Un tranquillo weekend di incertezze nel partito democratico. Il presidente Joe Biden ha proseguito imperterrito la sua campagna elettorale. Due comizi, uno a Philadelphia, dopo un incontro con gli elettori in una chiesa pentecostale, poi un altro ad Harrisburg. Un tour elettorale con accanto il governatore, Josh Shapiro, i senatori Bob Casey e John Fetterman e il sindaco di Filadelfia Cherelle Parker. Tante strette di mano, sorrisi e selfie con i sostenitori.
“Business as usual” afferma l’entourage del presidente, ma a Washington cova il malcontento e i parlamentari democratici della Camera hanno avuto una lunga discussione con il leader della minoranza, Hakeem Jeffries per chiedergli ufficialmente di dire a Biden di abbandonare la corsa. E non sono parlamentari di secondo piano: Jerry Nadler e Joe Morelle, di New York; Mark Takano, della California, e Adam Smith, dello Stato di Washington. La loro voce si aggiunge a quella di altri cinque che hanno già chiesto pubblicamente a Biden di fare un passo indietro. Tra loro figurano il rappresentante del Texas Lloyd Doggett e Mike Quigley, dell’Illinois. Tutti temono che lo tsunami di negatività propagato da Biden dopo il suo disastroso dibattito con Donald Trump alla fine travolga anche loro che competono in distretti elettorali dove hanno superato gli avversari repubblicani per poche centinaia di voti.
Al senato il democratico Mark Warner aveva organizzato un incontro con i suoi colleghi per decidere se continuare a sostenere la campagna di Biden, ma all’ultimo minuto il senatore della Virginia ha deciso di aspettare ancora qualche giorno prima di contattare i suoi colleghi.
L’intervista a Abc News del presidente non ha avuto l’effetto sperato dalla Casa Bianca di rassicurare gli elettori.
La vicepresidente Kamala Harris sarebbe il naturale successore di Biden se il presidente le lasciasse il passo e si facesse da parte come candidato democratico alle elezioni di novembre. Harris, 59 anni, ex senatrice della California, ex procuratore generale, sarebbe la prima donna a diventare presidente degli Stati Uniti se fosse nominata dal partito e vincesse alle elezioni del 5 novembre. È la prima persona afroamericana e asiatica a ricoprire la carica di vicepresidente: la madre è indiana e il padre giamaicano.
Il suo mandato alla Casa Bianca è stato oscurato da un turnover del personale e da insolvibili problemi come quello dell’emigrazione che con molta malizia le era stato affidato, un progetto che senza il sostegno bipartisan del Congresso resta insolubile.
Fino all’anno scorso, molti all’interno della Casa Bianca e del team della campagna di Biden temevano in privato che Harris fosse un ostacolo per la campagna del presidente. La situazione è cambiata in modo significativo dopo che Kamala Harris a gran voce sosteneva i diritti delle donne sulla scelta della maternità e aveva sicuramente più successo sugli elettori giovani.
Recenti sondaggi suggeriscono che Harris potrebbe fare meglio di Biden contro Trump, anche se si troverebbe ad affrontare una competizione serrata. Un sondaggio della CNN pubblicato il 2 luglio ha rilevato che gli elettori sono favorevoli a Trump rispetto a Biden di sei punti percentuali, dal 49% al 43%. Ma Kamala Harris si piazza meglio di Biden arrivando al 47%
I sondaggi mostrano anche che Kamala Harris ha l’appoggio degli Indipendenti mentre gli elettori moderati di entrambi i partiti la preferiscono con il 51-39%.
Solo l’ex first lady Michelle Obama, che non ha mai espresso alcun interesse a partecipare alla corsa, ha ottenuto il punteggio più alto tra le possibili alternative a Biden.
In questi giorni la fronda contro Biden prende sempre più voci. I mormorii dei primi giorni, subito dopo la terribile prestazione al dibattito, si stanno trasformando in grida. Ne scrive il New York Times, citando colloqui ed interviste condotte nei giorni scorsi con oltre 50 democratici. In numero crescente le fonti citate dal quotidiano ritengono che, rimanendo in lizza, il presidente metta a repentaglio le chance di mantenere la Casa Bianca e le possibilità di altri candidati. Quello che si sta delineando – scrive – è uno scontro straordinario tra un presidente che insiste a non abbandonare la sua campagna per la rielezione e i membri del suo partito che iniziano a suggerire che dovrebbe farlo. “Ho sempre meno fiducia nella capacità di questa campagna di uscire vincente, ha dichiarato in un’intervista il rappresentante Scott Peters, democratico della California. “Se sappiamo di perdere, saremmo sciocchi a non considerare un’altra strada”. La rappresentante Angie Craig, democratica del Minnesota, ieri ha esortato Biden a farsi da parte.
I parlamentari affermano di essere stati sommersi da manifestazioni di preoccupazione sulla candidatura di Biden da parte di donatori ed elettori. Tra i membri del Comitato Nazionale Democratico, molti hanno dichiarato di continuare a sostenerlo, ma anche lì stanno emergendo delle spaccature. Un membro democratico del Congresso, un ex funzionario di alto livello dell’amministrazione Obama e un assistente di un importante governatore democratico hanno tutti usato in privato la stessa parola – nel corso di interviste separate durante il weekend – per descrivere la posizione di Biden: “insostenibile”.
Ora i donatori, gli attivisti e i funzionari del partito si chiedono se Kamala Harris abbia veramente maggiori possibilità di battere Donald Trump rispetto a Biden.