Avanti c’è posto. “Siamo aperti 24 ore al giorno, 7 giorni su 7” afferma lo sceriffo della contea di Fulton, dove entro le 12 del 25 agosto dovranno costituirsi i 19 imputati rinviati a giudizio – tra loro anche l’ex presidente Donald Trump – accusati di aver tentato di ribaltare con la frode il risultato delle elezioni presidenziali del 2020.
Sono in corso negoziati tra gli avvocati affinché Trump si costituisca la prossima settimana. Il primo dibattito che coinvolge otto candidati presidenziali repubblicani si svolgerà mercoledì prossimo a Milwaukee e non è chiaro se Trump parteciperà.
La procuratrice distrettuale Fani Willis ha chiesto al magistrato di mettere in calendario l’inizio del processo per il 4 marzo del prossimo anno. Non è chiaro quando il giudice darà una risposta. Da quando lunedì sera è stato reso noto il rinvio a giudizio dell’ex presidente la procuratrice distrettuale ha ricevuto una valanga di insulti e minacce per email. Un gruppo MAGA ha messo in rete il nome e l’indirizzo dei giurati che hanno emesso il verdetto di colpevolezza.
La Georgia si prepara al mezzogiorno di fuoco mentre gli imputati elaborano le loro strategie difensive. Gli avvocati di Mark Meadows, l’ex capo di gabinetto di Trump, hanno scelto la fuga. Per ora hanno chiesto alla corte federale della Georgia di stralciare l’incriminazione del loro assistito da parte della corte statale perché lui, come ex capo di gabinetto di Trump era un alto funzionario federale alle dipendenze del presidente e quindi il suo operato è protetto dalla legge federale. Hanno invocato la “Supremacy Clause” della Costituzione, una disposizione che protegge le leggi federali su quelle statali, e i trattati internazionali, ma che non ha nulla a vedere con le accuse criminali per i dipendenti federali.

I repubblicani al Congresso minimizzano le accuse mosse a Trump dalla District Attorney e la criticano per aver incriminato l’ex presidente e 18 suoi alleati, accusati di aver tentato di ribaltare con la frode il risultato delle elezioni presidenziali del 2020. Lo speaker della Camera, Kevin McCarthy, l’ha definita “una radicale socialista”, la presidente della House Republican Conference, Elise Stefanik Stefanik parlando a Fox News ha definio Willis “un altro procuratore distrettuale radicale di estrema sinistra che usa la legge per prendere di mira il principale oppositore politico di Biden”.
Solo i repubblicani della Georgia hanno preso le distanze dall’ex presidente. L’ex vice governatore Geoff Duncan ha sostenuto che gli elettori repubblicani dovrebbero valutare il danno che Trump ha causato al partito e “premere il pulsante di ripristino”. Il governatore Brian Kemp ha respinto le false affermazioni elettorali di Trump e ha affermato: “Alle prossime elezioni Il futuro del nostro paese è in gioco e questo deve essere il nostro obiettivo”.
“Durante la presidenza di Biden – afferma Geoff Duncan – gli americani hanno visto l’impennata dell’inflazione, stanno lottando con i prezzi della benzina raddoppiati, i migranti illegali invadono le città, ma Trump che è ossessionato dalla sconfitta elettorale di due anni fa e ora deve affrontare quattro procedimenti penali per i suoi tentativi di ribaltare il risultato elettorale del 2020 e non riesce a lanciare questo messaggio”.
“Non credo che abbandonerà la competizione elettorale”, ha detto Jack Kingston, ex repubblicano della Camera della Georgia e alleato di Trump. “La natura dell’ex presidente non è quella di sedersi e dire cose piacevoli, nemmeno su Brian Kemp, uno dei governatori repubblicani di maggior successo del paese che però non è un suo alleato”.
Ma le loro sono voci solitarie nel partito. Altri non si pronunciano, vogliono aspettare lunedì dopo che l’ex presidente, in un messaggio postato sul suo sito web, ha detto che terrà una conferenza stampa per rilasciare le prove “inconfutabili che lo scagioneranno dalle false affermazioni di frode elettorale in Georgia fatte da Fani Willis”.
Altri procuratori distrettuali in due Stati, Arizona e Pennsylvania, dove i funzionari statali sono stati contattati da Trump e dai suoi assistenti per trovare i modi per annullare il risultato elettorale delle elezioni 2020, stanno prendendo in esame la possibilità di aprire a loro volta le indagini.

Da giorni circolano voci incontrollabili che tra gli imputati ci sarebbero stati dei “pentimenti”. Tutte e diciannove le persone rinviate a giudizio ad Atlanta sono state incriminate ai sensi del Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act (RICO), una disposizione contro il crimine organizzato in cui i pubblici ministeri possono raggruppare numerose persone sospettate di aver commesso più atti criminali coordinati da una strategia predisposta.
Sebbene non vi sia alcuna indicazione che qualcuno delle persone rinviate a giudizio si sia pentito, permangono voci secondo cui un simile evento possa accadere prima del processo. “Molti affermano che Mark Meadows non nominato come co-cospiratore nell’accusa federale di Jack Smith, ma imputato in Georgia, stia collaborando”, afferma alla CNN John Bolton, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump che ora è un critico dell’ex presidente. All’inizio dell’anno è stato riferito che Meadows non era più in comunicazione con Trump nonostante fosse considerato una figura chiave nell’indagine di Smith. “È piuttosto difficile vedere come si possa essere separato in quel modo. Forse ha collaborato con gli inquirenti a livello federale, ma non ha collaborato con quelli della Georgia”, ha aggiunto Bolton.
I sondaggi mettono in evidenza come gli americani siano profondamente divisi lungo le linee di partito nelle loro opinioni sulle azioni del presidente Donald Trump. Una indagine demoscopica dell’Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research mostra che circa la metà degli americani – il 53% – approva il fatto che il Dipartimento di Giustizia abbia incriminato Trump per i suoi sforzi per rimanere in carica dopo aver perso le elezioni del 2020.
Il sondaggio evidenzia che l’85% dei democratici approva le accuse penali presentate dal procuratore distrettuale della Georgia, rispetto al 47% degli indipendenti e solo al 16% dei repubblicani. La rilevazione evidenzia inoltre che le incriminazioni dell’ex presidente hanno fatto poco per scuotere la divisione fondamentale dell’elettorato: la maggioranza degli americani disapprova Trump, il quale però resta il candidato più popolare all’interno del partito repubblicano per le presidenziali del 2024.