All’economia non piace l’incertezza. E quello che c’è oggi, invece, sono proprio le paure che all’orizzonte si profili una nuova crisi.
A rendere turbolenti i mercati sono naturalmente le tensioni nel settore finanziario dopo il crollo delle banche californiane Silicon Valley Bank e della Signature Bank. Due istituti di credito che sono falliti perché avevano investito un’ampia quota dei depositi dei clienti sia in buoni del Tesoro a lunga scadenza che in obbligazioni ipotecarie che promettevano rendimenti modesti ma costanti allorchè i tassi di interesse erano bassi. Quando per combattere l’inflazione la Fed ha alzato i tassi di interesse da quasi zero a oltre il 4,5%, il valore di questi asset si è eroso. In pratica le banche non avevano più i soldi per ripagare ciò che i clienti avevano depositato.
A seguito del crollo della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, il Dipartimento del Tesoro e la Federal Reserve sono intervenuti per proteggere i clienti delle due banche in crisi garantendo il pagamento dei depositi. La Fed ha anche lanciato un nuovo programma di finanziamento. Il sostegno dell’istituto centrale, tuttavia, non è riuscito ad arginare le perdite nel settore bancario. E un’altra banca californiana, la First Republic Bank, il 14esimo istituto finanziario più grande degli Stati Uniti, ha visto oggi il suo rating ridimensionato dalle agenzie Finch e Standard & Poor. E non è la sola banca a “scricchiolare”. Il gigante svizzero, il Credit Suisse, che si è visto stringere i cordoni della borsa dai finanziatori sauditi, lascia Wall Street con il fiato sospeso.

Era già successo alla fine degli Anni 80 con le Saving and Loan, le banche medio-piccole della provincia americana e poi, anche se con una formula diversa, nel 2008 c’era stata la maxi truffa dei mortgage con i subprime che ha messo in crisi l’economia mondiale dopo che le banche hanno venduto i crediti inesigibili. Nello scandalo da circa 3 trilioni, tre miliardi di miliardi di dollari, negli Stati Uniti finì in prigione una sola persona, Kareem Serageldin, un giovane rampante del Credit Suisse. E i miliardi di miliardi non sono mai stati recuperati. Sta di fatto che forse per questo preceddente, il Dipartimento di Giustizia e la Securities and Exchange Commission ora hanno avviato le indagini sul crollo delle banche insolventi.
Dopo la crisi dei subprime, per evitare di ripetere gli stessi errori, l’Amministrazione Obama varò una serie di misure di controllo del sistema bancario. La principale fu redatta dai senatori democratici Chris Dodd e Frank Barney, il “Dodd-Frank Act” che esamina la stabilità finanziaria, protegge i consumatori e dà il rating sui crediti. A questa venne aggiunto il “Volker Rule” che limitava le speculazioni da parte delle banche. I controlli fatti con lo stress test, la “salute” delle banche, vennero limitati nel 2018, durante la presidenza di Donald Trump, alle banche nazionali mentre le banche locali e le Saving and Loan, grazie alle lobby, ne furono esentate con uno stratagemma: fu alzata la soglia degli esami sulla liquidità portandola da 50 a 250 miliardi. In questo modo gli istituti di credito “minori” non dovevano osservare i controlli più stringenti.
I senatori democratici Elizabeth Warren e Richard Bloomenthal hanno oggi inviato una lettera al procuratore generale Merrick Garland e al presidente della SEC Gary Gensler, per esaminare le circostanze che circondano il crollo delle banche californiane e a verificare se i vertici o i funzionari delle banche possano aver violato la legge. I due legislatori vogliono assicurarsi che il Dipartimento di Giustizia e la SEC tengano conto dei problemi emersi dopo la crisi finanziaria del 2008 e che non si ripetano.

“Il presidente Biden ha invitato il Congresso a rafforzare le regole per le banche, e noi stiamo proponendo una legislazione per fare proprio questo, abrogando le revisioni della legge bancaria di Trump”.
Il risultato di questa crisi è che le principali banche statunitensi hanno perso negli ultimi giorni quasi 200 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi il presidente Joe Biden ha detto che i contribuenti americani non pagheranno il conto per il salvataggio degli investitori che hanno depositato i loro soldi nelle banche californiane. Ma nelle banche californiane i maggiori clienti sono filiali di aziende cinesi o aziende americane che in qualche modo hanno legami con Pechino che operano nella Silicon Valley.
E questo è un fatto mal digerito dai repubblicani che contestano al presidente il fatto che le banche di tutto il paese sono quelle che finanziano la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), che coprirà le perdite degli istituti bancari, e le banche saranno colpite dai costi che verranno fatti pagare in qualche modo ai consumatori. Hanno anche contestato la creazione di un nuovo strumento di prestito che la Federal Reserve ha annunciato domenica per fornire liquidità ad altre banche se i clienti, in massa, rivogliono i loro soldi. Il nuovo Bank Term Funding Program della Fed sarà sostenuto da 25 miliardi di dollari che il Dipartimento del Tesoro metterà a disposizione dal Fondo di stabilizzazione degli scambi, su cui il Congresso ha fatto affidamento per impedire il congelamento dei mercati finanziari all’inizio della pandemia di COVID-19.
Il senatore James Lankford ha espresso le sue preoccupazioni nel corso di una riunione informativa che il Dipartimento del Tesoro e i funzionari della FDIC hanno tenuto con i senatori repubblicani. Il senatore Mike Crapo della Commissione bancaria del Senato, che ha preso parte ai lavori ha affermato che la prospettiva che i depositanti cinesi vengano risanati “è un problema per me”.
Il senatore Rick Scott ha definito il salvataggio da parte dell’amministrazione della Silicon Valley Bank e della Signature Bank “un salvataggio di Wall Street” e punta il dito contro il presidente della Federal Reserve Jerome Powell.
Alcuni repubblicani, tra cui il senatore Mitt Romney e il presidente della Commissione per i servizi finanziari della Camera Patrick McHenry hanno elogiato invece le mosse dell’amministrazione come una “decisione giusta” e “appropriata”.