Il venticinque aprile quest’anno è arrivato con il primo governo guidato da Fratelli d’Italia a palazzo Chigi, e più che mai è stato fonte di polemiche, e quest’anno le sentiamo proprio sulla pelle.
In questo mese (April is the cruellest month, come scriveva T. S. Eliot) ho molto analizzato per lavoro e passione l’epoca turbolenta che portò alla Liberazione dal nazifascismo nel 1945. Ho studiato la storia delle Fosse Ardeatine (e delle complicità fasciste nella strage) con il libro cult di Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito. Ho visto una bellissima mostra a Roma alle Scuderie del Quirinale sull’Arte Liberata, un misto di capolavori e pannelli informativi sullo sforzo enorme e rischioso che i direttori dei musei italiani (molte le donne) affrontarono fra il 1943 e il 1945 per mettere in salvo il patrimonio artistico italiano (dalle razzie naziste e dalle bombe degli Alleati; con la mostra è uscito un podcast, A Fari Spenti di Francesco Oggiano, lo trovate su Spotify).
Ho recensito un libro sulla storia del partigiano Facio, ucciso dai suoi stessi compagni (Indagine sulla morte di un partigiano di Pino Ippolito Armino), a ulteriore dimostrazione di quanto sia un’epoca di infiniti grigi e non di bianchi e neri come piace pensare ex post.
E infatti eccoci in questo 78esimo anniversario, in un’Italia dove il senso profondo di questa festa di Liberazione è concepito molto diversamente a seconda della prospettiva. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (lei preferisce ‘il’ presidente, pazienza) si è recata all’altare della Patria in piazza Venezia assieme al capo dello Stato Sergio Mattarella e ai presidenti di Camera e Senato a deporre una corona al Milite Ignoto. Mattarella poi è partito per Cuneo per ricordare le deportazioni da Borgo San Dalmazzo fra il 1943 e il 1944.

Meloni, invece, resta a Roma. Il suo pensiero lo ha affidato oggi a una lunga lettera al Corriere della Sera, dove auspica che le sue riflessioni contribuiscano a fare della ricorrenza “un momento di ritrovata concordia nazionale”.
Come? Riassumo per grandi linee: la leader di Fratelli d’Italia riafferma il suo impegno democratico ( “ da molti anni i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”); tiene a ricordare che contro i nazisti combatterono anche cattolici e liberali (e riesce a non scrivere mai né la parola “partigiani”, né quella “comunisti”); ma punta il dito più volte nel corso del testo contro degli innominati che usano “la categoria del fascismo per delegittimare gli avversari politici”, mettendo così a rischio, afferma, i valori stessi che vorrebbero difendere.
Non manca il riferimento a coloro che morirono “per esecuzioni sommarie” mesi dopo quel 25 aprile (come se una guerra civile si spegnesse girando un interruttore) e “ai profughi di Istria, Fiume e Dalmazia”. Alla fine, i veri garanti dell’Italia democratica, verrebbe da dire, sono a destra, mentre a sinistra vivono rancorosi illiberali che continuano, non si capisce perché, a ostinarsi a ricordare che il fascismo è esistito, e a insinuare che ci sia un rapporto fra quel passato dittatoriale (acerbo quanto ridicolo) che ci trascinò in una guerra devastante, e i partiti che affondano le radici in quel passato.
L’intervento di Meloni era atteso; qualcosa doveva dire, perché intanto la seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa (attuale presidente del Senato che possiede una collezione di busti di Mussolini), se ne va a Praga per la riunione dei presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri Ue. Come gesto ‘distensivo’, è prevista la visita al campo di concentramento nazista di Theresienstadt, ma La Russa sarà anche alla commemorazione di Jan Palach, martire della lotta al comunismo, in Piazza San Venceslao, nella capitale ceca. L’esponente di Fratelli d’Italia torna così implicitamente su un cavallo di battaglia della destra, l’equiparazione ideale di fascismo e comunismo: tutte dittature.
Di più, il presidente del Senato ha fatto scalpore pochi giorni fa affermando in un’intervista che “Nella Costituzione non c’è la parola antifascismo”. Se l’opposizione con Elly Schlein del PD ha ribattuto che l’intera Costituzione è ispirata all’antifascismo, gli altri partiti della coalizione hanno fatto qualche sforzo per smarcarsi. Forza Italia con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Il 25 aprile è la festa della libertà e la festa di tutti. Io sarò alle Fosse Ardeatine a depositare una corona a nome del governo e non mi pare ci siano da fare ulteriori polemiche”. E la Lega con Matteo Salvini sabato al Salone del Mobile: “Io il 25 aprile celebrerò la liberazione del nostro paese, starò un po’ in famiglia e lavorerò. Non fatemi commentare, io sono ministro delle Infrastrutture, il mio lavoro è sbloccare cantieri”.

In risposta alla lettera di Meloni, è arrivata anche la presidente della Comunità Ebraica di Roma. “C’è uno sforzo ogni giorno da parte di tutti per unire perché il 25 aprile è il giorno di tutti, non ci sono state differenze politiche, differenze di religione, veramente alcun distinguo in chi ha scelto in quei giorni di sacrificare la propria vita per donarci la libertà.
Troviamo questo valore di unità, facciamo in modo che non ci sia nessuno che se ne appropri da una parte o dall’altra, non ci sono nostalgie. Si tratta del coraggio e del valore assoluto dell’antifascismo innegabilmente riconosciuto da tutti noi”, invoca Ruth Dureghello. Per le strade di Roma e Milano si svolgono oggi cortei per l’anniversario, ma la concordia di cui parlano Dureghello e Meloni appare ancora lontana.
E il punto è che mentre nessuno sognerebbe oggi di pensare che un partito italiano sia pronto a rinunciare in astratto ai valori democratici, il concetto di democrazia e liberalità varia a seconda di chi lo rivendica: non si applica magari a certe minoranze etniche (per esempio chi vive in Italia fin dalla nascita e non ha la cittadinanza, o i migranti che muoiono in mare) e le tutele dei diritti non sono uguali per tutti, come ben sanno le famiglie omogenitoriali e i loro figli, o le donne che abortiscono fra mille difficoltà.
In queste cose oggi è necessario difendere la nostra Costituzione. Speriamo che siano questi i nostri banchi di prova.