Bisognerà aspettare un po’ prima di sapere chi governerà la Spagna dopo il voto di domenica 23 luglio; la palla spetta a re Felipe VI che dopo il 17 agosto quando si insedia il nuovo parlamento, dovrà decidere a chi dare l’incarico di aprire le consultazioni, un ruolo che reclamano entrambi i leader dei due maggiori partiti. È anche possibile che si torni alle urne fra pochi mesi. Intanto però le elezioni spagnole danno indicazioni politiche che impattano sia sull’Italia che sul voto per il parlamento dell’Unione Europea della primavera 2024.
I risultati sono un gioco di paradossi. Il Partito Socialista del premier uscente Pedro Sanchez gongola: non ha perso voti, anzi ha due seggi in più di prima, 122 contro 120, però per governare dovrebbe unirsi ad alcuni alleati scomodi.
Invece il Partito Popolare di Alberto Nuñez Feijóo ha guadagnato parecchio rispetto al parlamento uscente, 136 seggi contro 89, e ha la maggioranza relativa: ma non ottiene neanche con gli alleati la maggioranza assoluta che gli pronosticavano i sondaggi, tanto che i notabili del PP adesso accusano Feijóo di “errori reiterati”, scrive il quotidiano El Pais.

A questo punto tutto si gioca sui partiti minori. Ha subito una brutta battuta di arresto il più probabile alleato di Feijòo, l’estrema destra di Vox. Anche la premier italiana Giorgia Meloni (più estremista all’estero che in patria) era scesa in piazza per sostenere il suo leader Santiago Abascal: “Siete dei patrioti” aveva detto commossa in un collegamento video da Roma a un comizio. Agli spagnoli però il mix di razzismo e minacce ai diritti civili proposto da Vox a quanto pare questa volta ha fatto paura: risultato, 33 seggi contro gli storici 52 che aveva conquistato nel 2019.
A sinistra, i socialisti di Sanchez per tornare alla Moncloa dovrebbero appoggiarsi prima di tutto al partito Sumar (fondato in maggio dalla vicepremier Yolanda Diaz, raccoglie varie formazioni), e poi, come nella scorsa legislatura, avere l’appoggio esterno o l’astensione degli indipendentisti baschi e catalani: un classico dei governi socialisti spagnoli. Ma le alleanze con gli indipendentisti sono sempre foriere di brutte sorprese, perché in cambio chiedono molto.
Sanchez era al governo con l’appoggio di ERC (Sinistra repubblicana catalana), PNV, Partito nazionale basco, e Bildu, altro partito basco che oltretutto conta alcuni ex membri dell’organizzazione terroristica ETA. Adesso però non basta più: dovrebbe avere anche l’appoggio o l’astensione dei sette eletti del partito catalano Junts. Ora, Junts è un partito conservatore, ma indipendentista: anzi è il partito di Carles Puidgement, organizzatore del referendum per l’indipendenza che gli ha fruttato varie condanne in Spagna.
E qui le cose si fanno difficili: Puidgemont, eurodeputato, vive in esilio in Belgio, e il Tribunale dell’Unione Europea gli ha revocato l’immunità parlamentare. La procura della Corte Suprema spagnola – con una decisione che molti considerano altamente politica – ha appena chiesto di spiccare un mandato d’arresto europeo contro di lui. La saga giudiziaria non è finita: e Puidgemont ha reagito su Twitter, “Un giorno sei decisivo per formare un governo spagnolo, il giorno dopo la Spagna ordina il tuo arresto”.

Insomma, la via è complicata. E i riflessi sul resto d’Europa? Giorgia Meloni per ora resta l’unica leader di destra nell’Europa mediterranea arrivata al potere (grazie all’alleanza con altri due partiti di destra o centro destra, la Lega e Forza Italia). Non c’è riuscita Marine Le Pen in Francia, sembra lontano dal governo Vox in Spagna. Anche in Germania la destra di AFD (Alternative fur Deutschland) è esclusa dalle grandi alleanze.
Per quanto riguarda l’Italia, il risultato è che anche i partiti di governo guardano con una certa ansia alle elezioni europee. Appartengono infatti nell’Europarlamento a tre gruppi diversi. Fratelli d’Italia, il partito di Meloni, siede coi sovranisti nei Conservatori. La Lega di Matteo Salvini siede nel gruppo dell’estrema destra, Identità e Democrazia (con Le Pen e la tedesca AFD). I centristi di Forza Italia siedono invece nell’assai più moderato Partito Popolare Europeo.
La sconfitta di Vox potrebbe affossare l’idea di un asse fra i Conservatori e i Popolari europei. Adesso invece Salvini reclama “il centrodestra unito” e pensa a un’alleanza dei Popolari con Identità e Democrazia. Ma un’ampia alleanza tutta di destra sarebbe possibile e vincente solo se tutti i partiti ‘sovranisti’ moderassero i toni sui temi più scabrosi dell’Unione (difesa comune, politiche e strategie unitarie). Le urne spagnole dimostrano che l’elettorato al momento non premia i toni virulenti.
Adesso al governo europeo siede un’alleanza di larghe intese fra Popolari e Socialisti, con Ursula von der Leyen e Charles Michel. Hanno governato la crisi Covid e la reazione all’invasione russa dell’Ucraina mettendo sempre al primo posto l’unità strategica, la coesione di vedute, il sostegno dei ‘valori europei’, insomma rintuzzando i tentativi di divisione. Sono politiche che gli elettori sembrano apprezzare e potrebbero premiare.