Martedì sera, 20 febbraio, il ristorante Gardenia, nel cuore del West Village di Manhattan, era affollato di sostenitori del PD giunti per ascoltare Giovanni Faleg, fiorentino residente a Washington DC e candidato alla Camera per il Partito Democratico per la circoscrizione Nord-Centro America. Introdotto da uno degli storici fondatori del circolo PD a New York, Gianluca Galletto, in piedi su una panchina, Faleg ha fatto un discorso improntato sul suo programma da candidato, sulle ragioni che lo hanno spinto a candidarsi e sulle sfide del suo partito, il PD appunto, in Italia e per l’Italia all’estero. “Quando mi è stato proposto di candidarmi ci ho pensato, non è stata la scelta più razionale, ma di cuore. Penso che in molti sarebbero stati scettici al mio posto, soprattutto se ci sono implicazioni personali”. Quello che però Faleg, ex Banca Mondiale, ha pensato “è che è proprio quando il gioco si fa duro che bisogna metterci la faccia”. E con la sua famiglia (ha una figlia di appena 18 mesi..) ha pensato “che se arriva un’opportunità del genere la si deve cogliere, per rigenerare entusiasmo nella politica”.
Nel discorso del candidato PD, c’è stata una riflessione anche sul lavoro dei circoli. Un impegno che “permette di aprire le porte del partito e della partecipazione e queste sfide vanno premiate”. Faleg ammette che il suo partito “è in affanno, è in difficoltà” e che gli italiani sono “arrabbiati per tante cose, per tante cose che sono successe”. Ma al tempo stesso ricorda che “ci sono tante persone che esprimono qualità e dietro quelle persone ci si deve andare”, con l’obiettivo di “aprire le porte della politica a tutti”.
Faleg è segretario del circolo del suo partito a Washington e ha detto di aver visto dei risultati positivi in tal senso: “Due anni e mezzo fa aveva solo una quindicina di iscritti, era molto piccolo. Ora ne ha più del doppio perché ne abbiamo aperto le porte, lo abbiamo proposto come casa democratica aperta a tutti gli italiani della città”. Uno spirito condiviso con il quale “bisogna anche andare a votare” per garantire “una connessione con il territorio”. Le forze per lui ci sono. E nel suo programma, che ha elencato, ci sono “proposte piccole ma concrete, che tendono a valorizzare il business degli italiani all’estero, la mobilità dei ricercatori attraverso l’istituzione dell’anagrafe dei ricercatori italiani all’estero” e la valorizzazione dell’Italia all’estero come “supporto economico per il sistema”, tramite “il valore del nostro patrimonio culturale”.
Per Faleg “possiamo essere protagonisti di quella che è una rinascita dell’Italia nel mondo e nel sistema internazionale e questo sta a noi”. Perché secondo il candidato che ha lasciato la Banca Mondiale “se diamo tanto indietro all’Italia prima o poi ci ritorna indietro, di questo ne sono sicuro e bisogna avere fiducia di questo”. Non solo. Nel discorso di Faleg sono emersi anche grandi temi come “l’espansione dei diritti civili e sociali e di quello che può fare l’Italia nel sistema economico internazionale”. O come la sicurezza, per la quale serve “un sistema efficace che però deve andare di pari passo con l’inclusione sociale”.
Il segretario del circolo di Washington ammette che “non sono temi che si possono risolvere tutti subito”. Ma “dobbiamo avere gente qualificata in Parlamento” che abbia “la sensibilità per andare a sviluppare un piano su questi temi”, persone e politici che “sappiano ciò di cui si sta parlando”. Faleg ha evidenziato in questo senso anche la necessità di valorizzare il tessuto associativo all’estero e di combattere la disillusione nata dalle “mancate risposte della politica”, ma di doverlo fare senza “bacchetta magica, perché qui la bacchetta magica non ce l’ha nessuno”, bensì attraverso “l’impegno per ricreare entusiasmo”. E se non verrà eletto? “Continuerò. Continuo come cittadino che vuole partecipare e fare a prescindere” per ridare slancio “alla comunità italiana all’estero”.
Il candidato PD ha poi risposto alle domande dei cittadini italiani presenti al ristorante Gardenia. Tra i principali temi emersi, si è parlato della divisione del partito “che fanno male e che a nessuno piacciono, ma che sono un fenomeno storico in particolare per il centrosinistra, che tende a spaccarsi”. Ma non vale solo per i Democratici, perché “il centrodestra si spacca quando è al governo in genere”. E quello che il PD deve fare è “migliorare la partecipazione e rafforzare il tessuto con la base”. E in un certo senso di farsi all’estero più “movimento, costruendo dei forum online in cui la gente abbia la possibilità ideale di esprimersi direttamente”, ma allo stesso tempo “rivitalizzando i circoli e promuovendo l’entusiasmo delle persone per organizzare le attività politiche”. Altro tema emerso dalle domande è stato quello del mondo dei ricercatori universitari, dell’istruzione. Su questo argomento Faleg è stato chiaro. “Va riconosciuto il titolo di studio dei ricercatori all’estero” ha detto. Non solo, ha ribadito che “si deve costituire l’anagrafe dei ricercatori per favorire la mobilità con iniziative che possano fare in modo che il know how italiano all’estero sia connesso in modo più efficace all’Italia e al Paese”. Al netto, questo, delle “scelte personali sul tornare o meno”. Anche perché “senza ricerca non abbiamo sviluppo economico” e la “ricerca è fondamentale per la crescita di un Paese”, anche da lontano.