Giovedì una corte d’appello di Washington ha respinto la richiesta di Donald Trump di essere protetto dalla prima delle due cause civili per diffamazione intentate dalla scrittrice E. Jean Carroll, che sostiene che l’ex presidente USA l’avrebbe aggredita sessualmente oltre trent’anni fa.
Una corte d’appello federale ha dichiarato di non avere informazioni sufficienti per determinare se a Trump debba essere concessa l’immunità – dopo che nel giugno 2019 Trump ha accusato l’ex editorialista della rivista Elle di aver mentito sul presunto incontro tra i due.
La prima causa intentata da Carroll sarebbe stata vanificata se fosse stato dimostrato che Trump stava operando nella sua posizione ufficiale di presidente piuttosto che a titolo personale, dato che il Governo avrebbe potuto sostituire Trump come imputato – e l’esecutivo non può essere citato in giudizio per diffamazione.
La corte ha rinviato la questione alla Corte d’Appello del 2° Circuito degli Stati Uniti, con sede a Manhattan, che lo scorso settembre aveva chiesto alla corte di Washington un parere sulla legge statale.
La sentenza di giovedì non influisce sulla seconda azione di Carroll, il cui processo è previsto per il 25 aprile presso la corte federale di Manhattan. Anche quest’ultimo caso è legato a una legge newyorkese che consente ai sopravvissuti alle aggressioni sessuali di citare in giudizio i loro presunti abusatori anche dopo la prescrizione, richiedendo inoltre un risarcimento per le violenze.
Trump vuole rinviare il processo almeno fino al 23 maggio, affermando che la “copertura mediatica pregiudizievole” del recente caso penale del procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg contro di lui lascerebbe quel caso “in cima ai pensieri” della maggior parte dei potenziali giurati.
Reid Hoffman, miliardario co-fondatore di LinkedIn e noto finanziatore dei Democratici, avrebbe pagato parte delle spese legali di Carroll. Circostanza di cui gli avvocati di Trump sono venuti a conoscenza solo di recente dal team legale di Carroll, concludendo che fosse necessario un rinvio.
Ieri, intanto, il tycoon newyorkese ha risposto per quasi sette ore alle domande degli inquirenti durante la sua seconda deposizione con il procuratore generale di New York relative alle presunte pratiche commerciali fraudolente della sua azienda.