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May 23, 2023
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Trump ancora davanti al giudice per i soldi dati a Stormy Daniels

L'ex presidente si è dichiarato “non colpevole” delle 34 imputazioni e ha commentato la strumentalizzazione del suo rinvio a giudizio

Marco GiustinianibyMarco Giustiniani
Gran giurì non tratterà oggi il caso Trump

Former US President Donald Trump - ANSA/EPA/JIM LO SCALZO

Time: 4 mins read

Con Donald Trump è sempre tutto complicato. Il fatto che non si sappia mordere la lingua è visto per i suoi seguaci come una dote, un segno della sua spavalda fermezza, della sua schiettezza. Ma lo è meno con i magistrati.

L’ex presidente è comparso in remoto davanti al giudice Juan Merchan, che presiede il processo in cui Trump è imputato per aver pagato in nero la porno attrice Stormy Daniels che poche settimane prima delle elezioni del 2016 voleva rendere pubblica la loro relazione. Soldi dati sottobanco dalla sua holding, la Trump Organization, al suo ex avvocato Michael Cohen, che li aveva poi dati alla donna. Un silenzio pagato per evitare lo scandalo prima delle elezioni presidenziali e per questo visto come un indiretto contributo elettorale. Ma oltre ai soldi a Stormy Daniels un altro pagamento era stato fatto ad una ex modella di Playboy e al portiere di uno dei palazzi di Trump che aveva venduto al National Enquirer la storia, mai provata, di un figlio segreto dell’ex presidente. Migliaia di dollari pagati per il loro silenzio a pochi giorni dal voto.

Trump si è dichiarato “non colpevole” delle 34 imputazioni e ha ampiamente commentato la strumentalizzazione del suo rinvio a giudizio accusando gli inquirenti di aver lanciato una caccia alle streghe e di averlo incriminato per bloccare la sua candidatura alle primarie repubblicane per la Casa Bianca e di usare il sistema giudiziario come arma politica.

Il District Attorney di Manhattan Alvin Bragg aveva chiesto l’ordine immediatamente dopo l’arresto di Trump, citando il suo passato di “dichiarazioni moleste, imbarazzanti e minacciose” su persone con cui è coinvolto in controversie legali. Già l’8 maggio il magistrato aveva ammonito Trump e i suoi avvocati di non parlare in pubblico della vicenda giudiziaria. Ma il suo avvertimento è stato ignorato.  E così questa mattina il giudice Merchan ha nuovamente imposto a Trump e ai suoi avvocati di non diffondere notizie sulle prove o sui dettagli del procedimento giudiziario che non siano già di dominio pubblico.

Alvin Bragg – Foto di Terry W. Sanders

Bragg aveva espresso preoccupazione per la possibilità che l’ex presidente, o i suoi avvocati, tenti di intimidire i testimoni o di istigare i suoi fan a commettere violenze, come è stato per l’assalto al Campidoglio. Poco prima di essere formalmente incriminato Trump aveva evocato sul suo social Truth “morte e distruzione” se il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg lo avesse incriminato, chiedendo ai suoi sostenitori di “riprendersi la nazione”. Sia Bragg che Merchanhanno ricevuto varie minacce legate alla vicenda.

Il giudice durante l’audizione in remoto ha tuttavia preso atto dello status “speciale” di Trump come ex presidente e attuale candidato, e ha chiarito che l’ordine di protezione non deveessere interpretato come un ordine di silenzio e che Trump ha il diritto di difendersi pubblicamente, ma solo non deve divulgare particolari dell’inchiesta o delle indagini.

Il giudice Merchant, infine, ha fissato per marzo del prossimo anno l’inizio del processo. Gli avvocati di Trump, nel frattempo, stanno cercando di trasferire questo procedimento penale alla corte federale.

Da vedere ora se l’ex presidente saprà rispettare l’ordine del magistrato. Non è stato capace di farlo dopo essere stato condannato per diffamazione e abuso sessuale della giornalista e scrittrice E. Jean Carroll, che ieri si è nuovamente rivolta alla magistratura chiedendo altri 10 milioni di dollari di risarcimento danni per le dichiarazioni diffamatorie fatte dall’ex presidente alla CNN durante un “Town Hall” il giorno dopo la condanna. Trump ha definito la donna che lo aveva denunciato, “whack job”, una svitata. “Il caso Carroll – aveva aggiunto – fa parte del manuale dei Democratici per offuscare il mio nome e la mia persona”, ripetendo la sua affermazione secondo cui il suo procedimento penale e tutte le altre vicende giudiziarie che pendono su di lui fanno parte di una “caccia alle streghe” politicamente motivata.

E. Jean Carroll – ANSA/EPA/JUSTIN LANE

Trump ha poi continuato a scrivere sulla sua piattaforma Truth Social che “non ha mai incontrato” Carroll e che le sue accuse sono una “storia falsa e inventata” e una “TRUFFA TOTALE”. E così E Jean Carroll è tornata in tribunale per chiedere danni aggiuntivi “molto sostanziosi”.

I guai giudiziari di Trump, nonostante tutti i tentativi dei suoi alleati politici che al Congresso disperatamente cercano deviare la narrativa e di puntare i riflettori sulle magagne del figlio di Biden o sulla macchina della Giustizia usata per colpire l’ex presidente, si moltiplicano.

Il procuratore speciale Jack Smith ha ordinato alla Trump Organization di fornire tutti i documenti di eventuali affari con sette Paesi stranieri dal 2017, ossia da quando Trump si insediò alla Casa Bianca: si tratta di Cina, Francia, Turchia, Arabia Saudita, Russia, Kuwait, Emirati Arabi e Oman.

La misura è stata emessa nell’ambito dell’inchiesta sui documenti classificati sequestrati dall’Fbi nella residenza di Mar-a-Lago. Secondo il Washington Post Jack Smith sta conducendo le indagini per vedere se ci sia un legame tra le carte che Trump aveva portato via dalla Casa Bianca e non voleva restituire agli Archivi Nazionali e gli affari conclusi all’estero dalla sua società.

La holding del presidente aveva rinunciato a qualsiasi operazione all’estero mentre Trump era alla Casa Bianca. L’unico accordo che Trump avrebbe fatto dopo aver lasciato Washington sarebbe quello con una società immobiliare in Arabia Saudita per concedere in licenza il suo brand ad un complesso di case, hotel e campi di golf che saranno costruiti in Oman.

Jack Smith inoltre indaga sia sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio che sui fondi raccolti dall’ex presidente facendo leva sulla narrativa delle elezioni truccate ben sapendo che le elezioni si erano svolte regolarmente. Un espediente usato dall’ex presidente per motivare i suoi elettori a fare donazioni elettorali.

A proposito delle elezioni “truccate” è finalmente calato il sipario sulle accuse lanciate da Kari Lake di brogli elettorali in Arizona alle elezioni per governatore dello stato nel 2022. Un giudice ha stabilito che non c’era nessuna prova che ci siano stati brogli. Lake, che aveva perso contro la democratica Katie Hobbs per circa 17.000 voti, aveva intentato una causa chiedendo di essere insediata come governatore o di ordinare nuove elezioni. Kari Lake secondo il mondo MAGA potrebbe essere la potenziale compagna nel ticket presidenziale conDonald Trump nelle elezioni del 2024.

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Marco Giustiniani

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