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October 11, 2024
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I fedeli MAGA minacciano di non certificare la possibile vittoria di Harris

“La democrazia è in pericolo” scrive il “Washington Post”

Massimo JausbyMassimo Jaus

Donald Trump, Kamala Harris, Purple Photomontage: Blazing PiXels 2024

Time: 4 mins read

I lavori dei parlamentari al Congresso, in queste settimane pre-elettorali, sono fermi. Tutti i deputati, e molti senatori, sono nei propri distretti per fare comizi per essere rieletti.

La sfida tra Kamala Harris e Donald Trump in sei dei sette Stati chiave è molto incerta. Nell’ultimo sondaggio realizzato dal Wall Street Journal, a poco più di tre settimane dalle elezioni, la vicepresidente Democratica conduce in Arizona (47% contro il 45% di Trump), Georgia (46% a 45%), Michigan (47% a 45%) e Wisconsin (46% a 45%). Mentre l’ex presidente è in vantaggio in Pennsylvania (46% a 45%), Nevada (47% a 42%, unico dato chiaro ma relativo solo agli elettori già registrati) e North Carolina (46% a 45%).

In questa incertezza elettorale le accuse che Trump da settimane diffonde sulle frodi che i democratici starebbero commettendo per far eleggere Harris sono diventate la base per molti parlamentari a lui fedelissimi di affermare, anche se le elezioni ancora non sono avvenute, che, in caso la vicepresidente dovesse vincere le elezioni, non voteranno per certificare la sua vittoria. Per ora sono limitate ai comizi MAGA, mugugni pre elettorali di focosi esaltati, ma la minaccia è gravissima. ”La democrazia è in pericolo – ha scritto recentemente in un editoriale il Washington Post – anche se Kamala Harris dovesse vincere”.

Il pastore MAGA e leader evangelico Lance Wallnau aveva accusato Harris di aver usato la “stregoneria” durante il dibattito con Trump. In una serie di post su X, il fedele MAGA aveva scritto che la vicepresidente aveva utilizzato “manipolazioni soprannaturali” per avere il sopravvento nel suo scontro dialettico con l’ex presidente. Wallnau, una figura di spicco del movimento evangelico cristiano-nazionalista pro-Trump “Seven Mountains Mandate”, ha a lungo descritto il tycoon come un leader scelto dall’alto di salvare l’America da quello che descrive come un declino spirituale e politico del Paese. Lo speaker della Camera Mike Johnson appartiene a questo gruppo religioso.

Tutto da capire ora cosa farà proprio Johnson in caso di vittoria della candidata democratica. Manterrà la carica di Speaker fino alla fine dell’anno indipendentemente dall’esito delle elezioni e ha già garantito che avrà un ruolo determinante in qualsiasi cosa accada subito dopo. E questa funzione assumerà un’importanza sproporzionata se Trump contesterà la sua sconfitta, perché fino al 6 gennaio 2025, giorno in cui verranno certificati i risultati elettorali, i repubblicani manterranno il controllo della Camera.

Quattro anni fa, quando Trump contestò la vittoria di Biden, Johnson fu una parte fondamentale del tentativo di sovvertire l’esito delle elezioni. Non solo ha sostenuto Trump alla Casa Bianca, ma ha anche elaborato la motivazione legale per contestare la sconfitta elettorale, accusando alcuni stati di aver modificato le regole di voto durante la pandemia in violazione della Costituzione. E poi ha votato per non certificare la vittoria di Biden senza alcuna prova a sostegno delle affermazioni di Trump dei brogli. Johnson, all’epoca, aveva sostenuto e promosso le infondate affermazioni di Trump secondo cui le elezioni erano state “truccate” da una cospirazione di funzionari elettorali corrotti, governi stranieri e società di software corrotte.

Sono passati quattro anni e Johnson non è più il deputato “oscuro” che era nel 2020, ma se i repubblicani dovessero mantenere la maggioranza alla Camera potrebbe lottare per rimanere lo Speaker di fronte agli attacchi dei conservatori all’interno delle sue stesse fila.

Johnson finora ha detto che osserverà lealmente la Costituzione indipendentemente dai risultati delle elezioni, un messaggio che lui e il suo ufficio hanno amplificato questa settimana.

“Seguirò la Costituzione. L’articolo 2 è molto chiaro, il Congresso ha un ruolo molto specifico e dobbiamo adempiervi”, ha detto Johnson domenica al programma di approfondimento politico “This Week” della ABC News. “Ho dimostrato più e più volte che faremo la cosa giusta e legale. Quindi gli elettori possono contare su questo. Farò il miolavoro”. Nella stessa intervista, tuttavia, Johnson ha rifiutato di riconoscere la sconfitta di Trump nel 2020.

Assicurazioni da parte dello speaker che vengono contraddette dalle sue azioni, come quando ha dato credibilità alle false accuse che il voto da parte dei non cittadini americani sono il motivo della vittoria di Biden. Accuse in parte stimolate da Trump e sostenute da Mike Johnson che a Mar-a-Lago ad aprile hanno deciso di portare alla Camera ad approvare una legge per mettere al bando il voto da parte di non cittadini. Un fatto che di per sé è già illegale e sancito dalle leggi federali, e poi totalmente irrilevante nella sconfitta di Trump che non ha portato una sola prova di voti illegali in favore di Biden.

Poi Mike Johnson e Donald Trump sono costantemente in contatto. “Mai uno speaker – scrive Politico – è stato così in contatto con un candidato alla Casa Bianca”.

“Tutti dovrebbero tenere gli occhi ben aperti su Mike Johnson e dovrebbero sapere che è così strettamente legato a Trump che cercherà di fare il possibile per ostacolare la certificazione elettorale di Kamala Harris alla Camera il 6 gennaio 2025, perché puoi star certo che cospirerà con Donald Trump per cercare di bloccare i risultati delle elezioni”, afferma a The Hill il deputato democratico Jared Huffman. “Puoi star certo che ci saranno guai”.

Sospetti condivisi da molti democratici. Il parlamentare Bennie Thompson che era il presidente dela Commissione parlamentare sull’attacco del 6 gennaio al Campidoglio ha avvertito che la retorica di Johnson in vista del giorno delle elezioni suona molto simile al linguaggio usato da Trump per mettere in dubbio l’integrità del processo quattro anni fa.

I democratici riconoscono che hanno poche munizioni per dettare il processo della certificazione elettorale.

“Non dobbiamo solo vincere, ma stravincere per bloccare tutte le false accuse di Trump e dei suoi seguaci” ha detto a The Hill il deputato democratico Jamie Raskin, professore di diritto costituzionale che ha fatto parte della Commissione d’Inchiesta del 6 gennaio. “Vogliamo un voto così chiaro che blocchi sul nascere tutte le false accuse dei repubblicani”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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