La Cina ha respinto la richiesta degli Stati Uniti per un incontro tra il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il suo omologo cinese Li Shangfu a Singapore. Entrambi prenderanno parte al Forum annuale sulla Sicurezza, lo “Shangri-La Dialogue”, il più importante forum sulla sicurezza dell’Asia, che si terrà venerdì a domenica. Si incontreranno con tutti, meno che tra di loro. La prospettiva dell’incontro era stata avanzata dalla Casa Bianca per cercare di riaprire il dialogo.
Ieri il ministero degli Esteri di Pechino ha incolpato gli Stati Uniti di aver creato questa situazione, sostenendo che Washington fosse “ben consapevole” delle ragioni alla base della mancanza di comunicazioni militari. “La parte statunitense dovrebbe… correggere immediatamente le sue pratiche sbagliate, mostrare sincerità e creare l’atmosfera e le condizioni necessarie per il dialogo e la comunicazione tra i due eserciti”, ha detto ai giornalisti il portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning.
Il ministro della Difesa cinese Li Shngfu è colpito dalle sanzioni degli Stati Uniti dal 2018 per l’acquisto di aerei da combattimento e attrezzature dal principale esportatore di armi della Russia, Rosoboronexport. Il ministro siede anche nella Commissione militare centrale, il massimo organo di difesa della Cina guidato dal presidente Xi Jinping.

Lo scorso anno Lloyd Austin aveva incontrato il predecessore di Li, Wei Fenghe, a questo stesso evento. Ma la vicenda dei palloni spia che volano sugli Stati Uniti e la guerra sui semiconduttori hanno complicato la tiepida distensione che è passata da una fase di fingere di non vedere a quella delle ripicche. Una escalation di prove di forza tra le tre nazioni che oggi si spartiscono i primati nell’industria tecnologica, gli Stati Uniti nello sviluppo di software; Taiwan come leader nella produzione di semiconduttori e la Cina, come maggiore produttore ed esportatore di terre rare, i metalli essenziali per realizzare prodotti di alta tecnologia.
Equilibri sempre più precari, vista la crescente minaccia cinese nello stretto di Taiwan, e le garanzie americane di aiuto all’isola in caso di attacco cinese. Insomma, i tre sembrano sempre più lontani da quelle vaghe minacce dell’“ambiguità strategica” che avevano salvato le apparenze per oltre mezzo secolo. E la mancanza di dialogo aumenta il pericolo che una collisione o uno scontro accidentale, ad esempio nel Mar Cinese Meridionale, che potrebbe degenerare senza controllo, innescando un conflitto più ampio.
Il presidente Joe Biden ora si trova di fronte a una scelta poco appetitosa: mantenere le sanzioni su Li Shangfu e sacrificare i colloqui militari con Pechino, oppure revocarle e rischiare di essere visto dai repubblicani, a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali, come un presidente debole nei confronti della Cina.
Un portavoce del Pentagono ha fatto sapere che il ministro Austin si recherà prima in Giappone dove terrà colloqui con il suo omologo giapponese Yasukazu Hamada prima di visitare le truppe statunitensi di stanza nel paese. Poi volerà a Singapore dove parlerà al vertice sabato mattina e “incontrerà i leader chiave per far avanzare i partenariati di difesa degli Stati Uniti in tutta la regione a sostegno della nostra visione condivisa per un Indo-Pacifico libero e aperto, ancorato alla centralità dell’ASEAN”. Dopo Singapore, Austin si recherà in India e poi in Francia, dove parteciperà agli eventi per commemorare il 79° anniversario del D-Day.
La scorsa settimana, il segretario al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo, e il ministro del Commercio cinese Wang Wentao si sono scambiati battute sulle politiche commerciali, di investimento e di esportazione in un incontro a Washington che ha segnato il primo scambio a livello di gabinetto tra i due paesi in più di un anno.

Da mesi il presidente Joe Biden ha allo studio un ordine esecutivo per limitare gli investimenti americani nell’industria della difesa cinese, una proposta che continuerà a mantenere alta la tensione tra i due Paesi. Le indiscrezioni erano circolate sui media statunitensi da aprile. Il rallentamento della Casa Bianca sarebbe dovuto dalla posizione degli alleati del G7 che non vogliono emanare restrizioni simili sia per i loro rapporti commerciali con la Cina, sia per la mancanza di chiarezza su quanto la Casa Bianca definisce “l’industria della difesa” della Cina. L’amministrazione Biden ha già sanzionato il complesso militare-industriale cinese, che è quasi interamente di proprietà del governo.
Secondo un rapporto di Bloomberg news l’ordine esecutivo riguarderà invece “i campi dei semiconduttori, dell’intelligenza artificiale e dell’informatica quantistica”, sottolineando che tutte queste tecnologie hanno anche usi militari. Lo scorso ottobre, l’amministrazione Biden ha pubblicato un’ampia serie di controlli sulle esportazioni, inclusa una misura per escludere la Cina da alcuni chip semiconduttori realizzati in qualsiasi parte del mondo con strumenti statunitensi, ampliando il tentativo di rallentare i progressi tecnologici e militari cinesi.
Inoltre, gli Stati Uniti sono attualmente in trattative con Giappone, Corea del Sud e Taiwan per formalizzare la cosiddetta “Alleanza Chip 4”, che Pechino vede come un tentativo di escludere la Cina dalle catene di fornitura di semiconduttori.