘assatanati’, in realtá nel lungo periodo scelgono sempre di favorire quei paesi dove la democrazia é sana e riesce ad esprimere governi eletti dalla maggioranza.

Monti smetta dunque di sognare la “botte piena e la moglie ubriaca”, perché le consultazioni che sta avendo in queste ore trasmettono solo questo, cioé la ricerca dell’accordo con i partiti per durare il piú a lungo possibile. Invece presenti senza piú indugi la lista di ministri, fatta di politici e/o tecnici non importa, purchè siano coloro che lui ritiene piú adatti al compito, e poi vada al voto di fiducia del Parlamento. Toccherá alla fine ad ogni deputato prendersi la responsabilitá di fronte agli italiani di decidere se optare per l’interesse del proprio partito o quello dell’Italia. Per la Lega si é subito capito, per gli altri é giunta l’ora della veritá. Ma le “consultazioni”, invece, fanno apparire Monti come colui che distribuisce certe “rassicurazioni” per arrivare al 2013.
Non c’é tempo da perdere: Monti ottenga la fiducia, faccia le riforme necessarie, aiuti a far cambiare la legge elettorale affinché gli italiani possano riappropriarsi del diritto di scegliere chi eleggere in Parlamento, e poi si dimetta. Tutto questo si puó fare in pochi mesi, non a fine legislatura.
Paradossalmente, al momento delle dimissioni, Silvio Berlusconi appare come lo ‘statista’ che pone l’interesse del paese prima di quello personale. Attendiamo di vedere nelle prossime mosse del nuovo premier scelto da Napolitano, sperando che l’interesse dell’Italia e della sua democrazia resti prioritario su qualunque altro.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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