Joe Biden ha lasciato la Finlandia più sicuro e con il sorriso. Ha fatto tornare il sorriso anche al presidente ucraino Zelensky, arrivato furioso al vertice Nato di Vilnius martedì, quando ha capito senza mezzi termini che Kiev non sarebbe entrata nell’Alleanza, ma lo potrà fare solo quando la guerra sarà finita.
Ma quando lo sarà? Il presidente americano lasciando Helsinky circondato dai leader dei paesi del nord che renderanno l’Alleanza più sicura e con i confini allargati, ha fatto una previsione molto schietta: ”Putin non vincerà mai questa guerra, anzi l’ha già persa: la Nato non è mai stata così compatta e l’Ucraina avrà tutti gli aiuti di cui ha bisogno”.
Le bombe a grappolo sono già arrivate a Kiev, pronte per essere impiegate. Molti paesi europei, a partire dall’Inghilterra, non le volevano, ma Biden li ha convinti della “necessità temporanea” di un loro impiego fino a quando non verranno rimpiazzate dalle munizioni tradizionali che scarseggiano e sono in extra produzione. Per Zelenski, che è passato dalle solite magliette militari ad una camicetta grigioverde più elegante data l’occasione, questi sono i primi passi concreti in una controffensiva che stenta a decollare perché i russi rimangono barricati nelle loro trincee fortificate cedendo solo brandelli di territorio conquistato in 18 mesi.
Biden ha fatto diverse gaffes lessicali, ha chiamato Vladimir il presidente ucraino, ma tutti hanno capito che in politica i risultati sono ciò che conta. Nessuno nega più che siano in atto contatti diplomatici riservati fra russi e americani per un nuovo scambio di prigionieri fra Washington e Mosca, a partire dal corrispondente del Wall Street Journal. La guerra procede a bassa intensità, anche se non mancano i morti e questo è un altro segnale. È come se nessuno avesse fretta, ma aspettasse la mossa dell’avversario. Il Cremlino, che meno di due anni fa minacciava di piazzare missili atomici intorno ai confini russi e bielorussi e prevedeva un vittoria su Kiev in 5 giorni, adesso si trova con i baltici ormai sotto l’ombrello protettivo della Nato e si sente sempre più chiuso. Però è stato Putin che ha voluto la guerra e probabilmente solo lui sarà in grado, se non di finirla, almeno di sospenderla.

La mossa decisiva che Biden è riuscito a mettere in atto è stata la stretta di mano con Erdogan, che dovrà essere avallato dal Congresso Usa per la fornitura dei micidiali caccia da combattimento F-16 che la Turchia, spesso impegnata a compiacere anche Mosca, voleva da anni.
Il fatto che Ankara abbia messo sul tavolo come un abile mercante di tappeti anche l’ingresso nella UE per risolvere la sua drammatica situazione economica interna, fa capire che il nuovo asse europeo americano e giapponese passa con più vigore dalla fine del conflitto ucraino. E prima finisce meglio è per tutti. Anche per Putin, logorato al suo interno da un regime oligarchico militare che potrebbe non sopravvivere a se stesso, se non con una cessate il fuoco e una pace negoziata in fretta.
Il tempo non gioca più a favore del Cremlino. C’è chi sostiene che a Vilnius, con una Nato rafforzata dall’ingresso di Finlandia e Svezia, siano state lanciate le basi per una nuova e sofisticata guerra fredda, ma non per una terza guerra mondiale. Joe Biden, con la sua balbuzie, viene considerato il pragmatico stratega di questa cucitura Euro Atlantica, che vede anche l’Ungheria a sostegno di una Nato forte e solo difensiva.

Ma a Biden forse avrebbero fatto comodo anche un altro paio di giorni di riposo per non piombare immediatamente nei problemi interni che aveva lasciato in ebollizione a Washington solo 5 giorni fa e che continuano ad affossarlo nei sondaggi sebbene i dati economici siano in netto miglioramento.
Nel faccia a faccia con Erdogan, il capo della Casa Bianca sembra aver suggerito al presidente turco, che vedrà Putin in agosto ad Ankara, di convincerlo a trovare una soluzione negoziata del conflitto, che non faccia perdere la faccia a nessuno. In questo caso gli americani (anche se non lo ammetteranno mai) potrebbero concorrere ad ammorbidire le posizioni del presidente ucraino Zelensky rassicurandolo sulla “protezione di lungo termine” se non permanente per l’Ucraina.
Qualcuno potrebbe definirla “l’intesa degli F-16”, che sono attesi non solo a Istanbul ma anche a Kiev. Con qualsiasi nome la si voglia chiamare, i super caccia li producono comunque gli americani e Biden ne dispone. Se anche si traducesse in una pace-armata, o di cessate il fuoco, sempre di pace si tratterebbe dopo 18 mesi di aggressione e massacri.