I maggiori analisti italiani e europei hanno detto che la campagna elettorale appena conclusa e che ci ha consegnato una nuova geografia politica è stata tra le più corte e brutte della storia. Cosa ci ha lasciato e cosa abbiamo capito.
La comunicazione, sappiamo, è condivisione, è il fondamento dell’agire sociale e, in quanto tale, necessità di ascolto, di partecipazione attiva, di trasparenza. Da essa dipende il nostro modo di costruire significati di creare opinioni di fare cultura.
Le aspettative e il bisogno di comprensione sono sempre più alti nella società. Di qualunque tipo di comunicazione si tratti, pubblica, politica, d’impresa, sociale la costruzione di una relazione trasparente, di un dialogo reale con il proprio pubblico e la capacità di stimolare il dialogo attraverso l’ascolto sono elementi fondamentali.
In queste ultime settimane abbiamo assistito allo svolgersi di una campagna elettorale che possiamo considerare “lampo” e i politici hanno capito che ormai è inevitabile il legame con le piattaforme social. Infatti, diversi partiti hanno interagito con la gente attraverso le nuove tecnologie. Si è parlato tanto di un fenomeno che prende il nome di platform leadership in cui, come evidenzia l’articolo di Federica Nunziata, pubblicato su Il Domani, gli strumenti della rete diventano il centro principale della comunicazione del partito politico.
I politici sono sbarcati sui social diventando platform leader, creando un legame diretto con gli elettori. In tanti hanno effettuato la loro registrazione su TikTok il 1°settembre e solo alcuni erano già iscritti come ad esempio: Salvini, Meloni e Conte. Invece, Calenda, Berlusconi, Renzi e il partito democratico hanno debuttato a settembre.
Il report di Meta e Google del mese di agosto rileva le spese pubblicitarie online. In testa La Lega di Salvini (con un importo che supera i 70mila euro) e Fratelli d’Italia (con una cifra che ammonta circa a 25mila euro).
I leader hanno cercato di attirare l’attenzione dei giovani con le loro performance. Le analisi di Fanpage e Karma riguardano il mese di agosto e forniscono esiti davvero singolari. Calenda risulta essere quello che pubblicato più contenuti rispetto agli altri. Salvini ha registrato un engagement maggiore con 8,6 milioni di interazioni, superando Meloni e Conte.
A quanto pare Conte ha superato gli avversari di destra, ottenendo una media molto alta di interazioni per post (oltre 21mila) ed ha conquistato oltre 150mila follower.
L’elemento più strano riguarda Salvini che, nonostante abbia 8,9 milioni di fan, ad agosto è stato abbandonato da 250mila seguaci.

Ma come hanno reagito i giovani all’arrivo dei politici? Molti giovani TikToker hanno risposto a questo sbarco di massa, sostenendo che non basta iscriversi ad un social e che i ragazzi non amano essere presi in giro.
Riuscire a comunicare con le nuove generazioni risulta essere complicato, vista la perdita di autorevolezza di molti partiti politici e dei loro leader. Video diventati virali non per la loro importanza, ma solo perché ritenuti imbarazzanti e grotteschi.
Non riuscire a comunicare significa alimentare l’astensionismo che come ha sottolineato il ricercatore Enzo Risso, nel suo articolo pubblicato su Il Domani, può essere spiegato così: “In un primo tempo, espressione dell’indebolimento della capacità di presa politica dei grandi partiti di massa, per poi passare, con la nascita della Seconda Repubblica, a essere l’espressione della ferita tra politica e cittadini. L’astensionismo è diventato una patologica disaffezione civica, alimentata dal clima generale di disimpegno e dall’avanzare dei fenomeni di delusione e d’insoddisfazione per lo spettacolo offerto dai partiti”.
Una situazione come questa evidenzia che la dimensione della sfida su come costruire la partecipazione attiva dei cittadini con le Istituzioni assume un carattere fondamentale e non è nemmeno una battaglia facile da vincere.

Nell’era dei Social Media si nota l’affermarsi di una comunicazione politica che è indirizzata a invadere anche settori che non le appartengono. In tal senso si esamina il predominio di sviluppi propagandistici che mirano al mantenimento del potere, che fanno sì che la gente riceva frequentemente informazioni politiche lacunose, incomplete e alterate. In alcuni casi, il politico sfrutta la sfera privata per attivare la propaganda, servendosi anche della disintermediazione e della spettacolarizzazione per stabilire un legame con i suoi elettori.
La manipolazione, sostiene il sociologo McNair, come strategia degli attori politici coinvolge l’opinione pubblica per arrivare ad ottenere il consenso. Di fatto la campagna elettorale non può essere propaganda. La comunicazione politica deve avere valori, contenuti e strategie. Molti eventi trovano spazio sui social ed eventuali voli pindarici nei progetti poi possono essere un boomerang per chi li pronuncia.
Come sostiene il professor Mario Morcellini: “Si attiva la comunicazione solo se sei in grado di metterti in gioco” anche con una dose di sentimento e partecipazione, oltre al linguaggio usato. Si assiste alla sconnessione tra la realtà in cui i comunicatori sono impegnati a raccontare il mondo, le relazioni e gli avvenimenti e quanto invece viene loro riconosciuto in termini di professionalità ed “elementi di rappresentanza istituzionale”. Gli italiani da chi si saranno sentiti rappresentati? Capiremo presto la risposta grazie ai risultati che saranno sicuramente interessanti e motivo di riflessione per tutti. Speriamo, soprattutto, che chi sarà eletto operi in una prospettiva di miglioramento delle condizioni di vita del cittadino.