Nella lunga carriera politica di Silvio Berlusconi, spentosi stamane all’età di 86 anni, c’è stata anche tanta America – modello a cui l’ex Cavaliere ha sempre confessato di ispirarsi.
Nel marzo 2006, l’allora presidente del Consiglio si rivolse al Congresso degli Stati Uniti durante una visita di Stato a Washington DC – diventando il quarto (e sinora ultimo) capo del Governo italiano a parlare a Capitol Hill dopo Alcide De Gasperi, Bettino Craxi e Giulio Andreotti.
Nella sua mezz’ora di discorso Berlusconi alternò italiano e inglese, ricevendo ben tre standing ovations. Diversi i temi del suo discorso: dal ringraziamento agli USA “per aver salvato il mio Paese dal fascismo e dal nazismo a costo del sacrificio di tante giovani vite americane”, ma anche “perché nei lunghi decenni della guerra fredda hanno difeso l’Europa dalla minaccia dell’Unione Sovietica” e per la “generosità del Piano Marshall”.
Nel suo intervento non mancò un accenno agli attentati dell’11 settembre 2001, sottolineando la necessità di “mettere all’angolo il fondamentalismo radicale”.
Nel chiudere il suo discorso, Berlusconi raccontò che, da giovane, era stato portato dal padre a visitare un cimitero “in cui riposavano molti valorosi soldati, giovani che avevano attraversato l’Oceano per ridare dignità e libertà a un popolo oppresso”. Quel padre – raccontò – gli fece giurare che “non avrebbe mai dimenticato il supremo sacrificio con cui i soldati americani avevano difeso la sua libertà”.
“Quel sacrificio e quel giuramento”, concluse “non li ho mai dimenticati e non li dimenticherò mai”.