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February 13, 2018
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Luca Palazzotto: l’Europa come sostegno liberale per gli italiani all’estero

L'ingegnere ambientale che vive negli Stati Uniti, candidato al Senato per +Europa, propone più sostegno delle istituzioni "dal business alla ricerca"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Luca Palazzotto: l’Europa come sostegno liberale per gli italiani all’estero
Time: 5 mins read

Da quanti anni e perché vive all’estero? Perché ha deciso di candidarsi e perché con questa lista?

“Sono partito dall’Italia nel 2004, quando imboccai la carriera che tuttora svolgo di ingegnere ambientale prestato alla cooperazione allo sviluppo e agli aiuti umanitari. Mi occupo principalmente di problemi legati all’acqua. Laureato al Politecnico di Milano nel 2002, sono nato a Busto Arsizio il 5 marzo 1976 da genitori siciliani, e cresciuto nel legnanese, tra Castellanza e Rescaldina, a pochi chilometri da Milano.

Dal 2013 vivo negli Stati Uniti, ma prima di atterrare negli USA ho lavorato per diversi anni tra Africa, Sudamerica e Caraibi, e per un paio d’anni in Inghilterra.

Sono un liberale, e da sempre sostenitore di Emma Bonino. Mi sono avvicinato alla galassia radicale nel 2011, e considero i Radicali la perla della politica italiana.

Il motivo per cui mi sono candidato è che credo sia arrivato il momento di mettermi a disposizione del mio paese per fare la mia parte in un momento storico di grande difficoltà e confusione, in cui riemergono pericolosamente tentazioni nazionaliste, non solo in Italia. Ed in questo senso +Europa è la lista che ha più chiara di tutte la risposta, guardando avanti, agli Stati Uniti d’Europa”.

Quale considera il problema più immediato dell’Italia e come si dovrebbe affrontare?

“Purtroppo rimane ancora da sciogliere il nodo della stabilità di governo, centrale per poter incidere e contare in Europa e nel mondo. È una priorità dalla quale non si può prescindere, per il bene del Paese. È una questione di credibilità di fronte ai partner europei ed atlantici, compromessa della nostra incapacità di esprimere e sostenere una guida politica, che si traduce in incapacità decisionale ed irrilevanza politica.

È imperativo ritornare a lavorarci, e continuare a farlo finché non si raggiunga una soluzione soddisfacente. Il mio impegno in questo senso è di sostenere una riforma costituzionale in direzione del premierato, con elezione diretta del Primo Ministro, per rendere realmente indipendente l’organo esecutivo da quello legislativo, proteggendo il paese dall’instabilità degli accordi politici di più basso livello”.

Quale problematica inerente gli interessi dei cittadini italiani residente all’estero, e in particolare in Nord-Centro America, considera la più urgente e cosa proporrebbe fin dal primo giorno dell’apertura dei lavori del Parlamento?

“Il problema più grande per gli italiani all’estero è il mancato sostegno delle nostre istituzioni in quasi tutti i campi, dal business alla ricerca, passando per i vari organismi internazionali, fino alle piccole cose, come la tediosa burocrazia consolare.

Quello che propongo è di iniziare dall’istituzione del passaporto europeo, sostenendo un accentramento delle funzioni consolari e diplomatiche verso le più efficienti delegazioni europee. Questo permetterebbe di consolidare le innumerevoli rappresentanze europee garantendo una maggiore copertura territoriale pur risparmiando moltissime risorse”.

Sarebbe disposto, e quanto, ad andare contro le decisioni del vostro partito qualora queste andassero a sfavore dei cittadini italiani all’estero? C’e’ una forza politica o un leader politico al quale lei non voterebbe mai la fiducia in Parlamento anche se il partito lo chiedesse?

“+Europa con Emma Bonino è una formazione liberale, in cui prevale il rispetto degli individui e non ci sono diktat da partiti totalitari, quindi non ho alcun dubbio che con +Europa avrò sempre la possibilità di esprimere le mie posizioni.

Avendo vissuto all’estero per la maggior parte della mia vita professionale, difenderò sempre gli interessi degli italiani all’estero. Non ritengo un esercizio utile quello di fare nomi e cognomi di avversari politici che hanno posizioni antitetiche alle mie”.

