Sono pochissimi ad ammettere di pensarlo. Ma anche fra i democratici la domanda è circolata, sommessa: Joe Biden si sarebbe ripresentato per le presidenziali dell’anno prossimo, se avesse avuto fiducia che la sua vice Kamala Harris aveva buone chance di essere eletta?
I dubbi sulla vice non sono una novità. Kamala non è mai riuscita a “prendere il volo” ed è continuo oggetto di critiche pesanti da parte dell’opposizione e talvolta dello stesso partito democratico. Tuttavia in vista delle presidenziali dell’anno prossimo è chiaro che l’Amministrazione ha scoperto nuove potenzialità nella vice e ha deciso di impegnarsi a ricostruire la sua immagine, e lei stessa sembra aver finalmente trovato un arco di impegni in cui riesce a brillare.
L’ultima notizia conferma che ha deciso anche di creare intorno a sè un giro di influencer che la aiutino. Una piccola squadra di alleate di alto profilo per amplificare il suo ruolo di prima guerriera dell’Amministrazione contro i divieti e gli ostacoli che il partito repubblicano sta ponendo al diritto di aborto e alla lotta in difesa dell’ambiente. Sono attiviste dei diritti riproduttivi, civili, religiosi e sindacali. E sono in maggioranza giovani, e in buona parte anche non bianche. È una tacita ammissione del fatto che Kamala sia stata usata male nei primi due anni della presidenza Biden, non sfruttandone le caratteristiche che la differenziano dal presidente e cioè il fatto che sia una donna, sia birazziale e sia di oltre due decenni più giovane dell’ottantenne “zio Joe”.
Le elezioni di metà mandato hanno provato che quando si fa leva proprio sulle sue caratteristiche personali Kamala Harris può essere un’arma ben più affilata di quanto non si pensi. Nel partito si ammette che la sua campagna a tappeto nei campus universitari e nelle aree a forte presenza afro-americana ha contribuito a mobilitare il voto dei giovani e delle minoranze e ha probabilmente contribuito a evitare che i Dem subissero la prevista sconfitta e riuscissero invece a conservare la maggioranza al Senato. Ed è già chiaro che i temi centrali su cui Kamala si è concentrata ultimamente, il diritto di aborto e la difesa dell’ambiente, sono anche quelli su cui la campagna di Biden si appoggerà pesantemente per portare il presidente a un altro mandato.

Che Biden conti su di lei ce lo ha fatto capire con lo stesso video in cui annunciava la candidatura: nei tre minuti, Harris compare una dozzina di volte. Se andate a guardare i video lanciati da altri presidenti per la loro elezione o rielezione, scoprirete che normalmente i vice hanno ricoperto ruoli assolutamente secondari. Tanto spazio a Harris significa che l’Amministrazione forse non la giudica ancora abbastanza forte per candidarsi direttamente alla presidenza, ma ha fiducia nella sua capacità di trainare le due colonne del voto democratico, giovani e afro-americani. Decisivi per una eventuale vittoria. Dunque: Kamala è vitale e difatti, quando nei mesi scorsi nel partito democratico girava la voce che Biden si sarebbe sbarazzato di lei a favore di un altro vice, lui ha zittito le ipotesi in modo nettissimo.
Resta il fatto che Harris è sott’acqua: il suo tasso di approvazione è minore del tasso di disapprovazione, come peraltro anche quello di Biden. In tempi normali questi numeri – Biden 42% approvazione, 52% disapprovazione; Harris 41% approvazione, 53% disapprovazione – farebbero prevedere una sconfitta, come hanno testimoniato nel passato simili dati con Jimmy Carter o George Bush senior. Ma non si tratta di una regola ferrea, tant’è che Ronald Reagan allo scadere dei primi due anni del suo primo mandato viaggiava su un tasso di approvazione di appena il 37 per cento, ma venne poi rieletto a valanga.
E comunque, il vero vantaggio di Biden-Harris si chiama Trump. Per quanto l’ex presidente si tenga stretta la sua base di MAGA (Make America Great Again), non sembra in grado di allargarsi oltre quei confini. Anzi, la sua ultima discutibile performance al Town Hall della CNN è sembrata quasi ritagliata per alienarsi le simpatie dei moderati e degli indipendenti piuttosto che per conquistarle.