“È ora che ci sia una donna come presidente”, dice Kamberly Hermon, onicotecnica di Chicago, mentre ricostruisce le unghie a una cliente. Durante la Convention Democratica, la campagna di Kamala Harris ha invitato e riunito al McCormick Place tante associazioni, no profit e piccole imprese in una vera e propria fiera democratica, la “Dempalooza”. Un centinaio di stand sono stati disposti nel padiglione principale. Ci sono articoli per la casa, accessori, abiti, caffè, cioccolata, tofu, ma anche chi fa la manicure, chi lascia preservativi, chi dà la possibilità di creare sul momento braccialetti. Non tutto è brandizzato con i colori della bandiera a stelle e strisce o con lo slogan “Harris-Walz”, ma l’intento è politico: eleggere Harris significa sostenere certi valori – rispetto per l’ambiente, le minoranze e i business locali.
“Se la vicepresidente o un governatore o una delegata indossano certi vestiti o accessori trasmettono un certo messaggio”, spiega Gabriella Giselle. Allo stand in cui si trova, Found Objects, vende bracciali, orecchini e collane fatte in cuoio italiano riciclato. Vicino a lei, un altro vende il tofu e una ragazza i suoi prodotti per capelli completamente vegani. “La moda è una dichiarazione politica. Vedere una donna nera sul palco che veste accessori di una minoranza, cosa dice di lei come prossima presidente?”.
In quattro giorni di Convention, Hermon non si è fermata un momento: la lista è sempre stata piena, dal momento di apertura alle 17, quando il McCormick veniva chiuso per permettere a tutti di arrivare allo United Center e assistere agli interventi degli speaker. L’onicotecnica ha deciso di rispondere all’invito della campagna di Harris perché “appena ho saputo che avrebbero organizzato la DNC qui a Chicago non vedevo l’ora di farne parte, anche nel mio piccolo”. E commenta le elezioni: “Ero molto ottimista già con Hillary Clinton, ma adesso credo sia davvero arrivato il momento per l’America di fare questa scelta. E noi siamo pronti”.
La richiesta è sempre stata una: “Le mie unghie devono parlare per me: io voto Kamala Harris”. Quindi bandiera americana, french bianco con il nome della vicepresidente o perline di varie dimensioni, che sono il simbolo della sorority frequentata da Harris durante gli anni del college. Marlene Lammie, una delle clienti, si è ispirata più a Michelle Obama. “Il suo discorso emanava una energia, forza, potere femminili inspiegabili. I miei momenti preferiti sono stati quelli dove sono apparsi i figli: Ashley Biden, la prima sera che ha introdotto il presidente e tutti hanno visto quanto siano legati, e Gus e Hope Walz, la terza sera che sono stati inquadrati mentre commossi applaudivano il padre”.
Al Dempalooza ci sono anche i ragazzi di Voters for Tomorrow, un’organizzazione no-profit gestita completamente da ventenni che ha l’obiettivo di coinvolgere soprattutto la Generazione Z e spronarla a votare. Sul loro bancone hanno sticker simpatici, che riprendono gli slogan popolari sui social, come “coconut tree” o “brat”, ma anche tante perline per i braccialetti dell’amicizia e dei preservativi. “Se l’agenda di Donald Trump riassunta in Project 2025 venisse messa in atto – spiega Charlie, – oltre 48 milioni di donne perderebbero l’accesso garantito e gratuito alla contraccezione d’emergenza”.
Allo stand successivo, una grande cartina degli Stati Uniti è tappezzata da puntine blu. Le due coste sono piene, mentre negli Stati centrali se ne contano solo qualche decina. Joellyn Beckham, da Birmingham, in Alabama, ha fondato Britebluedot una ventina di anni fa, durante l’amministrazione Bush, perché “da democratica, mi sentivo minacciata nella mia stessa città”. Lo “Yellowhammer State” è storicamente repubblicano – al momento, il GOP detiene tutte le sette cariche esecutive statali. “Ai democratici venivano distrutte le automobili, subivano violenze, senza che le autorità prendessero provvedimenti – ricorda Beckham. – Era pericoloso identificarsi. Quindi, ho pensato di mascherare il fatto di appartenere al partito dell’asinello con questo punto blu circondato dal rosso per non dare troppo nell’occhio”. Ne ha fatto spille, sticker, magliette, biglietti da visita e, “quando mi sono resa conto di quante persone attorno a me usassero questi articoli, mi sono sentita meno sola”.
Rispetto alle prossime elezioni, ha cambiato idea: “Ero e sono tuttora una grande sostenitrice di Joe Biden – si ferma un attimo a pensare a tutto quello che ha affrontato in quattro anni di mandato e il suo momento preferito è stato l’intervento del presidente. – Quando, però, c’è stato il dibattito con Trump, ho capito che non ce l’avrebbe fatta. Speravo che indicasse una tipa tosta come la governatrice Gretchen Whitman, ma, dopo che è stata a Birmigham per un comizio, mi sono molto ricreduta su Harris e ha dimostrato di essere all’altezza del ruolo da presidente. Ha una voce e negli scorsi tre anni è stata solo silenziata”. Conclude dicendo che la vicepresidente non poteva fare miglior scelta di Tim Walz come suo compagno di ticket perché “è uno del popolo”.
Vicino all’uscita c’è uno stand dove poter sedersi un momento e creare il proprio braccialetto dell’amicizia con i colori della bandiera americana. “In mezzo a tutto questo caos e adrenalina, c’è bisogno di uno spazio dove potersi rilassare un po’”, dice Jacqueline Foreman. Ed è stato un successo: “Non abbiamo i numeri definitivi, ma indicativamente più di cinquecento persone si sono fermate qui”. Continua a rovistare nel secchio al centro per trovare chissà quale ciondolo, l’ennesimo della giornata, ed evitare di rispondere alle domande sulla politica. “È un’ardua decisione”, ironizza a metà sulla scelta delle perline e sul candidato da votare.