I figli di Donald Trump sulla stessa lunghezza d’onda del padre. “Questo processo è una farsa” afferma ai giornalisti fuori dal tribunale Don Jr, “È una caccia alle streghe, una persecuzione politica. Penso che questo processo sia un precedente davvero spaventoso per New York e per me. Condannato per frode per aver fatto affidamento sui miei commercialisti per la contabilità”.
Il fratello Eric, invece, è ancora sul banco dei testimoni. È più esposto del fratello maggiore perché era lui quello che gestiva quotidianamente le attività della Trump Organization, mentre Don Jr è l’amministratore fiduciario della holding che controlla le aziende. Ma anche Eric, come il fratello aveva fatto poco prima, scarica le responsabilità sugli amministratori. Afferma che i bilanci lui li ha visti dopo che erano stati compilati dai contabili, delle valutazioni maggiorate degli immobili non ne sa nulla.
Facendo eco alla testimonianza resa ieri dal fratello Eric ha insistito sul fatto di essersi occupato dei rendiconti finanziari solo di sfuggita fornendoli agli istituti di credito per soddisfare i requisiti dei prestiti, ribadendo di averlo fatto facendo affidamento sulle assicurazioni dei dirigenti finanziari della Trump Organization e di una società di contabilità esterna che le informazioni erano accurate.
A settembre, nella prima parte di questo processo civile, il giudice Arthur Engoron ha già riconosciuto la colpevolezza di Trump, dei suoi figli e della stessa Trump Organization nella frode e ha deciso per lo scioglimento delle società controllate dalla sua holding. Gli avvocati di Trump hanno fatto appello a questa decisione. Ora si sta celebrando la seconda parte del processo, quella che riguarda la penalizzazione di almeno 250 milioni di dollari chiesta da Letitia James, l’Attorney General dello stato che ha avviato il procedimento giudiziario. Che oltre alla “supermulta” vuole il divieto permanente per Trump e i suoi figli Donald Jr ed Eric di gestire attività commerciali nello Stato di New York e un divieto di cinque anni di gestire immobili di Trump e della Trump Organization.
Durante l’interrogatorio di Don Jr si è saputo che la società che gestisce molti casinò, la Bally’s, ha pagato alla Trump Organization 60 milioni di dollari per acquistare il diritto di gestire il Trump Golf Links Ferry Point al Bronx.

I termini del trasferimento del contratto di locazione non erano stati resi noti quando l’accordo era stato fatto all’inizio di quest’anno. Ma l’ammontare della vendita è emerso durante l’interrogatorio di Donald Jr. il quale ha affermato che il prezzo era di 60 milioni di dollari, ma che la Trump Organization ha sostenuto “molti costi” nel corso degli anni, quindi non era sicuro dell’utile netto.
La Trump Organization ha gestito il campo di golf del Bronx, visibile dal ponte Whitestone e con vista sullo skyline di Manhattan, dal 2015 fino a quest’anno. La città ha speso più di 120 milioni di dollari per costruire il campo progettato da Jack Nicklaus su una vecchia discarica a cielo aperto. Ora si chiama Bally’s Golf Links a Ferry Point.
La vendita del contratto di locazione è avvenuta dopo che il comune di New York ha cercato di cancellare gli accordi presi con l’ex presidente in seguito all’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio. Dopo il tentativo insurrezionale l’allora sindaco Bill de Blasio decise di rescindere i contratti che il comune aveva con la Trump Organization, sostenendo che Trump aveva incitato i rivoltosi e quindi dato alla città l’autorità legale per farlo, ma un giudice statale ha respinto tale argomento. La sentenza dello scorso anno avrebbe consentito alla Trump Organization di gestire il campo fino alla scadenza del suo contratto di locazione nel 2035. L’accordo di Bally è stato approvato sia dal controllore della città che dal dipartimento dei parchi della città.
Donald Trump questa mattina ha ribadito sul suo sito di Truth Social media che vede il processo come “Un IMBROGLIO”, un “aborto spontaneo” e “un’interferenza elettorale” perché Letitia James e il giudice Arthur Engoron sono democratici. “La Trump Organization è finanziariamente solida, potente, molto liquida e non ha fatto nulla di sbagliato”, ha scritto Trump.

Da un procedimento giudiziario all’altro. Questa mattina in Minnesota i giudici della Corte Suprema statale sono apparsi scettici sul fatto che i singoli stati abbiano l’autorità di bloccare l’ex presidente Donald Trump dal ballottaggio, con alcuni che suggeriscono che il Congresso sia nella posizione migliore per decidere se il suo ruolo nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021 al Campidoglio dovrebbe impedirgli di candidarsi. I giudici hanno lungamente interrogato un avvocato che rappresenta il gruppo di elettori del Minnesota che si è rivolto al tribunale per tenere Trump fuori dalle elezioni statali in base alla clausola 3 del 14mo Emendamento della Costituzione. Citando il ruolo del Congresso nella certificazione degli elettori presidenziali e la sua capacità di impeachment, diversi giudici hanno affermato che sembra che le questioni di ammissibilità debbano essere risolte lì.
“E tutto ciò sembra suggerire che per questo motivo è il Congresso e non gli Stati dovrano svolgere un ruolo fondamentale”, ha affermato il presidente della Corte Suprema Natalie E. Hudson. I giudici erano in dubbio se fosse appropriato per i singoli stati determinare l’idoneità di un candidato a candidarsi alla presidenza affermando che si creerebbe solo caos se più stati decidessero la questione in modo diverso.
Le discussioni in due tribunali statali si sono svolte dibattendo una questione che nemmeno la Corte Suprema federale ha mai affrontato: il significato della clausola di insurrezione nel 14° emendamento, e se in base a questa clausola si debba proibire Trump a prendere parte alle elezioni o se gli Stati debbano decidere autonomamente. In Colorado e in Minnesota le richieste per eliminare Trump dalle elezioni sono già state presentate mentre altri stati hanno assicurato che seguiranno questa procedura nei prossimi giorni. Di sicuro questa questa vicenda finirà davanti alla Corte Suprema federale.