Il Nord e Centro America sono una zona enorme, dal Canada al Messico e oltre, come pensa realmente di conoscere e rappresentare tutte le comunità di italiani che ci vivono? Non c’è il rischio di un distacco e di una vita “romana” lontana dai problemi di chi vi ha eletto?

“Per gli eletti all’estero è certamente più difficile mantenere il contatto con il territorio che per quelli in Italia. Ma siamo nell’era di internet, e con un po’ di buona volontà non è difficile rimanere in contatto. D’altra parte il dovere dei rappresentanti è di svolgere il proprio compito in parlamento”.

La lingua italiana è fra le più studiate al mondo (la quarta…), eppure le cattedre nelle università del Nord America diminuiscono… Cosa farebbe di concreto per promuoverla in modo migliore nel Nord e Centro America?

“Ho una figlia di 3 anni, e mi trovo nel dilemma di come garantire che impari un buon italiano negli Stati Uniti: non ci sono vie facili. Prima di pensare alle università, io penserei a sostenere l’italiano fin dalle scuole primarie. A Washington DC, dove vivo, ci sono scuole biligue che insegnano in spagnolo, russo, cinese, francese. L’italiano è completamente assente. Inizierei da lì: dal sostegno ai nostri istituti di cultura perché svolgano un ruolo attivo nell’educazione primaria e secondaria, garantendo almeno nelle città principali, e laddove vi siano comunità italiane o italoamericane di una certa importanza, l’apertura di scuole bilingue”.

Cosa vorrebbe che l’Italia imitasse dalla democrazia degli Stati Uniti (Canada, Messico, Repubblica Dominicana…)  e cosa invece vorrebbe che il vostro paese di residenza imparasse dal modo di far politica in Italia? 

“Dagli Stati Uniti, l’efficace sistema di “check and balances”, che garantisce svolte politiche anche molto radicali in un quadro di grande stabilità. Al Canada invidio il partito Liberale, e da tutta la regione dovremmo imparare a dare più spazio al business e all’iniziativa individuale, liberandone le potenzialità.

Gli Stati Uniti d’altra parte dovrebbero imparare da noi a convivere con la complessità del mondo senza per forza cercare di ordinare tutto. Un certo livello di incertezza e imprecisione è necessario a garantire anche una certa libertà. La cultura del bianco o nero, buono o cattivo, o delle soluzioni precostituite (cookie-cutter), è alienante”.

C’è un personaggio storico italiano (nella politica come nella letteratura, arti, scienza…) al quale vorrebbe ispirarsi nei valori e nelle idee per la sua carriera in Parlamento?

“Da buon liberale, penso a Luigi Einaudi e Benedetto Croce”.

Cosa pensa delle problematiche sulla parità di genere? Gli abusi sessuali sulle donne: un problema urgente che necessita immediati interventi anche legislativi, oppure solo uno scandalo di Hollywood? E in Italia, è giunto forse il momento di eleggere un Presidente della Repubblica donna?

“Per l’elezione del Presidente della Repubblica c’è ancora da aspettare qualche anno, quindi rilancio proponendo Emma Bonino Presidente del Consiglio. Credo che i tempi siano più che maturi, e non c’è bisogno di aspettare opportunità future.

Gli scandali recenti ci dimostrano una sempre più comune e generalizzata attenzione al problema della violenza (sulle donne, ma non solo): mantengono alta la tensione, ricordandoci che se si può fare di più, si deve fare di più. Detto questo, non mi piacciono i linciaggi social, che riescono nel singolare obbiettivo di trasformare i carnefici in vittime.

Ma la parità di genere è anche altro e richiede un impegno condiviso, che mi pare in Europa non manchi. In USA non esiste neanche l’obbligo del datore di lavoro di pagare la maternità, ma la retorica aggressiva di questo paese contagia tutti, nonostante qui non esista alcuna risposta politica che possa essere considerata degna di nota. Trovo che in Europa se ne parli di meno e si agisca di più. Dobbiamo continuare così”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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