Alla fine McCarthy ce l’ha fatta. Un drammone politico con suspense ha chiuso nella notte una settimana cruciale per nominare lo speaker, il capo della maggioranza repubblicana alla Camera. Ci sono voluti 15 scrutini, ore e ore di discussioni a porte chiuse per cercare di convincere i cinque ribelli a dargli il voto perché le loro resistenze hanno bloccato la sua nomina, nonostante che, secondo il New York Times, lo stesso Donald Trump abbia negoziato con gli irriducibili per ammorbidire le loro posizione.
Per quattro giorni e 14 votazioni i ribelli lo hanno sbeffeggiato, ridimensionando il suo potere, estorcendogli concessioni che renderanno precario il suo lavoro. Umiliazioni dopo umiliazioni per poi essere deriso alla 14ma votazione da Mat Gaetz che gli ha negato con uno sberleffo il voto della vittoria. Ma lui, McCarthy, non ha ceduto e si è andati al quindicesimo scrutinio. E alla fine ha ottenuto l’investitura con 216 voti.
Nel pomeriggio si era aperto più che uno spiraglio nel partito repubblicano per far ottenere a Kevin McCarthy i voti necessari ed essere finalmente eletto Speaker della Camera. Quindici dei 20 ribelli si erano allineati quando si sono resi conto che non c’era altro che McCarthy potesse concedere. Solo cinque ancora si opponevano alla sua elezione: tra tutti Matt Gaetz, il parlamentare della Florida legato a Trump, accusato dagli inquirenti di avere avuto una relazione sessuale con una minorenne. Ed è stato lui con il suo voto che ha negato a McCarthy la vittoria al 14mo scrutinio.

Poi, però ci ha ripensato e quando sembrava che non ci fossero più speranze per McCarthy, ha fatto un passo indietro, affermando che alla 15ma votazione si sarebbe astenuto, un modo questo per dare il voto di maggioranza a McCarthy. E così è stato. Con lui anche gli altri irriducibili: Lauren Boebert, la “Calamity Jane” evangelica del Congresso, sopravvissuta alle elezioni di Mid Term in Colorado per una manciata di voti dopo che McCarthy non aveva finanziato la sua campagna elettorale.
Un’offesa che la Boebert gli ha fatto pagare. Andy Biggs, il leader del Freedom Caucus, lo “zoccolo duro” dei repubblicani, e forse il parlamentare che ha divulgato con maggior foga le bugie elettorali di Trump. Ma Biggs anche se malvolentieri alla tredicesima votazione aveva già votato per McCarthy e così ha fatto anche questa sera. Eli Crane, il neoeletto dell’Arizona che con il suo non voto, anche se non è ufficialmente parlamentare, ha abbassato il quorum facilitando la vittoria di McCarthy.
Bob Goods, l’evangelico della West Virginia che imputa a McCarthy la sua sete di potere si è astenuto così come Matt Rosendale l’unico congressman del Montana, che accusa il leader repubblicano di essere un opportunista politico. Personalismi e vendette che alla fine sono stati accantonati. Non lo hanno votato, ma non lo hanno bocciato. E per McCarthy è arrivata strisciando la vittoria. Sarà lui il leader, ma di sicuro il partito non lo segue.
Nel corso della giornata e poi nel tardo pomeriggio c’erano stati negoziati febbrili e, secondo fonti informate, McCarthy aveva dato nuove concessioni ai ribelli pur di ottenere il loro voto. In particolare avrebbe promesso un taglio alle spese per la difesa da 75 miliardi di dollari proprio nel giorno in cui l’amministrazione di Joe Biden ha annunciato un nuovo ingente pacchetto di armi da 3 miliardi di dollari all’Ucraina. L’intesa a cui i ribelli repubblicani hanno battuto è quella di mettere un tetto alle spese del governo per il 2024, fermandole ai livelli del 2022.
Una posizione contro la corrente maggioritaria repubblicana, sempre a favore di un robusto bilancio per la Difesa. Una proposta che si scontrerà con gli altri falchi del partito che invece vogliono questi aumenti per contrastare il potenziale militare di Cina e Russia.
Che le cose si stessero muovendo lo si era capito alla dodicesima votazione in cui, per la prima volta, McCarthy con 213 preferenze aveva ottenuto più voti del candidato democratico Hakeem Jeffries a sostegno del quale il partito è rimasto compatto sin dall’inizio del processo elettorale. Non ci sono stati i 218 necessari per essere nominato speaker ma è stato il chiaro segnale che la situazione si andava sbloccando.

Un risultato replicato, con un voto in più, anche nella tredicesima votazione. E poi il dramma della 14ma votazione con Mat Gaetz e Lauren Bobert, l’uno accanto all’altra, che hanno negato la vittoria a McCarthy. E poi la rabbia dei compagni di partito, i litigi a bordo campo quando due parlamentari sono quasi venuti alle mani, i ripensamenti, il volto teso di McCarthy quando tutto sembrava perduto.
Resta un mistero per ora il prezzo che McCarthy ha dovuto pagare per cercare di ottenere l’astensione degli irriducibili. Da giorni circolano voci che avrebbe accettato di consentire la norma in cui anche un singolo deputato può chiedere un voto di sfiducia per allontanarlo dalla carica di speaker. Inoltre il Freedom Caucus, l’ala destra del partito, manderebbe un terzo dei membri alla Commissione Regolamenti, quella che controlla quali leggi mandare in aula per la discussione. E quelli del Freedom Caucus vogliono anche posti sicuri in altre commissioni della Camera. Ma su questi cambiamenti ci sarà molto da discutere perché le Commissioni vengono formate, da sempre, in base all’anzianità di servizio dei parlamentari.
Se McCarthy avesse realmente accettato le modifiche volute dal Freedom Caucus potrebbe scoppiare la rivolta dei moderati all’interno del partito e alcuni parlamentari potrebbero abbandonare il GOP per passare con gli indipendenti rendendo impossibile per McCarthy gestire la maggioranza. Dopo tutte queste concessioni McCarthy è riuscito ad assicurarsi i voti di cui aveva bisogno, ma emerge come un leader indebolito, incapace di controllare il suo partito dove una minoranza riesce a bloccare la maggioranza.
Si riprende lunedì, dopo aver superato ampiamente il record del numero di votazioni per lo Speaker che risale al 1859, alla vigilia della guerra di secessione. Rimane l’imbarazzo per questa faida politica trasmessa in mondovisione, ma anche questa disfunzionalità parlamentare deve essere vista come una forma di libertà in un paese democratico.
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