Ricco di sicuro, ma non ricchissimo come intendeva far credere. Secondo la rivista finanziaria Forbes non è neanche nella lista dei 400 americani più ricchi del Paese.
Donald Trump ha pagato 1,1 milioni di dollari di tasse personali nei suoi primi tre anni di mandato alla Casa Bianca, tra il 2017 e il 2019, ma nel 2020 non ha pagato nulla. Lo scrive il New York Times che ha ottenuto i dati diffusi dalla commissione della Camera Ways and Means Committee che ha autorizzato la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi dell’ex presidente. Sia ben chiaro, questi sono i redditi personali, non quelli societari. Per ora c’è solo una bozza delle dichiarazioni dei redditi, mentre tutti gli allegati sono sotto supervisione per eliminare i dati personali e societari che potrebbero contenere. Domani tutto il dossier dovrebbe essere reso pubblico.
Secondo il New York Times è risultato Donald Trump non avrebbe pagato tasse federali in undici su diciotto anni di dichiarazioni dei redditi. L’ex presidente si è opposto fin dal 2016, dopo essersi candidato alle presidenziali, alla pubblicazione dei suoi documenti fiscali infrangendo una consolidata tradizione della politica americana dei tempi moderni in cui tutti i candidati alla Casa Bianca hanno mostrato le loro dichiarazioni delle tasse. Trump si era veemente opposto affermando che aveva un contenzioso con l’IRS, l’agenzia delle entrate, e che una volta superate queste difficoltà avrebbe reso pubbliche i suoi redditi.
Da quanto finora trapelato il contenzioso con l’Irs sarebbe stato estremamente marginale. E inoltre una volta sciolto questo nodo le tasse non sono mai state rese note. C’è voluta la decisione emessa il mese scorso dalla Corte Suprema, che ha bocciato l’ultimo appello dell’ex presidente dopo che la Commissione Ways and Means Committee si era rivolta ai massimi magistrati per “affrontare problemi potenzialmente significativi con il programma di audit presidenziale, i conflitti di interesse presidenziali o altre questioni di interesse pubblico” c’era scritto nella richiesta. In pratica la Commissione voleva sapere se l’ex presidente aveva investito o ottenuto finanziamenti da entità straniere o lobby.

Nell’anno dell’esplosione della pandemia, Trump ha denunciato una perdita personale di 4,8 milioni di dollari e pertanto non ha pagato tasse sul reddito. In tutto il periodo trascorso alla Casa Bianca ha registrato passività per 60 milioni di dollari. Nel 2018 ha dichiarato un reddito lordo di 24,3 milioni pagando quasi 1 milione di tasse federali. Guadagni ottenuti dalla vendita di proprietà.
Il presidente della Commissione Ways and Means Committee, il congressman democratico Richard Neal, ha anche criticato l’IRS per la mancanza di verifiche obbligatorie delle dichiarazioni presentate da Trump, che sono state esaminate solo dopo che la commissione aveva chiesto informazioni sulla denuncia dei redditi.
“Durante la precedente amministrazione, era chiaro che il programma di audit obbligatorio per il presidente non era una priorità”, scrive il New York Times. Un promemoria interno dell’IRS affermava: “Con oltre 400 voci riportate sul modulo 1040, non abbiamo le risorse disponibili per controllare i capitoli di esenzione”.
Un rapporto separato di 39 pagine è stato pubblicato dal Comitato che riassume i moduli fiscali personali e le entità aziendali dell’ex presidente.
La decisione di rilasciare le tasse dell’ex presidente ha suscitato proteste di numerosi repubblicani che sostengono che la divulgazione potrebbe aprire le porte al fatto che le tasse di altri politici diventino pubbliche. “Penso che sia un precedente molto pericoloso”, ha detto il senatore Ron Johnson. Una affermazione ripetuta dal novantenne senatore Chuck Grassley membro della Commissione Finanze del Senato.
Il senatore Lindsey Graham è stato più esplicito, affermando che usare la denuncia dei redditi come arma politica potrebbe essere un boomerang per i democratici. “Penso – ha detto ai microfoni della Cnn – che stiamo iniziando qualcosa di cui le persone potrebbero vivere per rimpiangere. Quindi, tutto ciò che possono fare loro, possiamo farlo anche noi”.

Kevin Brady, il massimo repubblicano del comitato House Ways and Means, ha dichiarato in una conferenza stampa che la decisione dei democratici che fanno parte della Commissione va oltre il loro mandato prendendo di mira un privato cittadino. I democratici hanno lavorato per quasi quattro anni per ottenere e indagare sui documenti fiscali per la preoccupazione che Trump fosse coinvolto in affari poco chiari, preoccupazioni che i repubblicani hanno respinto come motivate politicamente.
“Hanno messo in imbarazzo, molestato o tentato di distruggere l’ex presidente attraverso la divulgazione delle sue dichiarazioni dei redditi”, ha detto Brady. “Dopo quasi mezzo secolo, la lista dei nemici politici è tornata a Washington e temiamo che ciò scatenerà un ciclo di ritorsioni politiche al Congresso”. Il congressman democratico Bill Pascrell, presidente della sottocommissione per la supervisione, ha affermato che la reazione di Brady è stata avviata dai repubblicani che hanno utilizzato una tattica simile nel 2014 politicizzando l’uso dell’ufficio delle tasse quando fu aperta l’inchiesta sull’IRS accusata di aver preso di mira ingiustamente gruppi conservatori senza scopo di lucro.