La Corte Suprema a maggioranza conservatrice ha bloccato il maxi-piano di condono dei debiti universitari voluto dal presidente Joe Biden, sostenendo che la Casa Bianca abbia oltrepassato la propria autorità esecutiva.
La decisione dei Justices è stata adottata per 6-3, e di fatto obbliga milioni di studenti americani a dover rimborsare complessivamente 400 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi 30 anni, con le prime rate che dovranno essere versate già entro la fine dell’estate.
La Corte sostiene infatti che l’amministrazione necessiti dell’approvazione del Congresso prima di intraprendere programmi così esosi per le casse pubbliche. I giudici hanno contestualmente negato che l’Heroes Act del 2003 – che conferisce al segretario all’Istruzione l’autorità di rinunciare o modificare le condizioni dei prestiti federali agli studenti in caso di “disastro nazionale” – possa aver fornito alla Casa Bianca la suddetta autorità.
Dalla Casa Bianca trapela profonda insoddisfazione per la decisione odierna della Corte, dopo che già ieri l’amministrazione Biden aveva criticato il massimo tribunale nazionale per aver affossato l’affirmative action – ossia il canale di iscrizione privilegiato alle università d’élite di cui godono le minoranze etniche.
Lo scorso agosto, Biden aveva annunciato che il Governo federale avrebbe abbuonato fino a 20.000 dollari di debiti universitari a milioni di studenti il cui reddito era inferiore a 125.000 dollari. Secondo indiscrezioni riportate dalla CNN, Biden sarebbe tuttavia pronto ad annunciare nuove misure a tutela di chi ha un debito studentesco: l’amministrazione intende infatti “chiarire ai titolari di debito e alle loro famiglie che i repubblicani sono responsabili del fatto che viene negato loro un aiuto per il quale Biden si stava battendo”, afferma la fonte.

In un caso deciso poco prima, e sempre con maggioranza 6-3, la Corte Suprema ha inoltre sostenuto che è lecito discriminare i propri clienti in base a sesso, razza o religione – ritenendo che ciò costituisca un’applicazione della libertà di espressione sancita dal Primo Emendamento.
Nello specifico, alla web designer cristiana Lorie Smith è stato riconosciuta la facoltà di rifiutarsi di fornire i propri servizi a una coppia omosessuale, nonostante la legge del Colorado vieti la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, la razza, il sesso e altre caratteristiche.
La decisione rischia di creare un effetto-domino potenzialmente destabilizzante: la libertà di scelta degli esercizi commerciali consentirà infatti di selezionare la propria clientela – il che potrebbe ripercuotersi sulle pari opportunità per la minoranza afroamericana e sulla comunità LGBT.
“Il Primo Emendamento immagina gli Stati Uniti come un luogo ricco e complesso in cui tutte le persone sono libere di pensare e parlare come desiderano, non come chiede loro il governo”, ha scritto il giudice Neil Gorsuch nell’opinione di maggioranza dei sei giudici conservatori.
Tre dei nove giudici hanno votato in dissenso. Tra questi la liberal Sonia Sotomayor, che nella sua dissenting opinion ha affermato che “oggi la Corte, per la prima volta nella sua storia, concede a un’azienda aperta al pubblico il diritto costituzionale di rifiutarsi di servire membri di una categoria protetta”.