Il conto alla rovescia è iniziato, ma Joe Biden e Kevin McCarthy sono arroccati nelle loro posizioni. Ufficialmente nessuno dei due vuol cedere di un millimetro, ma nessuno dei due vuole che gli Stati Uniti vadano i default. “Dobbiamo trovare un accordo” ha detto lo speaker entrando nell’Ufficio Ovale. E Biden aveva risposto di essere ottimista.
La soluzione potrebbe nascere tra strette di mano e velati ultimatum: mettere limiti alla spesa futura in cambio dell’aumento del limite massimo di prestito di $ 31,4 trilioni. Una vittoria per McCarthy che gli consentirebbe di affermare di aver ottenuto importanti concessioni dai democratici. Una vittoria per Joe Biden che potrà sostenere che la sua amministrazione è fiscalmente responsabile senza cedere alle richieste repubblicane di annullare i suoi principali obiettivi legislativi. L‘accordo per ora non si vede, ma è nell’aria. Tutto da vedere poi se i MAGA di Camera e Senato daranno il loro voto o se seguiranno le direttive di Trump.
L’incontro è stato “produttivo” ma “non abbiamo ancora un accordo”. Ha detto Kevin McCarthy al termine dell’incontro. “Il problema è la spesa pubblica, non sono le entrate”, ha aggiunto, rispondendo “no” a un giornalista che gli chiedeva se gli americani dovessero prepararsi per il default. “Penso che possiamo raggiungere un accordo. I tagli alla difesa non sono sul tavolo: sarebbe un errore – ha detto – tagliare le spese al Pentagono”.
I negoziati si erano bloccati venerdì. In segno di un possibile disgelo, Biden e McCarthy hanno parlato al telefono mentre il presidente era a bordo dell’Air Force One, di ritorno a Washington dal Giappone. McCarthy ha detto ai giornalisti domenica che la telefonata erastata “produttiva”.
Il tempo stringe per aumentare il limite di indebitamento della nazione e il dipartimento del Tesoro ha più volte avvertito che gli Stati Uniti potrebbero andare in default il 1° giugno se non si dovese trovare un accordo. Il Segretario al Tesoro Janet Yellen ha detto che il default farebbe scattare una catastrofe economica globale. McCarthy poco prima di vedere Biden aveva detto che era necessario un’intesa nelle prossime 24-48 ore per dare il tempo al Congresso di votarla.
In mattinata McCarthy aveva affermato che la Camera avrebbe bisogno di quattro giorni per far passare la legislazione. Al Senato, gli oppositori di un accordo potrebbero causare un ritardo di più giorni attraverso l’ostruzionismo. Ma entrambe le camere sono in grado di accelerare i tempi quando necessario.
Il congressman Graves, che sta conducendo i negoziati per conto dei repubblicani, ha delineato quattro aree in cui era sicuro di trovare un’intesa: rivedere il processo di autorizzazione, recuperare i fondi di soccorso Covid non spesi, rafforzare i requisiti di lavoro per alcuni programmi di aiuti governativi e limitare la spesa.
A questo i falchi del Gop vorrebbero fissare i limiti di bilancio per sei anni, con la struttura del tetto che rimane la stessa del disegno di legge approvato dalla Camera ai livelli dell’anno fiscale 2022. Una proposta che Biden ha definito “semplicemente, francamente, inaccettabile”.
In tuta risposta l’ala più a sinistra dei dem vorrebbe cheBiden si appellasse il 14 ° emendamento della Costituzione, che afferma che “la validità del debito pubblico degli Stati Uniti … non deve essere messa in discussione”, una disposizione che alcuni studiosi di diritto sostengono consentirebbe alla Casa Bianca di affrontare il debito nazionale senza l’approvazione del Congresso. Biden nei giorni scorsi aveva affermato che la Casa Bianca probabilmente ha l’autorità per seguire questa strada, ma ha anche evidenziato la lunghezza dei tempi per attuare questa soluzione.
Se la crisi del debito dovesse alla fine mandare gli Stati Uniti in recessione, l’economia americana difficilmente affonderebbe da sola. Le ripercussioni di un primo default sul debito federale si sarebbero rapidamente riverberate in tutto il mondo. “Nessun angolo dell’economia globale sarà risparmiato” se il governo degli Stati Uniti andasse in default e la crisi non venisse risolta rapidamente, ha affermato Mark Zandi, capo economista di Moody’s Analytics.
Zandi e due colleghi di Moody’s hanno concluso che anche se il limite del debito venisse violato per non più di una settimana, l’economia statunitense si indebolirebbe così tanto, così velocemente, da spazzare via circa 1,5 milioni di posti di lavoro. E se un default del governo dovesse durare molto più a lungo – fino all’estate inoltrata – le conseguenze sarebbero molto più terribili.
Zandi e i suoi colleghi hanno ebvidenziato nella loro analisi che con la ridota crescita economica degli Stati Uniti crollerebbero quasi 8 milioni di posti di lavoro, i tassi di indebitamento aumenterebbero , il tasso di disoccupazione salirebbe dall’attuale 3,4% all’8% e un crollo del mercato azionario cancellerebbe 10 trilioni di dollari di ricchezza delle famiglie.
Ad alimentare l’ansia c’è il fatto che tanta attività finanziaria dipende dalla fiducia che l’America pagherà sempre i suoi obblighi finanziari. Il suo debito, a lungo considerato un asset sicuro, è un fondamento del commercio globale, costruito su decenni di fiducia negli Stati Uniti. Un default potrebbe mandare in frantumi il mercato da 24 trilioni di dollari del debito del Tesoro, causare il congelamento dei mercati finanziari e innescare una crisi internazionale.
In passato, i presidenti sono generalmente riusciti ad alzare il limite del debito 78 volte dal 1960, l’ultima nel 2021.
Il problema è peggiorato con la presidenza Trumppoiché nonostante il debito sia cresciuto sono stati fatti profondi tagli alle tasse.
“Se l’affidabilità dei buoni del Tesoro venisse compromessa ci sarebbero enormi conseguenze per la crescita globale”, ha affermato Maurice Obstfeld, senior fellow presso il Peterson Institute for International Economics ed ex capo economista al Fondo Monetario Internazionale.
I buoni del Tesoro sono ampiamente utilizzati come garanzia per i prestiti, come cuscinetto contro le perdite bancarie, come rifugio in tempi di elevata incertezza e come luogo in cui le banche centrali possono parcheggiare le riserve di valuta estera.